Uno Studio
su Giuseppe Spedalieri a cura di
Gaetano Lo Monaco
" Nicola
Giuseppe Spedalieri, nipote del famoso teologo e filosofo Nicola Spedalieri
(1740-1795), nacque nel 1812 a Bronte, importante centro agricolo sulle pendici
dell’Etna, dal barone Gioacchino Maria Spedalieri, proprietario di vasti vigneti
nelle campagne adranesi, e da una nobildonna straniera, Maria Carolina de Grafer.
Di perspicace intelletto e grande erudizione (parlava correttamente il francese
e l’inglese) lo Spedalieri si consacrò poco più che ventenne allo studio delle
dottrine esoteriche, prediligendo, in particolare, il pensiero del Philosophe
Inconnu, Louis Claude de Saint-Martin (1743-1803). Nel corso di uno dei suoi
numerosi viaggi il giovane aristocratico brontese conobbe a Napoli - ne siamo
convinti e pertanto lo affermiamo con certezza - un monaco agostiniano, padre
Antonio
Marino (1), che sebbene ignorato dalla stragrande maggioranza degli
studiosi, fu una figura di grande rilievo nel mondo iniziatico ottocentesco,
italiano e non.
Il Marino, nato a Napoli nel 1770, ultimò gli studi ecclesiastici presso il
seminario vescovile della capitale del Regno, affiliandosi nel 1772 alla loggia
massonica giacobina “I Figli della Libertà” di cui era venerabile Mario Pagano
(1748-1799), uomo politico .e giureconsulto napoletano, e frequentando nel
contempo, con assiduità, il figlio del celebre principe alchimista e mago
Raimondo Maria de
Sangro di San Severo (1710-1771), Vincenzo (1743-1790), continuatore
dell’opera paterna. Col crollo della “Repubblica Partenopea” il nostro
personaggio, che era stato uno dei suoi più ferventi sostenitori, fu costretto a
fuggire precipitosamente da Napoli ritornandovi soltanto alcuni anni dopo, nel
1806, al seguito delle truppe napoleoniche di Giuseppe Bonaparte.
Nel 1814 il Marino aderì alla cagliostrana Massoneria di Rito Egiziano diretta
all’epoca dal barone Lorenzo de Montemayor (1767-1841) che ne era Grande Cofto.
Coinvolto politicamente nei moti liberali del 1820-21, l’ecclesiastico massone
dovette abbandonare nuovamente, all’indomani della restaurazione borbonica, la
capitale, stabilendosi dapprima in Spagna, a Barcellona, e da lì, nel 1823, in
un primo tempo a Marsiglia e successivamente a Parigi, dove grazie all’amicizia
che lo legava all’abbé Frère-Colonna (1786- 1858)profondo studioso del pensiero
gioachinita e swedenborghiano, entrò a far parte del corpo insegnanti del
piccolo seminario di Saint-Nicolas du Chardonnet di cui il Frère-Colonna era
direttore. A Saiht-Nicolas il Marino avviò agli studi occulti un giovane
seminarista, Alphonse Louis Constant
(1810-1875), destinato negli anni a venire ad acquisire notorietà imperitura
nell’orbe iniziatico col “nom de plume” di Eliphas Levi (2). Approfittando
dell’amnistia per i reati politici concessa nel 1831 da Ferdinando II di Borbone
il Marino rientrò a Napoli lo stesso anno dove gli venne affidata immediatamente
la mansione di bibliotecario del convento di San Vincenzo Ferreri. A tale
innocua attività l’energico monaco affiancò ben presto quella assai più
rischiosa del cospiratore divenendo in breve tempo il capo occulto di una vasta
congiura antiborbonica.
Il Barone Nicola Giuseppe Spedalieri (1812 - 1898) era figlio di Don Gioacchino
Spedalieri (sindaco di Bronte nel 1920; nel 1930 trasferitosi a Napoli con
l'incarico di Capo della Sezione per gli Affari di Sicilia) e di donna Maria
Carolina Graefer figlia di Andrea, il giardiniere chiamato da Horatio Nelson
quale primo amministratore della sua Ducea.
È all’incirca in questo periodo che il giovane Spedalieri potrebbe avere
incontrato, e secondo noi lo incontrò, il Marino - che tra l’altro era divenuto
uno dei maestri segreti di una importantissima corrente iniziatica denominata
Ordine Egizio (3) (detto Scala di Napoli) - grazie a cui potè essere ammesso in
un circolo martinista attivo a Napoli in stretto contatto, a quanto pare, con
una società occultistica di Avignone, dedita a studi sul magnetismo.
Stabilitosi intorno al 1843-44 nella terra che considerava come sua seconda
patria, la Francia, lo Spedalieri intrattenne rapporti con alcuni esponenti di
organizzazioni iniziatiche locali, specificatamente martiniste. L’acquisto in
una libreria di Marsiglia, nel luglio 1861, di una copia del Dogma e rituale
dell’Alta Magia di Eliphas Levi, ex sacerdote cattolico e agitatore politico,
che come si è detto fu discepolo di Antonio Marino, segnò per il barone brontese
l’inizio di un rapporto di discepolato iniziatico e di amicizia che lo legherà
al magista francese per ben quattordici anni, ossia fino alla morte di
quest’ultimo avvenuta il 31 marzo 1875. Le relazioni tra i due uomini
cominciarono, come ha scritto un biografo del Levi; Paul Chaconrnac, “con
l’invio che fece il Maestro a colui che, in poco tempo, doveva diventare il suo
migliore e più sincero amico, di una copia delle Chiavi Maggiori e Clavicole di
Salomone, e di un piccolo rituale, anch’esso manoscritto inserito m un esemplare
dell’edizione latina del Trattato delle Cause Seconde dell’abate Tritenio, sorta
di commentario occulto alle clavicole salomoniche” (4).
La corrispondenza tra il barone Spedalieri ed Éliphas Levi, comprendente più di
mille lettere concernenti le più svariate tematiche iniziatiche, cominciò il 24
ottobre 1861 e terminò il 14 febbraio 1874. L’ex sacerdote, tra l’altro, fece
dono all’aristocratico brontese di alcuni suoi importanti manoscritti con la
promessa di pubblicarli soltanto 20 anni dopo la sua morte.
Lo Spedalieri ebbe stretti rapporti iniziatici anche con altri illustri figure
esoteriche dell’epoca quali, per non citare che le più famose, Helena Petrovna
Blavatsky (1831-1891), fondatrice della “Società Teosofica”, di cui il barone
era membro, Anna Bonus Kingsford (1846-1888) personalità di spicco nell’ambiente
occultistico inglese, e Papus, al secolo Gerard Encausse (1865-1916), il “papa
nero” dello occultismo francese. Inoltre sembra che l’aristocratico brontese
fosse affiliato ad una importantissima organizzazione iniziatica neorosicruciana
denominata Hermetic Brotherhood of Luxor, a cui pare fossero legate personalità
politiche e culturali di prim’ordine (5). Nicola Giuseppe Spedalieri si spense a
Marsiglia, dove aveva sempre vissuto da quando si era trasferito in Francia
dalla Sicilia, il 16 dicembre 1898, assistito amorevolmente dalla nipote,
madamoiselle Laporte, che ereditò l’immensa biblioteca dello zio. Con la
scomparsa dello Spedalieri si chiude un altro importante e misconosciuto
capitolo della secolare storia dell’occultismo, capitolo che attende ancor oggi
di essere dovutamente analizzato. "
da
Agorà, periodico di
informazione culturale, Anno I, n. 3, Aprile-Giugno 2000.
Note
(1) Per le notizie sull'abate Marino riportate qui di seguito vedasi: Historia
dell'Ordine R+C Egizio - Osirideo di Misraim - Memphis - Scala di Napoli dal
1745 al 1995, a cura di Michele Di Iorio (dattiloscritto inedito).
(2) Su Eliphas Levi vedasi, tra l’altro, il nostro: Eliphas Levi tra
rivoluzionarismo e magismo in “Merkur”, anno I n. 7, sett. 1997.
(3) Sull’Ordine Egizio vedasi il nostro, L’Ordine Osirideo Egizio e la
trasmissione pitagorica, Bassano del Grappa, 1999.
(4) P. CHACORNAC, Éliphas Levi, rénovateur de l’occultisme en France, Parigi,
1926, p. 206.
(5) Sui rapporti tra lo Spedalieri e la H. B. of Luxor si vedano: C. CHANEL, De
la “Fraternite hermetique de Louxor” au “Mouvement Cosmique”: L’Oeuvre de Max
Theon. Contribution à l’étude des courants ésotériques en Europe à la fin du
XIXème siècle et au début du Xxème siècle. Tesi di dottorato. Paris, 1992/93; J.
GODWIN., C. CHANEL, J. P. DEVENEY, The Hermetic Brotherhood of Luxor. Initiatic
and Historical Documents oJ an Order of Pratical Occultism. New York, 1995.
Il Ritratto di Giuseppe Spedalieri
da una ricerca dello storico
Luigi PutrinoLe Origini
Nicola Giuseppe Luigi Saverio Spedalieri (o Spitaleri), noto come Barone
Spedalieri, nacque a Bronte il 21 gennaio 1812, da don Gioacchino Giuseppe Maria
e donna Maria Carolina de Graefer[1].
Fu apprezzato uomo di cultura, esperto di esoterismo cristiano, massone,
martinista e, secondo alcuni, pure rosacrociano, mazziniano e
carbonaro.
Lasciata Bronte si trasferì a Napoli e poi a Marsiglia, dove si stabilì e il 23
aprile 1840 sposò
Marie Elisabeth Claire Viau[2]
(foto).
Si spense a Marsiglia il 16 dicembre 1898, dov’è sepolto con la sua seconda
moglie, Antonina Spedalieri (deceduta nel 1871), nella tomba che il Barone fece
costruire per entrambi[3].
Questa famiglia fu una fra le più influenti di Bronte, molto vicina e in affari
con la Ducea Nelson[4], dove don Gioacchino ricoprì l’incarico di segretario dal
1802 (appena sedicenne) al 1816[5]; inoltre, furono sindaci di Bronte sia il
nonno paterno del Barone, don
Nicolò Spitaleri, dal 1803 al 1806[6], sia il
padre dal 1818 al 1820[7].
Il nonno materno fu
John Andrew Graefer[8], di origini tedesche, botanico del
giardino della
Reggia di Caserta, primo amministratore della ducea Nelson, che
nel 1799 si trasferì a Bronte (dove morirà il 7 agosto 1802) con la sua seconda
moglie[9], Elizabeth Dodsworth (sposata il 19 dicembre 1791, di origini inglesi,
amica di «Emma Hamilton e della regina di Napoli»[10), e con la figlia, Maria
Carolina (nata il 15 ottobre 1794, così chiamata in onore della moglie di
Ferdinando IV)[11], la futura sposa di don Gioacchino Spitaleri (nato il 18
agosto 1786), dalla cui unione nascerà il nostro Barone[12].
Nessun casato di Bronte, a nome Spedalieri o
Spitaleri, risulta nel Nobiliario di Sicilia, dove, invece, sono presenti gli
Spitaleri di Muglia[13] di Adrano, famiglia proprietaria di vaste distese di
terreni[14].
Se ne dedurrebbe, di conseguenza, che agli Spedalieri di Bronte fosse
riconosciuto un “baronaggio” feudale, in quanto benestanti, per cui un “titolo”
privo di formale attestazione regale; ma non può escludersi una diversa
acquisizione o un tentativo di auto nobilitazione[15]. La Permanenza a Napoli e l’interesse per l’Esoterismo
Nel repertorio del 1825 della Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente
Generale in Sicilia - Ripartimento Polizia, conservato nell’Archivio di Stato di
Palermo, alla data del 3 gennaio 1825 risulta elencato un «memoriale» del
«dottor Gioacchino Spedalieri (o Spedaliere) da Bronte dottore in legge,
attualmente in Napoli per continuare nel suo servizio di Ufficiale in una delle
Sezioni degli affari di Sicilia»[16].
Da ciò si deduce che don Gioacchino, padre del Barone, ricoprisse tale incarico
a Napoli almeno dal 1824.
Inoltre, nel 1833 don Gioacchino, sempre a Napoli, fu Capo della Sezione per gli
Affari di Sicilia, come viene attestato nel certificato di nascita del figlio
Luigi, Salvatore, Epifanio, Francesco di Paola (supra, nota 1).
Durante la permanenza napoletana della famiglia, l’età di Nicola Giuseppe
Spedalieri è compresa tra i 12 e i 21 anni ed è in questo periodo che sarebbe
maturato il suo interesse per l’esoterismo; in assenza di notizie storiche, una
delle ipotetiche ragioni potrebbe rinvenirsi nel
giardino inglese della Reggia
di Caserta, realizzato dal nonno John Andrew Graefer e, successivamente, curato
dai suoi figli, zii materni del Barone, i quali nel 1799 non seguirono il padre
a Bronte e continuarono ad occuparsi del giardino.
«Il Giardino Inglese, nato per volontà della regina Maria Carolina dietro
suggerimento di Lord Hamilton, venne realizzato dall’esperto botanico John
Andrew Graefer, giunto appositamente dall’Inghilterra, in collaborazione con
l’architetto Carlo Vanvitelli.
Maria Carolina, adepta della massoneria napoletana, volle nascondere nel
giardino una sorta di itinerario iniziatico (…) dove vegetazione e architettura
si fondono in una cornice fantastica e simbolica»[17].
Maria Carolina «appare essere (…) la vera ispiratrice del progetto “occulto” del
Giardino Inglese. Vicina alle logge della
massoneria mitteleuropea e napoletana,
alla sovrana andrebbe ascritta la decisione di fare del Giardino Inglese un vero
e proprio percorso iniziatico.
Un percorso che Graefer, il giardiniere inglese cui viene affidata la creazione
del sito, riuscirà a realizzare grazie ad un sapiente accostamento di essenze
arboree e realizzazioni scenografiche»[18].
L’influenza della Regina, i contatti con la borghesia e gli ambienti culturali
napoletani dell’epoca e la realizzazione e la cura del giardino, potrebbero
essere all’origine di un interesse per l’esoterismo dei Graefer e di conseguenza
del Barone, soprattutto a seguito del trasferimento (intorno al 1824) a Napoli
del padre Gioacchino, che così si avvicinò ai cognati.
Inoltre, la nonna materna del Barone, Elizabeth, per l’amicizia con lady
Hamilton e con la regina Maria Carolina, induce a supporre che facesse parte con
loro della massoneria napoletana di cui era adepta la Regina.
Anche Maria Carolina Graefer e il marito Gioacchino, pertanto, potrebbero essere
stati “iniziati” dalla madre di lei, visto che morì nel 1815, per cui quando la
figlia era già ventenne e il genero aveva ventinove anni.
Insomma, è ipotizzabile che già a Bronte il giovane Giuseppe avesse respirato
quell’aria esoterica.
Le notizie esoteriche e “storiche” sul conto del
barone Giuseppe SpedalieriUmberto Eco, ne Il pendolo di Foucault, scrive che
nel «1875
Helena Petrovna Blavatsky fonda la
Società Teosofica. Esce Iside
Svelata. Il barone Spedalieri si proclama membro della Gran Loggia dei Fratelli
Solitari della Montagna, Fratello Illuminato dell'Antico e Restaurato Ordine dei
Manichei e Alto Illuminato dei Martinisti» (Bompiani, 1988, pag. 259).
Gaetano Lo Monaco, con l’articolo Un iniziato siciliano: Nicola Giuseppe
Spedalieri, apparso sulla rivista scientifica Agorà (anno I, n° 3, Aprile-Giugno
2000)[19], riapre il dibattito sulla figura del barone Spedalieri (che grazie a
questo periodico, oltre un decennio fa, attirò l’attenzione di chi scrive).
Evidenziati «intelletto e grande erudizione (parlava correttamente il francese e
l’inglese)» e la consacrazione del Barone «poco più che ventenne allo studio
delle dottrine esoteriche», l’Autore ne ricorda i rapporti con
Eliphas Levi e
con «Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), fondatrice della “Società
Teosofica”, di cui il barone era membro,
Anna Bonus Kingsford (1846-1888)
personalità di spicco nell’ambiente occultistico inglese, e
Papus, al secolo
Gerard Encausse (1865-1916), il “papa nero” dello occultismo francese».
Secondo Lo Monaco «sembra che l’aristocratico brontese fosse affiliato ad una
importantissima organizzazione iniziatica neorosicruciana denominata
Hermetic
Brotherhood of Luxor, a cui pare fossero legate personalità politiche e
culturali di prim’ordine».
Da Lo Monaco si apprende pure dell’esistenza di un’immensa biblioteca del barone
Spedalieri, ereditata dalla nipote madamoiselle Laporte; appare plausibile
ipotizzare che in essa il Barone conservasse anche carteggi personali.
Come vedremo, però, altri si sono occupati del barone Spedalieri.
Si scrive che a Napoli, il noto avvocato
Giustiniano Lebano «certamente fece
parte, assieme al Barone Spedalieri e a
Pasquale De Servis allora
sottufficiale
del genio Borbonico, di un circolo martinista operante a Napoli, sin dalla fine
del settecento in stretti rapporti con la “società magnetica” di Avignone
facente riferimento ad Eliphas Levi»[20].
Sempre con riferimento al martinismo è sostenuto: «Sotto il nome di Martinisti
Napoletani i discepoli di Eliphas Levi ed i suoi biografi designano un gruppo di
discepoli italiani del Maestro, cittadini del Regno delle Due Sicilie, fra i
quali principalissimo il Barone Nicola Spedalieri che era «napoletano»... di
Catania e cioè siciliano e come tale cittadino del Regno di Napoli «al di là del
Faro», come allora si diceva.
Oltre allo Spedalieri, notissimo anche per le opere che il Maestro gli ha
dedicato, va ricordato l'avvocato Giustiniano Lebano, da Torre Annunziata (…).
Un altro napoletano di Portici, sempre nella zona vesuviana, fu Pasquale de
Servis, figlio naturale di Francesco I di Borbone Due Sicilie, emigrato a Parigi
per motivi di lavoro, venne pur'esso in contatto con la cerchia di Eliphas Levi
e fu accolto come discepolo dal Maestro (…). Anche il De Servis istruì e guidò
discepoli in Italia conservando ottimi rapporti con lo Spedalieri e col Lebano
(…).
Oltre a Giuliano Kremmerz (pseudonimo di Ciro Formisano, n.d.r.) un altro
porticese, comunemente ritenuto figlio di Ferdinando II Due Sicilie, Gaetano
Petriccione che portò lo pseudonimo di
Morienus, fu discepolo prima del Lebano e
poi dello Spedalieri, che conosceva la sua origine regale e lo stimò degno
dell'Arte Regia iniziandovelo»[21].
Tale Nelchael, nel suo "Dalle lettere di Eliphas Levi al Barone Nicola G.
Spedalieri", sostiene che lo Spedalieri «già prima dei suoi 20 anni si dedicò
agli studi esoterici divenendo appassionato cultore di Luis Claude di Saint
Martin. Fu assiduo frequentatore degli ambienti iniziatici napoletani, conobbe
Pasquale de Servis (maestro Izar), Giustiniano Lebano (Sairitis-Hus) e l’abate
Antonio Marino (insegnante al Saint Sulpice di Parigi ed iniziatore alle scienze
occulte dell’allievo Eliphas Levi, nonché aderente al Rito Egizio di
Cagliostro). E fu a Napoli che Nicola Spedalieri ricevette l’iniziazione agli
“Arcana Arcanorum” che continuò a seguire anche quando si trasferì a Marsiglia
per curare gli interessi della famiglia, divenendo anche lì prima membro del
Misraïm dei Bedarride e poi del Rito di Memphis.
Fu il Barone Spedalieri che diede forza e vigore al Rito di Memphis in
Sicilia»[22].
Sempre Nelchael, in Il rito di Memphis a Palermo in Sicilia, asserisce:
«Fu
soprattutto a Palermo ed a Catania che il
Rito di Memphis prese forza e vigore
per opera del barone Nicola Giuseppe Spedalieri (1812-1898) che all’età di 30
anni dimorò a Marsiglia dove frequentò il Rito di Misraïm e prese contatti con i
fratelli Bedarride. Dopo una scissione del Misraïm seguì la corrente di
Jean
Marie Ragon ed aderì al Rito di Memphis.
Si era radicato tanto in Sicilia questo Rito che
Giuseppe Garibaldi, quando
sbarcò durante l’Impresa dei Mille, si fece iniziare a Palermo, assieme a
Nino Bixio, agli Alti Gradi del Rito di Memphis nella Sede Massonica di Palazzo
“Conte Federico” in via dei Biscottari»[23].
Un M. di J. Alias Ilkar, infine, sostiene:
«Il giovane Giuseppe Spedalieri sin
dai vent’anni intraprese gli studi ermetici. All’età di trent’anni per curare
gl’interessi della famiglia fissò una nuova residenza a Marsiglia dove entrò in
contatto con la massoneria egiziana del Misraim fondata dai fratelli Bedarride.Giuseppe Spedalieri successivamente passò al sistema Ragoon creato nel 1838
dalla scissione del Misraim, e poi da lui diffuso a Palermo e a Catania nel
1848. Le sue inclinazioni politiche lo portavano a simpatizzare per la
Carboneria, e quindi per la rivoluzione repubblicana.
Il Lebano lo incontrò durante la sua temporanea permanenza a Parigi negli
ambienti rivoluzionari dove i due scambiarono le loro idee politiche e
massoniche (…)».
Sempre secondo questo Autore, «con Dumas, e l’amante di questi Emilie Cordier,
il Lebano dovette partire in treno da Parigi per Marsiglia dove incontrarono il
Barone Spedalieri. Quindi noleggiarono la goletta francese “Emma”, riempiendola
di munizioni e armi per i rivoluzionari siciliani, prima approdarono a Genova
quindi ripartono per Palermo dove il sei giugno del 1860 consegnarono le loro
armi a Garibaldi»[24].
Il Barone Spedalieri, la Carboneria e i Fatti di
Bronte
Gli scritti del paragrafo precedente (escluso in
parte quello di Lo Monaco), purtroppo, non contengono le fonti, ma mettono in
luce alcuni aspetti utili, nell’ipotesi di una rivisitazione sulla storia
risorgimentale di Bronte.
Meriterebbero, infatti, di essere storicamente verificate alcune notizie di
“cronaca” come: gli incontri a Marsiglia e a Parigi fra il barone Spedalieri e
taluni protagonisti di primo piano del Risorgimento italiano; la partenza da
Marsiglia, dopo una di queste riunioni, di un carico di armi con la goletta
francese Emma destinate ai garibaldini siciliani; l’affiliazione, a Palermo, di
Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio, in una loggia dell’obbedienza massonica diffusa
nel Capoluogo e a Catania proprio dal barone Spedalieri.
Da attento osservatore e minuzioso ricercatore quale fosse, appare strano che
Benedetto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte nemmeno accenni
all’esistenza di questo importante personaggio, noto negli ambienti culturali
europei.
Un silenzio, questo, che camminerebbe di pari passo con quello dello Storico
brontese sull’esistenza o meno della Carboneria a Bronte (forse per il clima di
ostilità più avanti descritto) mentre riferisce sulle Vendite (così chiamate le
logge carbonare) di Randazzo[25].
Padre Gesualdo De Luca, invece, esclude la presenza a Bronte della
Carboneria[26].
Dopo queste considerazioni, appare logico chiedersi se nella strategia di
ristabilimento dell’ordine pubblico attuata in occasione de I fatti di Bronte
del 1860, il barone Spedalieri e la sua famiglia possano avere avuto (o
potessero avere) un ruolo o fossero (o potessero essere) a conoscenza delle
intenzioni di Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio.
A queste e ad altre domande potranno rispondere gli storici, qui ci si limita a
mettere in luce … piccoli episodi[27].
La Tomba di Giuseppe Spedalieri a Marsiglia
Anno del Signore 1871. Qui giace la baronessa
Antonina Spedalieri, non morta, ma che riposa nel Signore,
aspettando il suo sposo Barone G. Spedalieri, che
l’ha seguita l’anno del Signore 1800
Il barone Giuseppe Spedalieri morto il 16 novembre
1898, all’età di 86 anni.
Sul sarcofago si erige una croce, nel cui
piedistallo sono scolpite tre lettere dell’alfabeto ebraico: Aleph, Mem e Tav
Ancora più sotto, una citazione in latino tratta
dalle Confessioni di Sant’Agostino: «Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il
nostro cuore non ha posa finché non riposa in te».
I ritrovamenti del luogo di sepoltura, del certificato di morte e
dell’ultima abitazione del Barone Spedalieri, divenuti l’occasione per la
stesura del presente lavoro, sono stati resi possibili per l’impegno di Carmelo
Bianca (nostro illustre concittadino, che da anni vive e lavora a Marsiglia,
guadagnandosi la medaglia d’oro quale miglior sarto di Francia, conferitagli nel
1994 a Parigi, dal presidente della Repubblica François Mitterand).
Ho conosciuto Carmelo Bianca durante il convegno Artigiani a Bronte, organizzato
dall’Associazione Bronte Insieme nel maggio 2016 nel Real Collegio Capizzi di
Bronte, evento in cui era ospite d’onore, gli ho parlato dello Spedalieri
vissuto e deceduto a Marsiglia nell’800 e gli ho fornito le informazioni in mio
possesso raccolte saltuariamente negli anni.
A distanza di poco tempo, Bianca mi ha comunicato gli esiti positivi ottenuti
con la preziosa collaborazione di un altro siciliano abitante a Marsiglia, il
professore Gabriel Maiolino, discendente dei nobili siciliani Maiolino, docente
di storia, persona di cultura e fervente cattolico praticante che, ritrovata la
tomba, ha fatto celebrare una Santa Messa in suffragio dei coniugi Spedalieri e
fatto impartire la benedizione sul luogo della sepoltura, dall’abbé Eloi Gillet
(della chiesa di San Carlo Borromeo di Marsiglia).
Lo scorso mese di aprile, durante un breve soggiorno turistico a Marsiglia, dopo
l’accoglienza patriottica di Carmelo Bianca e sua moglie, signora Maria, con lui
e Gabriel Maiolino siamo andati sulla tomba del Barone.
Prima di ripartire, sono andato a salutare l’abate Eloi Gillet, ringraziandolo
per la sua sensibilità sacerdotale.
A distanza di quasi 119 anni dalla morte del Barone, però, i suoi resti e quelli
dell’amatissima moglie Antonina rischiano di andare dispersi e il monumento, che
versa in stato di abbandono, distrutto.
Pertanto, si fa appello ad un gesto di generosità, oltre di solidarietà per
un’appartenenza storica brontese, al Sindaco, agli Assessori, ai Consiglieri
comunali di Bronte e a chiunque volesse contribuire al restauro della tomba del
barone Giuseppe Spedalieri. I lavori saranno seguiti dal nostro concittadino Carmelo Bianca e l’Associazione
Bronte Insieme curerà la raccolta fondi. Ringraziamenti
Ringrazio per la collaborazione: mia moglie Silvia Cerrato, Carmelo Bianca,
Mario Carastro, Laura Castiglione, Franco Cimbali, il filosofo Giovanni Graefer,
Nino Liuzzo, il professore Nunzio Longhitano, il professore Gabriel Maiolino, il
professore Biagio (Gino) Saitta, Bruno Spedalieri e il professore Pietro
Spitaleri Perdicaro.
Luigi Putrino, Bronte, 10 settembre 2017
http://www.bronteinsieme.it/3pe/spedalieri_giuseppe.htmlVesione PDF
Note
[1] Dalla ricostruzione genealogica elaborata dal professore Nunzio Longhitano,
sui dati dei registri della Chiesa Madre di Bronte, i figli di Gioacchino
risultano 8 e registrati come Spitaleri ( si consulti:
www.ilgenealogista.it/it/genealogia-bronte/ricerca-battesimi/ );
a questi, però, bisogna aggiungerne 5 (con cognome Spedalieri) nati a Napoli fra
il 1824 e il 1833 ( si veda: www.antenati.san.beniculturali.it ).
Secondo il professore Longhitano, il nonno paterno del Barone, don Nicolò, ebbe
due mogli: Francesca Stancanelli e Felicia Rosalia Radice; Gioacchino (7° di
diciassette, nato il 18 agosto 1786) gli risulta figlio della prima (che ne
diede alla luce 12), in seconde nozze, invece, figli ne ebbe 5. Nell’atto di
battesimo del Barone sono indicati quali padrini: don Luigi Spitaleri e donna
Felicia sua madre; che sarebbero, rispettivamente, il primo figlio di secondo
letto e la seconda moglie del nonno.
[2] Il dato si evince dall’atto di morte rilasciato dal comune di Marsiglia,
dov’è scritto che lo Spedalieri era vedovo in prime nozze di Marie Elisabeth
Claire Viau; dallo stesso documento si apprende che, al momento della morte, era
residente al 36, boulevard de la Madeleine, oggi 36 (?), boulevard de la
Liberation. La data di matrimonio, invece, si trova pubblicata al seguente
indirizzo internet: http://actes.geneprovence.com/chercher.php .
Il baron Joseph Spedalieri dal 1864 compare nell’Indicateur Marseillais, Guide
de commerce, Annuaire des Bouches-du-Rhone (volume con le liste dei funzionari,
negozianti, commercianti, industriali e proprietari di Marsiglia), con il titolo
nobiliare, domiciliato in boulevard Longchamp 29 (dal 1866 al 1870 al numero 82
e dal 1871 al 1874 al numero 52); nel 1873 è presente quale agente generale di
assicurazione marittima (in rue Vacon, 53). Dal 1875 è domiciliato in rue
Consolat, 118, dove dal 1876 al 1893 (in quasi tutti gli anni) è indicato quale
proprietario.
Dal 1894 risulta domiciliato in boulevard de la Magdeleine, 36, non più come
proprietario ma quale rentier (beneficiario di una rendita). Gli Indicateur sono
consultabili sul sito internet della Biblioteca nazionale di Francia
all’indirizzo internet www.bnf.fr, sezione Gallica. [3]La tomba si trova nel cimitero di Saint Pierre, in una zona
(la diciassette) dove sono presenti altri monumenti simili per tipologia. Sul
sarcofago si erige una croce, nel cui piedistallo sono scolpite tre lettere
dell’alfabeto ebraico: aleph, mem e tav (da destra verso sinistra). E «così si
forma la parola Ameth, che è in testa a questa lettera e che significa: pace,
giustizia e verità». Cfr. LEVI E., Lettere al Barone Spedalieri, I dioscuri,
Genova, 1988, pagg. 11-12. Ancora più sotto, una citazione in latino tratta
dalle Confessioni di Sant’Agostino: «Fecisti nos ad Te Deus. Et inquietum est
cor nostrum donec requiescat in te» «Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il
nostro cuore non ha posa finché non riposa in te»). Sulla lastra di copertura,
infine, l’epigrafe, in latino, in memoria della moglie, e in francese, in
ricordo del Barone: «A.D. MDCCCLXXI - HIC JACET BARONISSA ANTONINA SPEDALIERI
NON MORTUA SED IN DOMINO REQUIESCENS EXPECTANS SPONSUM SUUM BARONEM J.
SPEDALIERI QUI SECUTUS EST EAM A.D. MDCCC… – LE BARON JOSEPH SPEDALIERI DECEDE
LE 16 NOVEMBRE 1898 A L’AGE DE 86 ANS» (Anno del Signore 1871. Qui giace la
baronessa Antonina Spedalieri, non morta, ma che riposa nel Signore, aspettando
il suo sposo Barone G. Spedalieri, che l’ha seguita l’anno del Signore 1800 - Il
barone Giuseppe Spedalieri morto il 16 novembre 1898, all’età di 86 anni»).
Traduzioni a cura di Bruno Spedalieri.
[4] «Il primo sindaco di Bronte, nel 1818, fu don Gioacchino Spedalieri (genero
dei Graeffer, il cui cognome ricorre talvolta nella forma Spitaleri). Gli altri
due candidati a sindaco (“non trovando persone più idonee a poter esercitare le
sopradette cariche”, recitava la proposta ufficiale) erano il fratello minore,
don Luigi, e il padre, il settantaquattrenne don Nicolò». Cfr. RIALL L., La
rivolta – Bronte 1860, Editori Laterza, Bari, 2012, pag. 113.
[5] CARASTRO M., E dopo Graefer? Gli amministratori della Ducea sino al 1873, §
Antonio Forcella, www.bronteinsieme.it/2st/nelson_graefer1.htm .
[6] Che sia stato anche sindaco di Bronte lo si deduce da una lapide, posta
all’interno della Chiesa Madre, in cui si legge: «Α - Ω / A Nicola Spedalieri,
1741-1831 / uomo di solida virtù, di ingegno straordinario, perseverante ed
esemplare nella pratica della fede. Visse 90 anni, 3 mesi e 4 giorni. Assai
benemerito di Dio e della Patria, avendo ricoperto, in modo integerrimo, tutti i
pubblici uffici. Pio verso Dio, generoso coi bisognosi, ospitale con tutti. Morì
con gran dolore dei suoi cari l’11 dicembre 1831. I figli Gioacchino, Giuseppe,
Luigi, Carmelo, Gaetano, e la figlia Maria, fecero per amore al padre dolcissimo
di beata memoria questo monumento» (da notare che rispetto ai 17 figli, qui ne
compaiono solo 6, tra i quali il padre del Barone). Ricorda, altresì,
l’Associazione Bronte insieme che: «Questo Nicola Spedalieri (nato nel 1741 e
morto nel 1831), fu grande beneficiario della Chiesa Madre ed era cugino di
terzo grado, tangente il quarto, con il più noto omonimo filosofo Nicola
Spedalieri». Si veda la nota n° 3 riportata su:
www.bronteinsieme.it/1mo/ch_2c.html#note .
Anche il professore Pietro Spitaleri Perdicaro, di Adrano, dalla consultazione
dei registri della Chiesa Madre di Bronte, ha constatato si una parentela, ma
piuttosto lontana, escludendo, rispetto a qualcuno, che fosse nipote del
Filosofo.
[7] In occasione dei moti del 1820, furono incendiate «le case di parecchi
cittadini ligi al Governo e la casa del sindaco non amico certo delle novità, il
quale, temendo peggio, si rifugiò a Randazzo»; sindaco, come detto, era
Gioacchino Spedalieri, il padre Nicolò, invece, era nella deputazione di
pubblica sicurezza. Cfr. RADICE B., Memorie storiche di Bronte, pag. 361, (pag.
301 della versione digitalizzata dall’Associazione Bronte Insieme).
[8] CARASTRO M., «Chi era Graefer?», articolo pubblicato su:
www.bronteinsieme.it/2st/nelson_graefer.htm.
[9] Il 14 giugno 2017, raggiunti telefonicamente, a Roseto degli Abruzzi (TE),
Giovanni Graefer e il padre Gustavo, discendenti diretti di John Andrew Graefer,
mi riferivano che, quando giunse a Caserta, il loro avo era vedovo e con tre
figli: Giovanni, Carlo e Giorgio; da quest’ultimo discende la famiglia del
signor Gustavo.
[10] RIALL L., op. cit., pag. 69.
[11] CARASTRO M., op. cit., § «La vita a Caserta».
[12] Il matrimonio fu celebrato a Bronte il 31 agosto 1806. I coniugi
Spitaleri-Graefer diedero alla loro primogenita (nata a Bronte l’8 aprile 1808)
come primo nome Emma (per il forte legame con lady Emma Hamilton) e, come
secondo nome, Elisabetta (quello della nonna materna). Per la ricostruzione
genealogica, si rinvia alla nota 1.
[13] «Con decreto ministeriale del 10 febbraio 1899 il signor Antonino Spitaleri
(di Felice, di Antonio), ottenne riconoscimento dei titoli di barone di Muglia,
signore di Solicchiara, signore di Pietrabianca». Cfr. MANGO DI CASALGERARDO A.,
Nobiliario di Sicilia ( ww.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/mango/speciale )
[14] www.comune.adrano.ct.it/Info_Turismo/castello_solicchiata.aspx
[15] L’importante intellettuale brontese dell’800, qui trattato, in ogni caso è
passato alla storia come Barone Spedalieri.
[16] Nel repertorio del 1837, del medesimo Ripartimento di Polizia, conservato
nello stesso Archivio di Stato, alla data del 18 ottobre 1837 è citato un
«rescritto con cui alla Vedova di Don Gioacchino Spedalieri si conceda per una
sola volta un sussidio di ducati 300 ed al figlio Giuseppe un posto gratuito».
Potrebbe trattarsi del padre e della madre del Barone, ma non avendo trovato
riscontri rimane una mera ipotesi.
[17] FAGIOLO M., Architettura e massoneria: l’esoterismo della costruzione,
ROMA, 2012 Gangemi editore, pag. 227.
[18] FRANZ F., recensione al libro Nel Giardino Inglese della Reggia di Caserta
di Sergio Fiorenza, su:
www.alcolibrianonimi.it/2016/10/misteri-botanici-massonici-nella-reggia-caserta/ .
[19] L’articolo integrale è consultabile all’indirizzo internet
http://www.bronteinsieme.it/6bro/brontesi_13.html .
[20] Si veda: www.loggiaaletheia.it , pag. 21.
[21] Si veda:
www.renatus.it/files/brunelli_francesco_nebo_il_martinismo_e_lordin.pdf ,
pagg. 92-94.
[22] Si veda la rivista Sophia Arcanorum, 1-2011, all’indirizzo internet:
sophia-arcanorum.it/onewebmedia/Sophia Arcanorum n.1 - 1° trim. 2011.pdf,
pag. 24.
[23] Si veda:
www.loggiadeguaita.com/altigradi/Storia_illustrata_dei_Riti%20Egizi_e_della_Tradizione_Italica.pdf ,
pag. 14.
[24] Si veda:
http://iniziazioneantica.altervista.org/
[25] RADICE B., op. cit., pag. 362 (pagina 299 della versione digitalizzata
dall’Associazione Bronte Insieme). A pagina 359 (pagina 302 e-book), invece,
parlando dei moti del 1820, il Radice, entusiasta, riferendosi al ruolo della
Carboneria scrive delle rinnovate «antiche speranze dei Carbonari, che colle
numerose vendite tenevano vivo il sentimento di libertà e di indipendenza nei
popoli, cui puzzava l’assoluto dominio».
[26] DE LUCA G., Storia della Città di Bronte, pag. 110, dove il De Luca
afferma: «Apertamente e con pubblici cartelli si bandiva pena di morte a
chiunque osasse alzate in Bronte loggia di Carbonerìa. Se vi giungevano occulti
emissari, erano costretti fuggirsene di notte, pria che fossero scoperti. Se
compatrioti, caduti nelle panìe della setta in paesi stranieri, ritornavano ai
patri focolari con qualche esterno massonico, erano all’istante ammoniti, e
forzati a deporlo. In questo modo in Bronte non si videro ne Altaluce, ne’ Gran
maestri, ne’ adepti massonici».
[27] «La storia ha il dovere di guardare al di là della facciata, al di là della
scena; lo storico ha il compito non sempre agevole di andare a cogliere le
motivazioni che sono alla base dei piccoli episodi, come dei grandi rivolgimenti
che in definitiva sono poi la somma di piccoli episodi». Cfr. SAITTA B. Bronte.
Bixio. L’Inghilterra, in LO VERSO G. – FEDERICO T., Attraverso il cerchio –
Lavorare con gruppi nel servizio pubblico, Roma, BORLA, 1993, pagg. 192. «Gli
oppressi di Bronte tentarono di opporsi agli oppressori; persero la loro
battaglia in una calda mattina d’agosto, dinnanzi alla Chiesa di S. Vito. Ma il
sangue innocente versato per le superiori ragioni che l’uomo della strada non
poteva e non può ancora comprendere, reclama tuttavia una parola chiarificatrice
che faccia giustizia e richiami dall’oblio». Ivi, pag. 199.
Ulteriori Riferimenti
Del Barone Spedalieri dal punto di vista bibliografico, in Italia, abbiamo solo un
brevissimo estratto della sua vastissima corrispondenza con Eliphas Levi, col
nome di
"Lettere al barone Spedalieri, ovvero la Kabala in dieci lezioni" che ha
visto diverse edizioni."Barone
Giuseppe Spedalieri, nativo della sicilia, e residente a Marsiglia, è stato
amico discepolo ed esecutore letterario dell'abate Alphonse Costant de Louise
conosciuto con lo pseudonimo di Eliphas Levi."
Fonte:
Credo of Christendom and Other Addresses and Essays on Esoteric Christianity Di
Anna Bonus Kingsford, Edward Maitland."Barone
Nicola Joseph Spedalieri, 1812-1887, nato da un'antica famiglia siciliana,
all'età di vent'anni si interesso agli studi esoterici, nel 1842 si trasferì in
Francia. Incontrò Eliphas Levi nel 1861 di cui divenne un amico e un discepolo,
condividendo con lui la stessa visione della religione, il Barone Spedalieri
incontrò e intrattenne una corrispondenza con
Anna Kingsford ed
Edward Maitland."
Fonte:
the "Red cactus: the life of Anna Kingsford", of Alan Pert."Il Barone
Nicola Joseph Spedalieri, è nato a Bronte, in Italia. Spedalieri è stato un
magista e un iniziato di prim'ordine alla Kabala, nonchè un profondo conoscitore
degli insegnamenti di St. Martin. Nel 1842 andò a vivere in Francia, all'età di
trent'anni, frequentò Eliphas Levi, e divenne membro del "Consiglio dei Tre", e
dell' "Ordine del Giglio, ovvero "
"l'Ordre du Lis". Nel 1861 lo Spedalieri iniziò una lunga corrispondenza con
il Levi che durò fino al 1874. Queste lettere furono pubblicate in un libro, e
sono presenti nella libreria dell'Accademia."
Fonte