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ricerche a cura del dott. Luigi Braco
il progetto VITRIOL

 

Raimondo di Sangro (o de Sangro), VII principe di Sansevero, Torremaggiore, 30 gennaio 1710 – Napoli, 22 marzo 1771, è stato un esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, letterato e accademico italiano. I membri della sua famiglia erano Grandi di Spagna, proprietari di innumerevoli feudi dell'area pugliese (Sansevero, Torremaggiore, Castelnuovo, Casalvecchio di Puglia, Castelfranco e altri minori) e per linea paterna sostenevano di discendere direttamente da Carlo Magno.

 

Stemma Famiglia Di Sangro

 

Nacque nel Castello di Torremaggiore il 30 gennaio 1710 da Antonio, duca di Torremaggiore e da Cecilia Gaetani dell'Aquila d'Aragona, ed ivi battezzato il 2 febbraio successivo dal vescovo di San Severo, Principe Mons. Carlo Francesco Giocoli.[1] Persa la madre, poco dopo la nascita, a lei restò sempre profondamente legato tanto da dedicarle, nella Cappella Sansevero, la statua della "Pudicizia Velata" in cui una donna, completamente ricoperta da un drappo che ne lascia intravedere le forme, si poggia a una lapide spezzata a indicare, appunto, la prematura scomparsa.

Nota Bene: "La famiglia Caetani o Gaetani o Cajetani a seconda del periodo storico, conta vari rami: il ramo pisano dei Gaetani patrizi di Pisa e conti di Terriccio, Pomaya e d'Oriseo, esiliato da Pisa nel XIV secolo e vivente in Sicilia fino al secolo scorso, un cui ramo, estintosi con il conte Alessandro nel 1823, rimase a Pisa, e il ramo laziale dei Gaetani duchi di Sermoneta, da cui discesero poi anche i Gaetani dell'Aquila d'Aragona, quindi i Caetani e i San Severo erano imparentati, vedi la pagina su Leone Caetani. Albero genealogico dei Gaetani dell'Aquila d'Aragona " dott. Luigi Braco

Il padre, Antonio di Sangro, superficiale e libertino, invaghitosi di una ragazza di Sansevero, ne fece uccidere il padre che si opponeva alla relazione. Accusato del misfatto da Nicola Rossi, sindaco di Sansevero, fu quindi costretto a fuggire alla Corte di Vienna dove diventò intimo dell'Imperatore, continuando a protestare la sua innocenza. Forse per corruzione, la magistratura pugliese archiviò il caso e Antonio di Sangro poté rientrare nei suoi feudi dove, però, non tardò a vendicarsi del suo principale accusatore facendolo uccidere. Per sfuggire all'incarcerazione riprese la fuga che, dopo alterne vicende, si concluse a Roma ove Antonio di Sangro prese i voti e si ritirò in convento. Il giovane Raimondo venne quindi affidato alle cure dei nonni paterni che, a 10 anni, lo mandarono a studiare presso la Scuola Gesuitica di Roma, ove restò fino al compimento dei 20 anni, acquisendo una cultura di molto superiore alla media che, unita alla sua naturale propensione allo studio (salvo la grammatica a causa della quale perse un anno), ne fece uno dei "geni" del Settecento napoletano ed europeo.

L'Albero Genealogico dei San Severo

 

 

La sua cultura superiore si impone, infatti, su quella della stragrande maggioranza dell'aristocrazia napoletana. Appassionato di araldica e geografia (in cui eccelse), studiò retorica, filosofia, logica, matematica e geometria, scienza, fisica, greco, latino, ebraico e, portato per le lingue straniere, mantenne a proprie spese un sacerdote che gli impartì lezioni di lingua tedesca. Il suo "genio" si fece presto apprezzare, tanto che, per una rappresentazione scolastica, in cui c'era da smontare rapidamente un palco teatrale per consentire nello stesso spiazzo esercizi di equitazione, superò "primi ingegnieri e valentuomini" chiamati a risolvere il problema "inventando" un palco che "coll'ajuto di alcuni argani e di alcune nascoste rote" spariva in pochi minuti.

 

 

Nel 1730, all'età di 20 anni, Raimondo rientrò a Napoli, sede stanziale della sua famiglia, avendo acquisito l'anno precedente, a seguito della morte del nonno paterno, il titolo di VII Principe di Sansevero. Nello stesso anno, per procura giacché viveva nelle Fiandre, sposò una cugina quattordicenne, Carlotta Gaetani dell'Aquila d'Aragona, che conobbe però, a causa delle continue guerre europee, solo sei anni dopo il matrimonio (nel 1736) quando lo raggiunse a Napoli. Da ricordare come Raimondo commissionò per il suo matrimonio la composizione di una serenata musicale al coetaneo Giovanni Battista Pergolesi che venne però completata da altra mano per l'infelice sorte che attendeva il musicista.

 


 

Esperto in arte militare Raimondo di Sangro fu anche colonnello del Reggimento Capitanata e nel 1744 si distinse valorosamente nella battaglia di Velletri contro gli Austriaci. Prima appartenente all'Accademia de' Ravvivati (con lo pseudonimo di "Precipitoso") divenne poi accademico della Crusca con il nome di "Esercitato" e il motto "Esercitar mi sole". Oltre gli studi chimici ed alchemici, per cui il suo nome susciterà sempre dubbi di stregoneria tra il popolino e la stessa aristocrazia ignorante, Raimondo di Sangro fu scrittore egli stesso ed editore, tanto che dalla sua tipografia (impiantata nei sotterranei dello stesso Palazzo ove viveva a Napoli, in piazza S. Domenico Maggiore) uscirono libri, suoi e di altri, spesso censurati dalle autorità ecclesiastiche o pubblicati anonimamente. Anche in questo caso, tuttavia, non si esimerà dal compiere esperimenti, tanto che narra egli stesso di essere riuscito a stampare pagine a più colori in "una sola passata". Dalla tipografia vennero editi libri di chiaro influsso massonico oltre che trattati e traduzioni di libri da nessun altro pubblicati in Italia.

Pubblicò, nel 1750, un testo meglio noto come "Lettera Apologetica", ma il cui titolo completo è "Lettera Apologetica dell'Esercitato accademico della Crusca" contenente la difesa del libro intitolato Lettere di una Peruana per rispetto alla supposizione de' Quipu scritta dalla Duchessa di S*** e dalla medesima fatta pubblicare, in cui trattò del criterio di traduzione dei "quipu", ovvero cordicelle colorate annodate a differenti altezze che erano usate dalle popolazioni dell'America Latina per scambiarsi messaggi segreti. In merito a chi fosse la "Duchessa di S***" per alcuni è Madam de Grafigny, secondo altri potrebbe trattarsi di Mariangela Ardinghelli, nel cui salotto napoletano si riunivano gli eruditi dell'epoca. Tra le sue opere si ricordano un Vocabolario dell'arte militare di Terra (la cui redazione durerà ben otto anni per fermarsi alla lettera "O"), un Manuale di esercizi militari per la fanteria che ottenne il plauso del re Federico II di Prussia, nonché trattati vari sulle fortificazioni.
Quanto alle traduzioni, dalla "stamperia" del Principe nacquero Il Conte di Gabalis, ovvero ragionamenti sulle Scienze Segrete..., dell'abate francese Villars de Montfaucon che, per il suo contenuto esoterico, portò al Principe una nuova accusa di miscredenza da parte dei Gesuiti, costringendolo a negare che l'opera fosse uscita dalla tipografia con il suo placet; I Viaggi di Ciro, da Les voyages de Cirus dello scozzese Michel Ramsay (massone e iscritto alla stessa loggia del Montesquieu), con cui si auspica che la nobiltà partenopea sia presa da ben maggiore fervore illuministico; Il Riccio Rapito, dell'inglese Alexander Pope, anch'egli massone.

 

 

Nota Bene: "Il lettore volenteroso non dovrebbe mancare di leggere attentamente The Philosophical Principles of Natural and Revealed Religion, del cavaliere Di Andrew Michael Ramsay,  e "L'Etoile Flamboyante di Teodore Henri barone di Tschoudy".

 

 

La Cappella Gentilizia e la Massoneria

 

per una lettura in chiave esoterica della cappella di San Severo si rimanda a "L'Alchimia di Partenope" del dott. Braco
Museo San Severo

 

 

Cappella S. Severo - Play Video

 

Nel 1744 il Principe diede inoltre inizio alla sua opera massima, il restauro e la sistemazione definitiva della Cappella Gentilizia, quella "Santa Maria della Pietà" meglio nota al popolo napoletano con il nome di "Pietatella" e oggi ai più nota come "Cappella Sansevero". I lavori, che prosciugheranno le casse di famiglia e porteranno cospicui debiti (tanto da costringere il Principe ad affittare alcune stanze del suo palazzo ad uso di bisca clandestina — motivo per cui sarà addirittura arrestato e rinchiuso per alcuni mesi nel carcere di Gaeta), durarono fino alla morte di Raimondo di Sangro, e resero la piccola chiesa, con i suoi influssi massonici e le sue allegorie, un capolavoro del barocco napoletano cui parteciparono i maggiori nomi dell'arte dell'epoca.

 

 

Nello stesso anno in cui diede inizio ai lavori per la Cappella, Raimondo di Sangro si iscrisse alla "Libera Muratoria" e diventò "Fratello Massone" (le prime "Logge" erano sorte a Napoli ai primi del Settecento e quella fondata da Raimondo di Sangro con alti esponenti della nobiltà napoletana, assunse il nome di "Rosa d'ordine Magno" derivante dall'anagramma dello stesso nome del Principe). In pochi anni scalò la gerarchia dell'Associazione segreta giungendo a divenire "Gran Maestro" di tutte le Logge napoletane. Formerà nella sua numerosa Officina una cerchia interna, ove opererà con il sistema detto degli "Alti Gradi", creando un ristretto cenacolo elitario, dal quale vedrà la luce il Rito Egizio Tradizionale. Sono gli anni anche delle maggiori scoperte archeologiche, fortemente volute proprio dall'illuminato Re Carlo III di Borbone: Pompei, Ercolano, Paestum: anche queste viste in chiave massonica come riscoperta degli antichi valori morali e di democrazia propri dell'ideologia cui la "fratellanza" fa riferimento. Iniziarono, in tal periodo, le invettive della Chiesa, dei Gesuiti in particolare, e del frate Guglielmo Pepe contro la massoneria e il tentativo, fallito per intervento dello stesso Re, di istituire anche a Napoli un tribunale del Santo Uffizio. Convinto che l'unico modo per difendere le Logge fosse il porle sotto un'alta protezione, il Principe si avvicinò ancor più al Re Carlo III di Borbone, di cui era consigliere, tentando di ottenerne l'iscrizione (come peraltro già avvenuto in Prussia con Federico II), ma nel 1751 papa Benedetto XIV (al secolo cardinal Prospero Lambertini, anch'egli in odore di massoneria)scomunicò tutti gli appartenenti alla "Fratellanza" e ordinò lo scioglimento delle logge. Si sarebbe potuto trattare, nel caso del Regno di Napoli, di un pretesto che poteva preludere a una dichiarazione di guerra e, sebbene a malincuore, Carlo III con un editto cancellò le logge napoletane e bandì la massoneria dal Regno.

 

 

Convinto che fosse l'unico modo per salvare i fratelli da più gravi conseguenze, Raimondo di Sangro abiurò e fornì al Re l'elenco degli iscritti che vennero, però, solo redarguiti e non puniti. E in effetti, questa "finta abiura" e la consegna degli elenchi con il conseguente "rimprovero", ebbero l'effetto di salvare i massoni napoletani da persecuzioni, permettendo loro di continuare a svolgere indisturbati le proprie attività esoteriche. Intanto i lavori per la Cappella Sansevero continuavano e con essi i debiti conseguenti che costrinsero il Principe ad affittare locali del suo Palazzo e, addirittura, il suo Palco al Teatro San Carlo, nonché a chiedere prestiti a istituti di credito. Contro di lui si schierò inoltre, contrastato dallo stesso Re Carlo III, il Ministro della Real Casa Bernardo Tanucci, che vedeva in lui (per le sue simpatie prussiane), ingiustamente, un nemico del Regno. Ma nel 1759 Carlo III, alla morte del fratello, dovette abbandonare Napoli per diventare Re di Spagna; lasciò il Regno al figlio, il religiosissimo e giovanissimo Ferdinando IV: con la partenza del Re, ecco venir meno la difesa del Principe nei confronti di Tanucci, che lo fece arrestare per aver affittato locali della sua casa a uso di bisca clandestina. Venne liberato dopo alcuni mesi per intercessione della moglie e di alcuni nobili amici. Ma Tanucci non demordette e nel 1764 comunicò all'ex-Re di Napoli, ora di Spagna, che l'ammontare dei debiti di Raimondo di Sangro era di oltre 220.000 ducati. Fu l'anno di una spaventosa carestia che causerà oltre duecentomila morti nel Regno (di cui oltre trentamila nella sola Napoli), e fu anche l'anno in cui, per tentare di appianare la propria situazione debitoria. il Principe di Sansevero decise di far sposare il primogenito Vincenzo alla principessa Gaetana Mirelli che porterà una ricchissima dote che gli consentirà di saldare i debiti e di disporre di un discreto appannaggio mensile.

 

 

Per omaggiare gli sposi, Raimondo fece venire a Napoli un "picchetto" d'onore costituito dai propri "feudatari" pugliesi; si trattava, in realtà, di una cinquantina di persone che indossavano una sorta di uniforme ed erano armati. Fu l'ennesima scusa che consentì a Tanucci di arrestare nuovamente il Principe accusandolo di "invasione armata" della città. Liberato dopo poco, Raimondo di Sangro proseguì nelle sue attività di studio, nelle sue invenzioni e nei lavori di restauro della sua Cappella fino alla sua morte, nel 1771.

 Approfondimento sulla Cappella San Severo



Invenzioni


Quella delle invenzioni del di Sangro è una questione controversa, giacché alcune sono testimoniate soltanto dalla Lettera Apologetica, scritta dal principe medesimo. Fatta questa premessa, ecco un elenco delle "invenzioni" più conosciute a lui attribuite (o auto-attribuitesi):

Macchine anatomiche: è forse l'unica che sia giunta sino a noi. Si tratta di due modelli anatomici di grandezza naturale costituiti da due scheletri umani (una donna e un uomo) su cui è incastellato il solo albero sanguigno di colore differenziato blu e rosso. Leggenda vuole che il Principe avesse ottenuto tale "metallizzazione" del circuito sanguigno "iniettando" un composto di sua invenzione e, poiché l'unica "pompa" in grado di spingere il liquido fin nei capillari più sottili è il cuore, che i due malcapitati fossero ancora vivi quando tale esperimento venne eseguito. Occorre rammentare che all'epoca non era stata ancora inventata la siringa ipodermica. Le due "macchine", originariamente nel laboratorio del Principe e attualmente nella "Cavea Sotterranea" della Cappella Sansevero, sarebbero state di fatto realizzate da un anatomista palermitano, Giuseppe Salerno, come risulta da un contratto ancora oggi conservato all'archivio notarile di Napoli. Partendo da due scheletri umani, il Principe si impegnava a fornire al medico fil di ferro e cera colorata (secondo un metodo di sua invenzione) per ricostruire l'albero circolatorio e dare così un valido modello didattico ai non esperti medici dell'epoca. In origine la "macchina" femminile aveva anche un feto che però negli anni '60 del '900 è stato trafugato.
Palco pieghevole: si sarebbe trattato di un palco dalle normali apparenze ma che per mezzo di ruote, argani e funi sarebbe stato possibile sollevare e chiudere "a libro". Testimoniato dalla Lettera Apologetica, sarebbe stato costruito nel 1729, quando Raimondo aveva solo 19 anni, in occasione di una rappresentazione teatrale nel cortile del collegio gesuitico romano, e chiuso in pochissimo tempo per permettere lo svolgimento nella stessa area di un carosello di cavalleria.
Cannoncino da campagna: sarebbe stato costruito in un metallo leggero in sostituzione del bronzo, allora comunemente usato per questo tipo di arma, talché "qualunque soldato senza gemere sotto l'incarico di esso può trasportarne uno, forse due".
Archibugio: fucile a retrocarica, costruito a canna unica, in grado di sparare a polvere o "a vento" (cioè ad aria compressa).
Macchina idraulica: capace di trasportare l'acqua a qualunque altezza.
Carrozza marittima: come evidenziabile da una stampa d'epoca (ancora esistente), si trattava di veicolo perfettamente somigliante a una carrozza terrestre, con tanto di cavalli verosimilmente in sughero o legno, ma al posto delle ruote aveva delle "pale" (azionate da personale nascosto) in grado di viaggiare per mare. Tale carrozza poteva ospitare dodici persone ed era più veloce delle barche a remi ed a vela dell'epoca(fonte "La Gazzetta di Napoli" 24 luglio 1770)
Marmi alchemici: nella sua ricerca alchemica il Sansevero avrebbe inventato parecchie sostanze chimiche tra cui stucchi, mastici madreperlacei usati per costruire cornicioni e capitelli, e un tipo di marmo sintetico che, versato allo stato fuso in apposite canaline, avrebbe formato un "cordone" bianco marmoreo, ininterrotto, che decorava il pavimento della cappella di famiglia (ancora oggi in parte visibile). Si è anche fantasticato su un possibile suo procedimento per marmorizzare i tessuti. Prova ne sarebbe la scultura del "Cristo Velato", nella medesima cappella, dove il corpo appare coperto da un velo di marmo trasparente. Su questa invenzione, però, non ci sono prove e l'effetto del velo sembra che sia dovuto solo all'abilità dello scultore, Giuseppe Sanmartino.
Trasudazione delle statue: pare che il principe fosse riuscito a scoprire un procedimento grazie al quale riusciva a far sì che un liquido simile alle lacrime fuoriuscisse dai marmi di cui erano costituite. Sembra che tale fenomeno sia ancora oggi visibile in una delle statue poste di fianco all'altare della Cappella Sansevero.
Stampa simultanea a più colori: normalmente le operazioni di stampa avvengono (fatte salve le moderne stampanti a colori) eseguendo tante "passate" quante sono i colori (tricromia o quadricromia); il Principe avrebbe inventato, invece, un sistema per stampare "a più colori" con una sola "passata di torchio" e tale metodo avrebbe impiegato nella sua tipografia sita nei sotterranei del Palazzo.
Epigrafia al negativo: anziché scolpire le scritte, queste sarebbero state ricoperte con una pasta a base di paraffina che le avrebbe protette dal bagno d'acido cui l'intera lapide veniva sottoposta, ottenendo così scritte in rilievo, come è evidenziato, peraltro, dalla stessa lapide del suo monumento funebre.
Lume eterno: testimoniata da alcune lettere di Raimondo a studiosi dell'epoca, sarebbe stata una mistura ottenuta dalla triturazione delle ossa di un teschio e forse costituita da una miscela di fosfato di calcio e fosforo ad alta concentrazione. Tale miscela avrebbe avuto la capacità di bruciare molto lentamente e di consumare pochissima materia.
Carbone alchemico: una mistura di sostanze di origine animale e vegetale, in grado di bruciare senza produrre cenere.
Impermeabilizzazione dei tessuti: Raimondo avrebbe donato al re Carlo III, grande appassionato di caccia, un mantello trattato in questo modo (vedi Impermeabile (abbigliamento)).
Gemme artificiali: Raimondo avrebbe trovato il modo di imitare le vere gemme usando delle normali pietre in marmo bianco, colorate però con un procedimento del tutto nuovo, tale che non le si sarebbe potute distinguere dalle gemme vere.
Farmacopea: appassionato anche di medicina e colpito dall'ignoranza dei medici dell'epoca in questioni anatomiche (come dimostra la realizzazione delle "Macchine"), Raimondo di Sangro si impegnò anche in tale campo. È noto che curò un paziente affetto da "morbo invero raro e sconosciuto ai medici" somministrandogli "estratto di pervinca più fiate bullito". La cura fece dapprima perdere i capelli all'ammalato, che però non guarì e giunse comunque a morte. Dall'autopsia, cui il Principe partecipò e di cui ci ha lasciato traccia, è stato possibile appurare che si trattava di un tumore allo stomaco. Ciò che colpisce è che le attuali cure oncologiche prevedono la somministrazione di sostanze che contengono estratto di "vinca rosea", come attestato da oncologi moderni (Prof. Tarro) che hanno confermato che la cura proposta dal Sansevero circa 400 anni fa non era poi del tutto errata.
Sangue di San Gennaro: il Principe sarebbe riuscito a produrre una sostanza in grado di comportarsi esattamente come quella ritenuta essere il sangue di san Gennaro.
Sistema per dissalare e potabilizzare l'acqua di mare.
Carta ignifuga: sarebbe stata di lana da una parte e di seta dall'altra, con la proprietà di non prendere fuoco.
Altri presunti procedimenti: plasticizzazione a freddo di metalli, metallizzazione e pietrificazione di materie molli, nuovi processi di colorazione di marmi e vetri.
Pirotecnica: per la realizzazione di fuochi d'artificio a più colori, inventandone quelli di colore verde.

Bibliografia

 

 

 

Il Mistero dei Manoscritti

 

 

Il 16 Giugno del 2005 è stato battuto all'asta da Cristies  per 8.060€ un manoscritto autografo del Principe di San Severo, la descrizione recita:

"DI SANGRO, Raimondo SANSEVERO Principe di (1710-1771). MANOSCRITTO FILOSOFICO- ERMETICO. Manoscritto, filosofico-ermetico, di 8 carte legate a quaderno in gran parte scritto in cifra. La parte leggibile richiama i temi cari al Di Sangro; la scrittura cifrata, probabilmente leggibile da destra a sinistra, oltre che un vezzo "leonardesco" del Di Sangro, era dovuta alla prudenza che il Principe doveva osservare per non incorrera in ulteriori censure da parte delle autorità ecclesiastiche e non solo. Il di Sangro, di antichissima e nobile famiglia napoletana, fu completamente figlio del suo secolo e col suo ingegno versatile e illuminato scrisse di una moltitudine di argomenti, dalle arti militari alla filosofia. Fu inventore geniale ma anche pensatore mistico; fu il primo aderente illustre della massoneria italiana." Vedi la fonte

 

 

Il 15 Dicembre 2005 alla casa d'aste Christies è stato venduto per 19.840€ un manoscritto massonico, la descrizione:

"(Napoli) MANOSCRITTO MASSONICO 1752. Relazione di quanto è successo, e si è scoperto in Napoli circa la cotanto decantata Società dei Liberi Muratori detti da Francesi Massoni alla cons. l'anno 1751. Eccezionale documento manoscritto, anonimo, ventisei pagine 8° gr. (undici carte singole vergate al recto e al verso, cinque delle quali strappate a metà senza che ciò leda il testo; e un bifolio interamente vergato) fittamente e ordinatamente vergate (anche se l'estensore afferma di aver scritto corrente calamo senza aver prima redatto un brogliaccio del testo), su carta filigranata del Regno di Napoli. La data è apposta dall'estensore alla prima e ripetuta all'ultima pagina; e non è certo priva di importanza, perché proprio l'anno precedente le Logge massoniche erano state chiuse, nel Regno; e dinnanzi al Sovrano era stato addirittura tradotto Raimondo di Sangro Principe di Sansevero e Gran Maestro di allora - anzi, Supremo Architetto, secondo la nomenclatura qui adottata. Il manoscritto proviene proprio dallo strettissimo entourage del Principe, leggendario personaggio della più torbida storia (e aneddotica) del tempo: ed è un esempio eccezionale di "dissimulazione onesta" (secondo i dettami, del secolo precedente, del trattato omonimo di Torquato Accetto). Il testo fa cioè le mosse di condannare l'istituzione massonica - onde evitare, s'immagina, le forche della censura borbonica - (Ha piacciuto al sommo Iddio che finalmente sii stato scoperto la gran mina di liberi muratori o sieno Franci Massoni), ma in realtà intende tramandare al lettore il ricordo, nitido, di una libera associazione di pensatori che, nel momento di massimo pericolo, si stringono in social catena. Ma naturalmente, ai nostri occhi, il manoscritto si segnala soprattutto per l'insight, quanto mai intimo, nelle procedure e nelle costumanze - allora avvolte dal più fitto segreto - della Massoneria del tempo: e in effetti lo si può considerare di gran lunga la fonte più antica e importante, al riguardo, se si fa eccezione della sola, celebre Relazione della Compagnia dei Liberi Muratori di Valerio Angiolieri Anticozzi, 1746. Concorda in particolare con quest'ultimo testo, il nostro manoscritto, riguardo all'organigramma e alla suddivisione amministrativa (ricalcata sui principi esoterici) della Massoneria in sette Classi o Logge, in ordine gerarchico crescente: è prevista una sola Settima Loggia per Regione, e questa è composta da undici persone, sette Primi Assessori più quattro Segretari; ogni Provincia annovera invece una Quinta Loggia (come quella patrocinata dal Principe di Sansevero); i gradi sono, partendo dall'alto, Assessore, Gran Maestro, Architetto, Esecutore, Fabbro, Novizio e Proselita. Il resto del manoscritto si snoda - utilizzando l'artificio di riportare, con distacco, le opinioni dei Liberi Muratori - come lunga e appassionata apologia della Massoneria: svolto da chi è perfettamente a giorno dell'argomento: tanto dal punto di vista storico che esoterico. L'interesse è ovviamente massimo." Vedi la fonte.

 

Manoscritto Originale di modifiche alla Supplica di Raimondo Di Sangro a Benedetto XIV

 

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Riferimenti
 
 
 
"Opuscoli e lettere familiari", di Antonio Genovesi
"Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli", di Domenico Martuscelli
"Napoli antica e moderna", di Domenico Romanelli
"Saggio storico-critico sulla tipografia del Regno di Napoli, di Lorenzo Giustiniani





 

Un Trucco da Gran Maestro
La Superloggia Inquietante ed il Tempio Massonico
del Principe di Sansevero

in rivista "Abstracta", anno I n. 6 ,1986


 

UNA BOLLA PAPALE, L'EDITTO DEL RÈ, LA DELAZIONE DI UN PRINCIPE E LA MASSONERIA NAPOLETANA SI SGRETOLA. MA OGGI UNA LETTERA INEDITA DI RAIMONDO DE SANGRO RIVELA CLAMOROSAMENTE UNA TRIPLICE INTESA, UNA SUPERLOGGIA INQUIETANTE ED IL GRANDE ARCANO NASCOSTO NELLA CAPPELLA SANSEVERO.

Napoli, luglio 1751: da palazzo Reale è reso pubblico l'editto di Carlo di Borbone che condanna la Massoneria e tutti i suoi affiliati. Un atto storicamente rilevante e clamoroso, ma che negli ambienti più vicini alla corte e nei salotti partenopei non sorprende nessuno. Una decisione da oltre un mese data per scontata: solo questione di giorni, da quando il Papa Benedetto XIV a fine maggio ha emanato in merito una Bolla di scomunica che ribadisce le distanze tra cattolici e Liberi Muratori, nella via indicata dallo scomparso Clemente XII. La burrasca si abbatte sulle Logge del regno; una serie di delazioni fornite proprio dal Gran Maestro Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero, mette allo scoperto uomini e rituali; la Società che appariva unita e folta, si sgretola sotto l'imprevista pubblicità e la paura delle condanne regie e pontificie. Questa, più o meno, la storia a lieto fine ricostruita dagli studiosi delle società segrete del '700. Ma, per il resto? Come spiegarsi il testo della Bolla che, a ben guardare, lascia intravedere ampi margini di «comprensione» verso la Muratoria e ne incrina così la volontà punitiva? Come intendere il comportamento, tanto poco carismatico, del Gran Maestro Principe di Sansevero, irriguardoso del Segreto massonico al primo intorbidirsi di acque? Quale coerenza nel de Sangro che aveva, tra l'altro, tradotto e dato alle stampe Il Conte di Gabalì, un'opera esoterica rosacrociana, messa all'Indice nel 1712, che gli aveva procurato gesuitici anatemi? (1) E perché la commissione d'inchiesta istituita dal Rè somiglia ad un tribunale scarpettiano (le poche pene che commina sono simboliche) ed i risultati delle indagini vengono minimizzati? Che cosa mancava ad una comprensione completa (e verosimile) dei fatti massonici che si susseguirono nel Regno delle Due Sicilie nella seconda metà del 1751?
Una lettera indirizzata nel novembre 1753 dal massone «pentito» don Raimondo al barone Tschudy (2), può aiutarci a chiarire molti punti oscuri. Il manoscritto lo abbiamo ritrovato, in occasioni del tutto Singolari, nell'archivio privato di Francesco Gaeta, letterato e giornalista napoletano, massone disilluso e assonnato, scomparso nel 1927 in circostanze drammatiche. Delle fasi di recupero del documento, delle verifiche preliminari di controllo (3) e della sua capillare opera d'interpretazione, si parla in un nostro recente saggio, di cui la lettera autografa è il pezzo forte (4). Vediamo, in breve, di chiarirne il contenuto e la portata rivelatrice. Sulla figura di Raimondo De Sangro  la nostra rivista Abstracta ha già ospitato un articolo (vedi n. 2, febbraio) che illustra le nostre ultime ricerche sulla sua vita e sulla sue molteplici attività di scienziato, alchimista, mecenate, scrittore, inventore: genio eclettico del '700 europeo che univa ad un innegabile talento creativo, una cultura enciclopedica ed una fantasia bizzarra (5). Ma sull'identità massonica di don Raimondo, protagonista di vicende anche altrettanto confuse, le fonti ufficiali hanno detto poco, o male. Procediamo con ordine. Sono trascorsi poco più di due anni dallo scandalo che ha coinvolto, nel Regno, la Massoneria. Il Principe di Sansevero invia all'amico Tschudy (nascosto nei suoi possedimenti pugliesi, in attesa di tempi migliori) una lunga lettera personale in accompagnamento d'un voluminoso manoscritto contenente un insieme di rituali, capitoli, tavole e ragguagli storici sull'Ordine dei Liberi Muratori, da lui revisionato: un catechismo noto col nome del "Curioso Dilettante", da ricopiare e distribuire in tutte le Logge. Dando disposizione di aggiungervi un atto d'accusa nei suoi confronti ("mi si faccia uno sfacciato pubblico torto..."), per accentuarne l'immagine di Fratello delatore e spergiuro, così come è giunta fino a noi. Dunque, non soltanto il de Sangro non ha mai chiuso con la Massoneria, ritirandosi in buon ordine dopo la Bolla e l'Editto, ma le sue immediate rivelazioni e l'acrimonia dei Fratelli sono uno stratagemma fuorviante per allontanare ogni sospetto dalle mai interrotte attività dell'Ordine. Tutto per difendere la segretezza e l'incolumità della Loggia più prestigiosa ed attiva dell'intera organizzazione meridionale: quella Loggia de Sangro, di cui fi no ad oggi era trapelato soltanto il numero degli affiliati (abnorme, 280). In realtà, la confraternita personale di don Raimondo si chiama Rosa d'Ordine Magno (che è poi l'illuminante anagramma del Sansevero) : i molti iscritti, anche a titolo onorifico, mobilitati in mezza Europa tra personalità molto in vista, ne fanno una vera e propria superloggia. Qualche nome: dal canonico Peggi, intimo del Papa (massone anche Benedetto XIV, confer ma Raimondo, e col grado elevatissimo di Cavaliere Kadosh), al confessore privato del Rè Carlo, Benedetto Latilla; dall'architetto di Federico il Grande, Knobeisdorff, al reverendo celestino Giuseppe Orlando (che il rè incaricherà d'una relazione sulla... eventuale natura eversiva della Massoneria)... La superloggia di Raimondo de Sangro, simile a piovra, getta i suoi tentacoli ovunque, a Napoli, a Roma, in Francia, in Prussia. Dunque, accusatori (Benedetto e Carlo) ed accusato (il Principe) non fanno altro che recitare una commedia trasformata in dramma per la Storia, mentre tra di loro hanno intrecciato una proficua triplice intesa, frutto di una reciproca stima e di interessi e studi non dissimili. Ma la Loggia messa su dal Principe con paziente amore e competenza non va considerata insieme alle altre, perché non è come le altre. Superloggia, anche per il suo particolare carattere iniziatico, in cui penetrano gli insegnamenti di scuole misteriche antiche: mitraiche, pitagoriche, neoplatoniche, ma confluenti nel sincretismo della vera Rosacroce e del Templarismo; Loggia nata con l'intento di serbare uno sconcertante segreto: quello della Stirpe Universale che, partendo dall'albero genealogico dei de Sangro, via via a ritroso nei tempi, intrecciandosi con la Storia e la Leggenda, mai perde di vista il mitico Graal e ne segue da vicino le vicende terrene. E «segreto» personale del Principe di Sansevero è invece universale. È lì, sotto gli occhi di tutti, ribadito tra le statue della misteriosa ed affascinante Cappella Gentilizia, ma mai interpretato.

 

 

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Quindi, i Fratelli e le Logge scoperti dalle rivelazioni del 1751 non sono mai stati colti di sorpresa, bensì hanno fatto da paravento nei confronti della Rosa d'Ordine Magno, e da parafulmine contro gli avversali dentro e fuori del Regno. La delazione minima spontaneamente effettuata dal Gran Maestro basta a tacitare quella irriducibile parte del clero (con in testa l'arcivescovo napoletano Spinelli ed il pestifero predicatore Padre Pepe) che vorrebbe far piazza pulita e vede diavoli dapper utto. Ma la lettera autografa di don Raimondo de Sangro, composta per metà - precauzionalmente - in uno strano cifrario alchemico, in un ingegnosissimo codice rosacrociano, a cui s'aggiungono anagrammi e disegni, diventa ancor più preziosa quando passa a chiarire il grande Arcano racchiuso nel suo Tempio Gentilizio dai segni ineffabili. Vero rompicapo per gli studiosi di ogni tempo, la Cappella Sansevero, tra i monumenti più noti nel Centro antico di Napoli, nella sua complessa chironomia petrea dai significati simbolici celati in artifici iconografici, in statue pregnanti di gaia scienza con allegorie d'alto valore cabbalistico: il Principe ripone i segreti della sua conoscenza in sculture, basamenti, colonnine e medaglioni di un edificio in cui "lo spirito vivifica e la lettera muore". Ma come leggere l'intero complesso, se ogni tentativo d'interpretazione coerente e totale (6) spuntava le sue armi dinanzi alle incongruente presentì qua e là? La chiave dell'enigma, manco a dirlo, si trova nella lettera allo Tschudy, amico, massone ed alchimista: "... nel Veritiero T'empio (fermo il Dragone verde e 90 ruota la Lancetta SO.M) e (nascerà alfa e omega) Sepolcrale de' miei Antenati. Dunque, per la corretta lettura del Monumento, è necessario far ruotare di 90° (nell'originale il 90 è inserito in un compasso disegnato) i punti cardinali: eccetto l'Est (7). Trovatesi ad operare su punti prefissati di una chiesa già eretta dai suoi antenati, più che smantellare e ricostruire, don Raimondo s'adegua, inventandosi un'ideale rotazione delle statue, il Cosmo Arcano di Raimondo de Sangro, il suo Tempio massonico, è perfetto. In tal modo il Grande Arcano della Cappella Sansevero disvela: i dieci Sephirò di dell'Albero della Vita sono suddivisi cinque ad Est e cinque ad Ovest, l'iter alchemico si svolge statua per statua e si configura cosi l'edificio muratorio. Ecco lo schema "del mio veritiero Tempio costruito ad Arte per Arte, secondo i segreti de' Regi', secondo le indicazioni dello stesso Principe e l'individuazione ermetico-cabbalistico-massonica. Invitiamo il lettore a soffermarsi sulle piantine ed a confrontarle (8). Qui siamo costretti, per ovvi motivi di spazio, ad offrire l'intero commento di una statua soltanto; ma nel nostro libro sono ampiamente esaminati i singoli complessi scultorei, lettura astrologica compresa.


DEFINIZIONI DEL PRINCIPE nella lettera a Tschudy

1) Altare = Io sono Rum Molh.
2) Desinganno = II seme del Maschio distrugge gli ambigui libri.
3) Pudicizia velata = Generatrix. Gallina. Rosa Aequitatis. Sapientia Salomonica.
4) Sincerità = Ermete frater sororque, per la morte del Drago.
5) Benevolenza coniugale = Uccelli s'istruiscono maria ed il calore di fiamma. Potere Sovrano del Rebis.
6) Zelo religione = Antico Saggio Giove Amimone fa d'acqua Fonte.
7) Dominio di Sé = Legato è il Leone in attesa del Simile, Fuoco contro Legge.
8) Liberalità = Primiera Guida, geometrizza e chiude il Tempio.
9) Educazione = Guida seconda ai Figli degli Dei.
10) Decoro = Primiera Colonna di Colui il quale stabilirà. Sole e Luna fecondanti per il Santo Vello.
11) Amor Divino = Forza di Dio. Sposa del Vello, del fumo bianco, della bell'acqua.
12) Cecco = Sigalione Sphingis Solis Sapientibus. Acqua dell'Aria e sonerà il trionfo.
13) Cristo Velato = Non piangete, sono Unico della stessa Natura di mio Padre e torno a mia Madre col mio due volte volto. Or son degno d'Iram. Osiride, Dumziabzu. Il mio Lignaggio Universale si perpetua nel Sangue della mia Stirpe.


Note

(1) "II Conte di Gabalì" dell'abate Montfaucon de Villars, edito dal Sansevero, è stato ristampato in edizione anastatica dalla ECIG (Genova) con note e commento di Cario Animato e Clara Miccinelli.
(2)Henry Theodor Tschudy, barone e cadetto nel reggimento di Svizzeri al servizio del Re di Napoli, amico e discepolo del Principe di Sansevero, godrà di gran rinomanza nell'Europa massonica della seconda metà del '700, per aver dato vita ad un sistema muratorio avente come basi principali la ricerca alchemica e l'ermetismo.
(3) L'autenticità della grafia del Principe, della carta e dell'inchiostro dell'epoca, è garantita dall'esame del dott. Luigi Altamura, perito grafoscopico presso il Tribunale del Vicariato di Roma e la Corte d'Appello di Napoli.
(4) Clara Miccinelli, E Dio creò l'uomo e la Massoneria: i documenti segreti, la Superloggia inquietante e tutti. gli Arcani del Tempio di Ramando de Sangro, Principe di Sansevero, Ed. ECIG, Genova, 1985.
(5) Sulla vita, il pensiero e l'opera di Raimondo de Sangro, si rimanda ai due volumi di Clara Miccinelli "D Principe di Sansevero - Verità e Riabilitazione" e "D Tesoro del Principe di Sansevero - Luce nei sotterranei", entrambi editi dalla ECIG di Genova.
(6) A questo proposito il volume "E Dio creò..." contiene una guida storico-artistica di Carlo Animato e brevi appunti alla Massoneria nel Regno di Napoli, redatti da Giorgio Conti.
(7) Nella simbologia cinese l'Est è indicato come Dragone Verde.
(8) In Dio creò l'uomo..., op. cit., sono riportate le piantine relative a: 1) planimetria del Tempio Sansevero qual'è oggi; 2) pianta con le sculture fondamentali della Cappella prima della loro rotazione; 3) pianta dopo la rotazione delle statue a 90°; 4) pianta esemplificativa di Tempio Massonico. Questi grafici, realizzati dalla prof. Pina Savarese, esemplificano come, attraverso la rotazione di 90°, il Tempio Sansevero si riveli un Tempio Massonico

 

 

Pubblicazioni

 

Vedasi di Luigi Braco "L'Alchimia di Partenope" e "Arcana Partenope" ed. Tipheret

Raimondo di Sangro, "Lettera apologetica", a cura di Leen Spruit, Alòs, Napoli, 2002
Raimondo di Sangro, "Supplica a Benedetto XIV", a cura di Leen Spruit, Alòs, Napol, 2006.
Sergio Attanasio, "In Casa del principe di Sansevero-Architettura , Invenzioni, Inventari", Alòs, Napoli 2011
Giuliano Capecelatro, "Un sole nel labirinto, storia e leggenda di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero", il Saggiatore 2000, ISBN 88-428-0712-5.
Elio Catello, "Giuseppe Sanmartino (1720-1793)", Milano, Electa 2004, ISBN 88-510-0225-8.
Alessandro Coletti, "Il Principe di Sansevero", De Agostini 1988.
Mario Fiore, "I De' Sangro feudatari in Capitanata", Volume Secondo, Comune di Torremaggiore, 1971.
Domenico Vittorio Ripa Montesano, "Raimondo di Sangro Principe di San Severo primo Gran Maestro del Rito Egizio Tradizionale" . Napoli, 2011
Clara Miccinelli, "Il Principe di Sansevero, verità e riabilitazione", SEN 1982.
Clara Miccinelli, "Il tesoro del Principe di Sansevero", ECIG 1985.
Raimondo di Sangro "Il lume eterno" (da "Dissertation sur un Lampe antique trouvé à Munich en l'année 1753. Ecrite par M.r le Prince de St. Severe pour servir de fluite a la prémière partie de ses Lettres à M.r l'Abbé Nollet à Paris"), Bastogi 1993.
Lina Sansone Vagni, "Raimondo di Sangro Principe di San Severo", Bastogi 1992.
Mario Buonoconto, "Viaggio fantastico", Alos 2001.
Lino Lista, "Raimondo di Sangro, il Principe dei veli di pietra", Bastogi 2005.
Alberto Macchi, Irene Parenti, "Atto unico teatrale tra realtà e ipotesi", AETAS, Roma 2006, Note
Antonio Emanuele Piedimonte, "Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, La vita, le opere, i libri, la Cappella, le leggende, i misteri". Con un saggio di Sigfrido Höbel. edizioni Intra Moenia, Napoli, settembre 2012


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