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ricerche a cura del dott. Luigi Braco Vedi anche il film VITRIOL
Un'Infanzia Difficile
Giuseppe Balsamo, nato da Pietro Balsamo, un
venditore palermitano di stoffe, e da Felicita Bracconeri, fu battezzato l'8
giugno 1743 con i nomi di Giuseppe, Giovanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio
e Matteo. Il padre morì poco tempo dopo la sua nascita e Giuseppe fu accolto
nell'istituto per orfani di San Rocco dove compì i primi studi, seguito dalla
cura degli Scolopi. Da quel collegio Giuseppe fuggì più volte, a testimonianza
di un carattere giudicato ribelle a ogni educazione: per questo motivo la
famiglia pensò bene di affidarlo, nel 1756, al convento dei Fatebenefratelli di
Caltagirone, affinché vi temperasse l'indole e vi imparasse un mestiere; così,
nel convento, che era annesso all'Ospedale dello Spirito Santo, Giuseppe si
interessò di erbe medicinali, delle loro proprietà e delle tisane utilizzate
dalla medicina dell'epoca, una conoscenza che gli tornerà utile negli anni a
venire. Non è chiaro se scappò anche dal convento o se semplicemente vi fu
dimesso; in ogni caso, tornato a Palermo, si rese responsabile di una truffa ai
danni di un orafo, e per sottrarsi ai rigori della giustizia, sarebbe fuggito a
Messina, dove avrebbe conosciuto un certo Altotas, forse un greco o forse uno
spagnolo, con il quale avrebbe viaggiato in Egitto, a Rodi e a Malta, e che
Cagliostro indicò come suo primo maestro, che l'avrebbe introdotto, nel 1766,
nell'Ordine dei Cavalieri di Malta; queste notizie furono tuttavia fornite da
Cagliostro in un suo Memoriale del 1786, nel quale egli intendeva sostenere la
leggenda di una sua eccezionale formazione spirituale e vanno pertanto ritenute
altamente improbabili: quello che è certo, è che sulla figura dell'Altotas la
storia non ha mai fatto alcuna luce.
Il Matrimonio
Nel 1768 il Balsamo è a Roma e vi è arrestato per una rissa nella Locanda del
Sole, in piazza del Pantheon: dopo tre giorni, è rilasciato grazie
all'intervento del cardinale Orsini, il maggiordomo del quale, don Antonio Ovis,
aveva nel frattempo conosciuto. È ancora nel 1768, il 21 aprile, che Balsamo si
sposa nella chiesa di San Salvatore in Campo con Lorenza Serafina Feliciani, una
bella ragazza nata l'8 aprile 1751, analfabeta, figlia di un orafo. Il
certificato di matrimonio è tuttora conservato e attesta che il Nostro si chiama
effettivamente Giuseppe Balsamo ed è figlio del fu Pietro, palermitano: non vi è
traccia di alcun titolo nobiliare, né in particolare del nome di Cagliostro.
A Roma il Balsamo, discreto disegnatore, vive falsificando documenti in
complicità con due conterranei, un sedicente marchese Alliata e un certo Ottavio
Nicastro, che morirà impiccato per aver ucciso l'amante. È proprio quest'ultimo,
insieme con il suocero di Cagliostro, a denunciarlo come falsario e allora
Giuseppe e Lorenza, con il marchese, abbandonano Roma per un lungo viaggio che
li porta fino a Bergamo: qui, continuando la prediletta attività di truffatori,
vengono entrambi arrestati, mentre l'Alliata riesce ancora a fuggire.
Rilasciati, si trasferiscono in Francia - ad Aix-en-Provence conoscono Casanova,
che definisce Balsamo «un genio fannullone che preferisce una vita di vagabondo
a un'esistenza laboriosa» - e ad Antibes, dove con i proventi della
prostituzione di Lorenza, si procurano il denaro per raggiungere, nel 1769,
Barcellona. Anche qui Lorenza viene spinta dal marito nell'accogliente letto di
ricchi personaggi: insieme con uno di questi, un tale marchese di Fontanar,
raggiungono alla fine dell'anno Madrid: mantenuti nel palazzo del marchese,
cercano intanto di guadagnare l'amicizia di influenti personalità della capitale
spagnola. Cacciati alla fine di casa, nel 1770 si trasferiscono a Lisbona, dove
Lorenza diviene l'amante del banchiere Anselmo La Cruz. L'anno dopo la coppia è
a Londra: qui Cagliostro cerca perfino di guadagnarsi la vita onestamente
disegnando pergamene, ma con poco successo e ancor meno profitto; perciò, con la
complicità di un altro sedicente marchese, un siciliano di nome Vivona,
organizza un ricatto ai danni di un ingenuo quacchero che, spinto ad amoreggiare
dalla compiacente Lorenza, viene sorpreso da Cagliostro che, fingendosi
scandalizzato per il tradimento della moglie, pretende che il suo onore debba
essere risarcito soltanto con un'abbondante somma di denaro. Derubato però
dall'infido complice, il Balsamo, rimasto insolvente con la padrona di casa,
deve fare la conoscenza anche delle galere londinesi; ma il ricco sir Edward
Hales, conosciuto, si può immaginare come, da Lorenza, lo tira fuori dal carcere
pagandogli i debiti e, illudendosi che Cagliostro sia un bravo pittore, lo
incarica di decorargli alcune sale del suo castello: naturalmente, veduti i
disastrosi risultati dell'improvvisato affrescatore, lo caccia via, senza
immaginare che l'italiano, tra una maldestra pennellata e l'altra, gli ha
intanto sedotto la figlia. Seguendo un vecchio copione, emigrano nuovamente:
imbarcati il 15 settembre 1772 per la Francia, durante il viaggio conoscono
l'avvocato francese Duplessis, amministratore dei beni della marchesa de Prie e,
sulla traccia di quello stesso copione, giunti a Parigi e alloggiati nel palazzo
de Prie, Lorenza diviene l'amante prezzolata del Duplessis sotto lo sguardo
compiaciuto del disinvolto marito. Ma questa volta si assiste a un colpo di
scena: Lorenza sembra voler cambiar vita, sistemarsi con quell'avvocato che,
oltre a godere di notevoli rendite, appare perfino innamorato di lei. Rompe così
con Cagliostro e, se non convive apertamente col Duplessis, perché una tale
iniziativa, per una donna legalmente coniugata, costituirebbe un reato, va ad
abitare in un alloggio pagato dall'avvocato e, con l'approvazione della
marchesa, denuncia Cagliostro per sfruttamento della prostituzione. A seguito
della controdenuncia del Balsamo per abbandono del tetto coniugale, Lorenza è
arrestata e passa quattro mesi nelle carceri parigine di Sainte-Pelagie; pur di
uscirne, nel giugno del 1773, ritira la denuncia e ritorna col Cagliostro. Nuovi
viaggi: Belgio, Germania, Italia, Malta, Spagna e infine, nel luglio 1776,
nuovamente a Londra.
Cagliostro: Massone, Mago, Alchimista e Guaritore
Anche se adottò definitivamente il nome di Alessandro Cagliostro, a Londra la
sua vita non mutò: entrò e uscì dal carcere a causa di diverse truffe consumate
- predizioni sui numeri estratti nel gioco del lotto o sottrazione di gioielli
ai cui proprietari faceva credere di aumentarne il valore grazie alle proprietà
miracolose di una polvere di sua invenzione - finché, il 12 aprile 1777 decise
di iniziarsi, insieme con la moglie, alla Massoneria, nella loggia "L'Espérance",
sita in una taverna di Soho. Il Castello di Jelgava, di Bartolomeo Rastrelli,
1738Passati in Olanda, i due coniugi sono accolti a L'Aja nella loggia L'Indissoluble;
sembra che il suo lunghissimo discorso, tenuto in una lingua in cui sono
presenti parole di tutta l'Europa senza che nessuna sia pronunciata
correttamente, abbia avuto grande successo e anche la moglie, che ora si chiama
Serafina, contessa di Cagliostro, è riconosciuta valente massone. Ma era tempo
di frequentare paesi nuovi: nel 1779 sono in Germania e poi in Curlandia, parte
dell'attuale Lettonia, nella capitale Mitau, oggi Jelgava. Spacciatosi per
colonnello spagnolo, tiene riunioni in cui fa credere di appartenere a una
società segreta, organizzata secondo cinque livelli di elevazione spirituale, di
avere e di far avere visioni mediante l'idromanzia, di evocare spiriti, di
essere un sapiente la cui conoscenza si trovava In verbis, in herbis, in
lapidibus, nella parole, nelle erbe e nelle pietre, il motto della sua setta.
Semianalfabeta e improvvisatore, commette inevitabili errori di gusto, come
quando dichiarò di essere in grado di soddisfare, con un sortilegio, qualunque
desiderio sessuale o quando sostenne di essere figlio di un angelo. A San
Pietroburgo viene diffidato dall'ambasciatore di Spagna a non spacciarsi per
spagnolo e un suo documento, col quale voleva attestarsi come un Rosacroce,
viene riconosciuto per falso. Si presenta anche come taumaturgo e ha
l'accortezza di non farsi pagare dai poveri - solo dai ricchi - e se non ottiene
nessuna guarigione, si guadagna simpatia e popolarità; ma basta l'inimicizia o
l'incredulità di un potente per costringere i due italiani a partire: e così,
nel maggio 1780, Giuseppe e Lorenza sono a Varsavia. Il massone, appassionato di
alchimia, principe Adam Pininsky, lo ospita illudendosi che Cagliostro sia in
grado di trasformare il piombo in oro: a questo scopo gli affianca il
confratello massone August Moszynsky negli esperimenti di laboratorio. Questi
pubblicherà nel 1786 un libretto sull'esperienze alchemiche del Nostro,
riferendo come Cagliostro ottenesse l'oro dal piombo semplicemente sostituendo
il recipiente contenente il piombo con un altro eguale contenente l'oro. A
questo prevedibile infortunio si aggiunge quello scoperto ai danni di una
ragazza, da lui sessualmente molestata, con la quale si era altresì accordato
per la riuscita di altrimenti improbabili evocazioni spiritiche. L'esperienza
polacca, come consuetudine, si conclude con la partenza improvvisa, il 26 giugno
1780, per la Francia.
A Strasburgo si accontenta di fingersi medico: se le sue tisane a base di erbe, la cui ricetta si è conservata, si rivelano semplici placebo, le guarigioni di cancrene ottenute bevendo liquori sono naturalmente fantasie propalate da lui stesso, che ottenevano tuttavia l'unico effetto che realmente gli premesse: presentarsi al pubblico di tutta l'Europa come l'unico uomo capace di risolvere - a pagamento - qualsiasi problema. E la sua fama toccò il culmine proprio in quel decennio del secolo. Louis René Édouard de Rohan, creato cardinale il 1° giugno 1778 da Pio VI, ricchissimo e altrettanto prodigo, di bell'aspetto e molto galante con le donne, di piacevole e leggera conversazione ma vanesio, di modesta cultura e di scarsa intelligenza, era stato a lungo ambasciatore di Francia a Vienna dove commise una grave gaffe diplomatica: descrisse l'imperatrice Maria Teresa come un'insopportabile ipocrita in una lettera inviata al duca d'Aiguillon, il quale la mostrò alla sua amante, la duchessa Du Barry, che a sua volta la fece leggere a Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa e prossima regina di Francia. Così, quando Luigi XVI e Maria Antonietta salirono sul trono francese, nel 1774, il Rohan perdette il posto di ambasciatore ma non il consueto buonumore, dal momento che le sue rendite continuarono ad aumentare ugualmente e le sue avventure galanti rimasero numerose come prima. Il cardinale, che passava buona parte dell'anno a Strasburgo, saputo della presenza in città di Cagliostro, lo invitò a palazzo e ne fu conquistato. Appassionato di alchimia, credette di ravvisare in Cagliostro un maestro; ritenendolo un infallibile medico, lo condusse con sé a Parigi perché si prendesse cura del cugino, il maresciallo Charles de Rohan, il quale, per sua fortuna, guarì senza dover ricorrere alle improbabili medicine dell'italiano.
Anni dopo Cagliostro cercherà di servirsi dell'influenza del
cardinale per far legittimare dal papa, come fosse un qualsiasi Ordine
religioso, il proprio "Rito Egizio", una curiosa specie di Ordine massonico-religioso, che egli dirà di aver fondato a Bordeaux nel 1784. A
conclusione del solito lungo tour che doveva portarlo in Inghilterra attraverso
Napoli, Roma e la Costa Azzurra, giunto a Bordeaux l'8 novembre 1783, in maggio
si ammalò e, forse in un delirio febbrile, come è scritto nel Compendio del suo
processo, «si vide prendere per il collo da due Persone, strascinare e
trasportare in un profondo sotterraneo. Aperta quivi una porta, fu introdotto in
un luogo delizioso come un Salone Regio, tutto illuminato, in cui si celebrava
una gran festa da molte persone tutte vestite in abito talare, fra le quali
riconobbe diversi de' suoi Figli Massonici già morti. Credette allora di aver
finiti li guai di questo mondo e di trovarsi in Paradiso. Gli fu presentato un
Abito talare bianco, ed una Spada, fabbricata come quella che suol
rappresentarsi in mano dell'Angelo Sterminatore. Andò innanzi ed abbagliato da
una gran luce, si prostrò e ringraziò l'Ente Supremo di averlo fatto pervenire
alla felicità; ma sentì da un'incognita voce rispondersi: Questo è il presente
che avrai; ti bisogna ancor travagliare molto; e qui terminò la Visione».
Grazie a questa visione, che in verità sembra essere stata inventata lì per lì a
uso e consumo dell'inquisitore che lo interrogava, Cagliostro si sarebbe
convinto di avere la missione di fondare la Massoneria di Rito Egizio - l'Egitto
era allora un paese praticamente sconosciuto e pertanto ricco di un misterioso
fascino esotico - che avrebbe dovuto assorbire ogni altra. Si elegge Gran Cofto
e crea la moglie - ora chiamata principessa Serafina e Regina di Saba - Grande
Maestra del Rito d'adozione, cioè della Loggia riservata alle donne; fatta
risalire l'origine di tale massoneria ai profeti biblici Enoch ed Elia, secondo
una tradizione che vedeva nell'intervento di quei due profeti la premessa a un
radicale mutamento della vita, con la successiva venuta di un "papa angelico" o
dello stesso Cristo, Cagliostro sosteneva che scopo del Rito Egizio fosse la
rigenerazione fisica e spirituale dell'uomo, il suo ritorno alla condizione
precedente alla caduta provocata dal peccato originale, ottenuta, dal Gran Cofto
e dai dodici Maestri che lo avrebbero assistito, con ottanta giorni di attività
iniziatiche.
Per i nuovi aderenti, naturalmente, i tempi per raggiungere la perfezione
sarebbero stati molto più lunghi: solo al dodicesimo anno di appartenenza,
sarebbero potuti diventare maestri e prendersi cura dei nuovi iniziati. Ma solo
lui, il Gran Cofto, rimaneva depositario di un mysterium magnum il cui contenuto
è rimasto effettivamente avvolto nel mistero.
Con questo ambizioso programma Lorenza e Giuseppe, il quale per l'occasione si
fa chiamare conte Phenix, giungono il 20 ottobre 1784 a Lione, dove esistono
numerose Logge massoniche; Cagliostro riesce a procurarsi fra di esse i dodici
maestri che gli abbisognavano subito e, comprato un terreno nell'attuale avenue
Morand, provvede a far costruire la sede della sua Loggia, "La sagesse
triomphante". I lavori erano ancora in corso quando i due coniugi partirono per
Parigi, decisi a raggiungere il traguardo finale: il riconoscimento, da parte
della Chiesa cattolica, del suo Rito Egizio.
Giunti a Parigi il 30 gennaio 1785, prendono un alloggio nel Palais Royal, di
proprietà del duca Luigi Filippo II di Borbone-Orléans (1747-1793), Gran Maestro
della Massoneria francese e futuro Filippo Egalité, fonda in fretta due Logge,
una per gli uomini e l'altra per le donne, entrambe frequentate da
aristocratici. Tutto sembra andare per il giusto verso quando un evento
inaspettato mandò all'aria i suoi piani.
Lo Scandalo della Collana
Maria Antonietta nel 1786È nota la vicenda passata alla storia come lo scandalo
della collana: nel 1774 il gioielliere di corte Boehmer aveva realizzato una
elaboratissima collana di diamanti, del valore di 1.600.000 livres - poco meno
di cento milioni di euro - una somma che forse solo una regina avrebbe potuto
spendere, ma Maria Antonietta rifiutò l'acquisto. A questo punto entrarono in
gioco due avventurieri, il conte e la contessa de la Motte, che organizzarono
una truffa ai danni del cardinale de Rohan, convincendolo ad acquistarla per
farne dono alla regina, riconquistandone così la sua amicizia - e forse anche
altro - perduta dopo la gaffe da lui commessa nei confronti di Maria Teresa,
madre della regina francese. La collana, consegnata dall'inconsapevole cardinale
a un complice dei due aristocratici imbroglioni, finì nelle mani del conte de la
Motte, che cercò di venderla, smembrata, in Inghilterra ma la truffa fu scoperta
e i colpevoli arrestati: la contessa de la Motte, per attenuare le sue
responsabilità, accusò Cagliostro di essere l'ideatore del raggiro. Arrestato
con la moglie il 22 agosto 1785, Cagliostro fu incarcerato nella Bastiglia. Fu
difeso dai migliori avvocati di Parigi, uno dei quali lo aiutò a scrivere in
francese un suo Memoriale, di fatto un riassunto del tutto inattendibile della
sua vita dalla nascita al suo arresto. Il 31 maggio 1786 il Parlamento di Parigi
riconobbe l'innocenza dei due italiani, insieme con quella del cardinale, ma una
lettre de cachet del re ordinò loro di lasciare Parigi entro otto giorni e la
Francia entro venti; e così, il 19 giugno, Lorenza e Giuseppe s'imbarcarono da
Boulogne per Dover.
Il Declino
A Londra Cagliostro dovette fronteggiare una campagna di stampa scatenata contro
di lui dal Courier de l'Europe, un giornale controllato dal governo francese,
che per tre mesi rivangò il burrascoso passato di Cagliostro e Serafina, anzi -
il giornalista Theveneau, l'autore degli articoli, era effettivamente ben
informato - di Giuseppe Balsamo e di Lorenza Feliciani, le sue origini oscure,
l'uso di molti nomi e di molti titoli, i veri e presunti imbrogli e i non rari
arresti; Cagliostro, nel novembre 1786, rispose con la Lettera del conte di
Cagliostro al popolo inglese per servire in seguito alle sue memorie in cui
ammetteva: «non sono conte, né marchese, né capitano. La mia vera qualifica è
inferiore o superiore a quelle che mi sono state date? È ciò che forse un giorno
il pubblicò saprà! Intanto, non mi si può rimproverare d'aver fatto quel che
fanno i viaggiatori che vogliono mantenere l'anonimato. Gli stessi motivi che mi
hanno indotto ad attribuirmi vari titoli, mi hanno condotto a cambiare più volte
il mio nome [...] Nessun registro di polizia, nessuna testimonianza, nessuna
inchiesta della polizia della Bastiglia, nessun rapporto informativo, nessuna
prova hanno potuto stabilire che io sia quel Balsamo! Nego di essere Balsamo!».
Il Castello di BienneMa intorno a lui si va facendo il vuoto: lasciata Londra
per Hammersmith nel marzo del 1787, dà lezioni di alchimia e subisce altri
infortuni: un suo allievo sostituisce, a sua insaputa, il metallo che Cagliostro
doveva "trasmutare" con del semplice tabacco e stranamente la trasmutazione si
verifica lo stesso, con gran scandalo dell'allievo che gli rinfaccia la truffa,
mentre intanto i suoi collaboratori massoni di Lione lo rimproverano di spendere
per sé il denaro della Loggia. È nuovamente tempo di cambiare aria: il 5 aprile
1787, questa volta senza la moglie, raggiunge Bienne, in Svizzera. Mentre è
ospite del banchiere Sarasin, Lorenza, che è rimasta a Londra per liquidare i
beni lì posseduti, viene avvicinata dal giornalista del Courier de l'Europe, al
quale raccontò di maltrattamenti subiti dal marito e degli impedimenti che lui
le poneva di professare la religione cattolica. Una volta raggiunto Cagliostro
in Svizzera, Lorenza ritrattò tutto pubblicamente ma tutto riconfermò in una
lettera spedita ai genitori, a Roma, lettera che verrà mostrata come prova a
carico di Cagliostro durante il processo.
Nello stesso periodo in cui Balsamo era in Svizzera, Goethe, nel suo lungo
viaggio in Italia, il 2 aprile sbarcava a Palermo proveniente da Napoli; curioso
di raccogliere notizie di prima mano sulle origini del nostro famosissimo
avventuriero, contattò il barone Antonio Vivona, rappresentante legale della
Francia in Sicilia, dal quale prese visione dell'albero genealogico della
famiglia Balsamo e della «perfetta identità di Cagliostro e Balsamo».
La Testimonianza di Goethe
Goethe, che scrive di considerare Cagliostro «un briccone» e le sue avventure
delle «ciurmerie», volle rendere visita alla madre e alla sorella, spacciandosi
per «un inglese che doveva portare ai famigliari notizie di Cagliostro, giunto
di recente a Londra». Abitavano in una misera casa di Palermo, composta di
un solo grande locale, ma pulita, abitata dalla madre, dalla sorella di
Giuseppe, vedova, e dai suoi tre figli. La sorella si lamentò di Giuseppe, che
le doveva da anni una forte somma: da «quando era partito in gran fretta da
Palermo, ella aveva riscattato per lui certi oggetti impegnati, ma da quel
momento non si era fatto più vivo e non le aveva mandato né denaro né sussidi di
alcun genere sebbene, a quanto si diceva, possedesse grandi ricchezze e
conducesse una vita principesca. Ella chiedeva perciò se potevo prometterle,
tornando in patria, di rammentargli con garbo quel debito e ottenere che le
concedesse un aiuto finanziario».
Gli consegnarono una lettera per Cagliostro e, nel congedarsi, la madre lo pregò
di dire al figlio «quanto mi hanno resa felice le notizie che Ella ci ha
portato. Gli dica che lo tengo chiuso nel mio cuore così - e a questo punto
spalancò le braccia e se le strinse al petto - che ogni giorno nelle mie
devozioni prego per lui Dio e la Santa Vergine, che gli mando la mia
benedizione, insieme a sua moglie, e che prima di morire vorrei solo che questi
occhi, che tante lacrime hanno versato per amor suo, lo potessero rivedere». Lo
invitarono a tornare a Palermo per la festa di Santa Rosalia - «gli mostreremo
ogni cosa, andremo a sederci nel palco per ammirare meglio il corteo; e come gli
piacerà il grande carro e soprattutto la fantastica luminaria!» e, quando fu
uscito, «corsero sul balcone della cucina che dava sulla strada, mi chiamarono e
mi fecero grandi cenni di saluto».
Goethe non li rivedrà più ma mandò poi, di sua tasca, la somma richiesta dalla
sorella, 14 once d'oro, e pubblicò un ritratto di Cagliostro nell'opera Der
Grosskophta.
Intanto Cagliostro, in Svizzera, litiga con uno degli ultimi amici rimastigli,
il pittore Loutherbourg, che lo accusa di insidiargli la moglie; si guadagna da
vivere facendo il guaritore ma l'ambiente della cittadina svizzera è troppo
angusto per lui, abituato a ben altri palcoscenici: il 23 luglio 1788 parte con
Lorenza per Aix-les-Bains, di qui vanno a Torino ma ne vengono immediatamente
espulsi e allora si recano a Genova passando, in settembre, per Venezia, poi per
Verona e di qui nei territori imperiali, soggiornando un mese a Rovereto per poi
raggiungere la città di Trento il 21 novembre. A Trento è ben accolto dallo
stesso principe-vescovo, Pietro Vigilio Thun, ed egli stesso mostrò grande
deferenza nei confronti della confessione cattolica; giustificò la sua
appartenenza alla Massoneria, spiegando di non averla mai considerata contraria
alla fede religiosa e si dichiarò pronto ad andare a Roma, purché munito di
salvacondotto. E a Roma, al cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi, il 25 marzo
1789 scrive il vescovo di Trento, sostenendo che Cagliostro si è ravveduto e che
la moglie «se ne vive in continui mentali spasimi, ardendo da un canto di costì
rivedere il cadente quasi ottuagenario genitore, e dall'altro temendo che
l'intollerante consorte non torni, non esaudito, nel pristino disordine, con
evidente pericolo di perdervi l'anima». E al vescovo trentino il cardinale
rispose il 4 aprile che «non avendo il signor Cagliostro alcun pregiudizio nello
Stato Pontificio, non ha Egli bisogno del salvacondotto».
Rassicurato da questa lettera e comunque provvisto di un salvacondotto
rilasciatogli dal vescovo Thun, oltre che di lettere di raccomandazione
indirizzate a cardinali romani, il 17 maggio Cagliostro parte da Trento con
Lorenza e dopo dieci giorni sono a Roma. Alloggia dapprima in una locanda di
piazza di Spagna e poi presso parenti della moglie a Campo dei Fiori. Se il suo
scopo era quello di ottenere un'udienza dal papa, non fu accontentato e si
comportò inizialmente con molta prudenza, come sapesse di essere spiato e
temesse improvvisi pericoli; pensò anche di tornare in Francia, e a questo scopo
indirizzò un Memoriale all'Assemblea francese che fu sequestrato, non appena
consegnato alla posta, dalla gendarmeria romana. Avvicinato un giorno da due
spie del Governo pontificio, tali Matteo Berardi e Carlo Antonini, che gli
chiesero di accoglierlo nella Massoneria, Cagliostro, senza sospettare di nulla,
fece loro compiere le cerimonie iniziatiche, violando così la norma dello Stato
pontificio che vietava, pena la morte, l'organizzazione di società massoniche. I
due iniziati, soddisfatti di quanto avevano visto e ascoltato, sparirono prima
di versare la quota di adesione. Curiosamente, Cagliostro riuscì ad affiliare
alla Massoneria un frate cappuccino, Francesco Giuseppe da San Maurizio.
Arresto, Processo e Condanna di Cagliostro
Castel Sant'AngeloIn settembre, la moglie Lorenza denunciò Cagliostro al parroco
di Santa Caterina della Rota, e la denuncia venne trasmessa il 5 dicembre al
Sant'Uffizio: all'ultimo momento, Lorenza si era rifiutata di firmarla, ma venne
ugualmente acquisita; il 27 novembre il padre di Lorenza, Giuseppe Feliciani e
la spia Carlo Antonini avevano già denunciato Cagliostro. La decisione
dell'arresto di Cagliostro - ma furono arrestati anche la moglie e fra' Giuseppe
- fu presa ai massimi livelli, dopo una riunione del papa Pio VI con il
Segretario di Stato a altri cardinali: nella notte del 27 dicembre 1789
Cagliostro viene rinchiuso in Castel Sant'Angelo, Lorenza nel convento di Sant'Apollonia
a Trastevere e il cappuccino nel convento dell'Ara Coeli. Le imputazioni contro
Cagliostro sono gravissime: consistono nell'esercizio dell'attività di massone,
di magia, di bestemmie contro Dio, Cristo, la Madonna, i santi, contro i culti
della religione cattolica, di lenocinio, di falso, di truffa, di calunnia e di
pubblicazione di scritti sediziosi: se provate, comporterebbero la pena di
morte. Esse sono fondate in gran parte sulle dichiarazioni della moglie e su
scritti e dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni da Cagliostro; la linea
difensiva dell'avvocato di Cagliostro, Carlo Costantini, consiste nel far
considerare il suo assistito un semplice ciarlatano, in modo da eliminare tanto
ogni credibilità che ogni serietà su quanto Cagliostro avesse mai scritto e
sostenuto, relativamente almeno alle sue posizioni ideologiche, che sono quelle
considerate di maggiore gravità, dal momento che esse pongono Cagliostro nella
posizione di eresiarca; per il resto, occorre far passare Lorenza come una
prostituta, una donna immorale e pertanto inattendibile: lei, «moglie, complice
impunita e prostituta non può sicuramente somministrare non già una prova, ma
nemmeno un indizio per aprire l'inquisizione», dal momento che, secondo la
difesa di Cagliostro, ella intenderebbe accusare il marito per ricrearsi
un'innocenza che non può appartenerle perché, se fosse vero quanto sostiene,
anch'ella sarebbe colpevole quanto il marito. Stabilito che gli ordinari rituali
massonici sono di per sé suscettibili dell'accusa di eresia, quelli della
Massoneria Egizia di Cagliostro sono giudicati certamente eretici e a conferma
di questo assunto, negli interrogatori Cagliostro viene trascinato in
discussioni teologiche: l'ignoranza di Cagliostro intorno alle nozioni più
elementari di catechismo finisce per aggravare, agli occhi dei giudici del
Sant'Uffizio, la sua posizione. Consapevole della situazione disperata in cui si
trova, il 14 dicembre 1790 Cagliostro scrive al papa:
Papa Pio VI Beatissimo Padre,
Giuseppe Balsamo, proteso ai piedi della S. V., reo di essere fondatore di una
società massonica (senza però che sapesse che sì fatte società fossero proibite
dalla Santa Sede) alla quale società diede una Costituzione non composta da lui,
ma cavata da un libro manoscritto che gli venne alle mani in Inghilterra, sotto
il nome di Giorgio Cofton, purgato da lui, come credette da tutto ciò che vi era
di cattivo, e ben si persuadeva di averlo fatto quanto bastasse perché, data da
leggere la detta costituzione al cardinal di Rohan e all'arcivescovo di Bourges,
non fu da essi avvertito che vi fosse dentro qualche cosa di male, ma fu
soltanto dal secondo consigliato a levarvi le due quarantene per la
rigenerazione fisica e morale come due inezie, delle quali due pratiche perciò
non ne ha mai fatto uso.
Ora, istruito dal P. Contarini che nella costituzione suddetta vi sono cose
cattive e contrarie alla S. Fede Cattolica, da lui ritenuta mai sempre
fermamente nel cuore, egli le detesta e si protesta disposto ad abiurarle tutte
nella maniera che gli sarà imposta dal S. Tribunale, ed a subire quelle pene che
merita il suo gravissimo fallo; e pentito di vero cuore ne domanda umilmente
perdono al Signore e lo spera dalla sua infinita misericordia, benché se ne
riconosca indegno.
Indi, rivolto alla Paterna clemenza della Santità Vostra, implora con calde
lagrime pietà solamente per l'anima sua, supplicandola di da rimedio allo
scandalo gravissimo da lui dato al Mondo, ancorché questo si debba fare con lo
strazio più crudele e pubblico della sua persona.
Della Santità Vostra indegnissimo figlio Giuseppe Balsamo peccatore pentito
Il 7 aprile 1791 il Sant'Uffizio emise la sentenza:
«Giuseppe Balsamo reo confesso e respettivamente convinto di più delitti, è
incorso nelle censure e pene tutte promulgate contro gli eretici formali,
dommatizzanti, eresiarchi, maestri e seguaci della magia superstiziosa, come pur
nelle censure e pene stabilite tanto nelle Costituzioni Apostoliche di Clemente
XII e Benedetto XIV contro quelli che in qualunque modo favoriscono e promuovono
le società e conventicole de' Liberi Muratori, quanto nell'Editto di Segreteria
di Stato contro quelli che di ciò si rendano debitori in Roma o in alcun luogo
del Dominio Pontificio.
A titolo però di grazia speciale, gli si commuta la pena della consegna al
braccio secolare nel carcere perpetuo in una qualche fortezza, ove dovrà essere
strettamente custodito, senza speranza di grazia. E fatta da lui l'abjura come
eretico formale nel luogo della sua attual detenzione, venga assoluto dalle
censure, ingiungendogli le dovute salutari penitenze. Il libro manoscritto che
ha per titolo Maçonnerie Égyptienne sia solennemente condannato come contenente
riti, proposizioni, dottrina e sistema che spiana una larga strada alla
sedizione, ed è distruttivo della religion cristiana, superstizioso, blasfemo,
empio ed ereticale. E questo libro stesso sia pubblicamente bruciato dal
ministro di giustizia insieme cogl'istromenti appartenenti alla medesima setta.
Con una nuova Costituzione Apostolica si confermeranno e rimuoveranno non meno
le Costituzioni de' Pontefici Predecessori, quanto anche l'accennato Editto di
Segreteria di Stato proibitivi delle Società e Conventicole de' Liberi Muratori,
facendosi nominatamente menzione della Setta Egiziana, e dell'altra volgarmente
chiamata degli Illuminati, con stabilirsi contro tutti le più gravi pene
corporali e segnatamente quelle degli eretici contro chiunque o si ascriverà o
presterà a favore di tali sette».
Il cappuccino Francesco Giuseppe di San Maurizio è condannato a dieci anni, da
scontare nel suo convento dell'Ara Coeli; Lorenza, la cui testimonianza è stata
determinante per la condanna di Cagliostro, è assolta: rimase tuttavia per
quindici anni nello stesso convento di Sant'Apollonia. Dal 1806 fu la portinaia
del Collegio Germanico di piazza Sant'Apollinare, dove morì d'infarto l'11
maggio 1810.
Prigionia e Morte
La Rocca di San LeoDopo aver abiurato il 13 aprile 1791, Cagliostro venne
trasferito a San Leo, nelle Marche, per esservi rinchiuso nella storica Rocca,
progettata da Francesco di Giorgio Martini per conto di Federico da Montefeltro:
vi arriva il 20 aprile. L'11 settembre viene trasferito dalla già misera cella
cui era stato assegnato nella peggiore che si fosse potuta ricavare: chiamata il
Pozzetto, perché priva di porta - il detenuto fu calato da una botola del
soffitto - di dieci metri quadrati, munita di una finestrella appena più larga
di una feritoia, con una triplice serie di sbarre da cui si poteva vedere a
stento un fazzoletto di cielo. Probabilmente per impietosire e acquisirsi la
nomea di pentito, mostrò all'inizio della prigionia grande devozione, espressa
da continue preghiere e frequenti digiuni: dipinge sul muro immagini religiose e
ritrae se stesso, che si batte il petto in segno di contrizione e tiene
nell'altra mano un crocefisso; disegna anche una Maddalena in penitenza. Ma
iniziò presto a dare segni di instabilità psichica, segnata da violente
ribellioni e da crisi mistiche, nella tremenda solitudine di quel buco oscuro e
umido. Il mondo è tutto nella vaga immagine del guardiano che dal soffitto gli
cala il cibo due volte al giorno, nel tavolaccio dove sta sdraiato quasi tutte
le ore di un giorno che poco o nulla si differenzia dalla notte, nella
finestrella a cui a volte si aggrappa e urla una disperazione a cui è negata
ogni pietà. Quando ha di questi sfoghi, si materializzano i guardiani dal
soffitto: scendono, e sono pugni, calci, bastonate, grida, lamenti e pianti.
Forse, gli stessi ricordi dei successi mondani, della ricchezza pur sordidamente
acquistata e facilmente dissipata, delle celebrità frequentate, che dovevano
spesso tornargli nella mente, potevano soltanto acuire la desolazione della
presente miserabile condizione. Dalla disperazione all'ebetudine, dalla rabbia
all'apatia e alle illusioni: nel dicembre del 1793 ottiene il permesso di
scrivere al papa. Spera di convincerlo del suo pentimento, ma vi scrive di avere
visioni che lo fanno ritenere un santo, scelto da Dio perché predichi al mondo
la necessità di un generale ravvedimento. Naturalmente, non viene preso sul
serio e continua a dipingere, ora immagini devote, ora blasfeme, seguendo le
diverse ispirazioni della speranza e della rabbia impotente. La finestra della
cella di CagliostroSolo la morte può liberarlo dal carcere e quella, finalmente,
giunge pietosa: il 23 agosto 1795 è trovato semiparalizzato nel suo tavolaccio.
Scrive il cappellano della fortezza, fra' Cristoforo da Cicerchia:
«Restò in quello stato apoplettico per tre giorni, ne' quali sempre apparve
ostinato negli errori suoi, non volendo sentir parlare né di penitenza né di
confessione. Infine de' quali tre giorni Dio benedetto giustamente sdegnato
contro un empio, che ne aveva arrogantemente violate le sante leggi, lo
abbandonò al suo peccato ed in esso miseramente lo lasciò morire; esempio
terribile per tutti coloro che si abbandonano alla intemperanza de' piaceri in
questo mondo, e ai deliri della moderna filosofia. La sera del 26 fu tolto dalla
sua prigione per ordine de' suoi superiori, e fu trasportato al ponente della
spianata di questa fortezza di S. Leo, ed ivi fu sepolto come un infedele,
indegno dei suffragi di Santa Chiesa, a cui non aveva quell'infelice voluto mai
credere».
Cagliostro morì dunque il 26 agosto 1795, verso le 22,30; fu sepolto senza
cassa, nella nuda terra e senza alcuna indicazione, ma del luogo si conservò
memoria per qualche tempo: le truppe polacche, alleate dei francesi, che nel
dicembre del 1797 conquistarono senza incontrare resistenza la Rocca, liberando
i prigionieri, scoprirono anche il cadavere, dandogli forse una più decorosa
sepoltura e forse anche conservando qualche reliquia da quelle povere ossa. Poi,
del luogo si è perduto il ricordo e le ricerche effettuate più di un secolo dopo
non hanno avuto alcun esito.
Bibliografia
Mèmoire pour le comte de Cagliostro accusé [...], Paris 1786
Lettre du Comte de Cagliostro au peuple anglais pour servir de suite à
ses mémoires, Paris 1786
Compendio della vita e delle gesta di Giuseppe Balsamo denominato il Conte di
Cagliostro, Roma 1791
N. Matteini, Il conte di Cagliostro. Prigionia e morte nella fortezza di San
Leo, Bologna 1977
A. Ziegler, Il tramonto di Cagliostro. Il processo e la difesa, Trento 1979
C. Gentile, Il mistero di Cagliostro e il sistema "egizio", Foggia 1980
G. Ventura, Cagliostro, un uomo del suo tempo, Atanor ISBN: 8871691970
C. Montini, Cagliostro il Grande Cofto, Genova 1981
A. Faivre - S. Hutin - J. Séguy, Esoterismo, spiritismo, massoneria, Bari-Roma
1990
P. Brunet, Cagliostro, Milano 1994
J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Milano 1999 ISBN 88-04-22981-0
P. Cortesi. Cagliostro. Maestro illuminato o volgare impostore?, Roma 2004 ISBN
88-541-0177-X
Alcuni Files: L'evangile de Cagliostro - Cagliostro's Secret Ritual Of Egyptian Rite - Cagliostro and Arcana Arcanorum - Arcana Arcanorum - Cagliostro's Rituales - Saggezza Trionfante
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