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Luigi Valli
una ricerca a cura del dott. Luigi Braco
Biografia
Stefano Salzani propone anzitutto una biografia di Valli, che nasce nel 1878 in
una famiglia umbra di Narni (Terni), ricca ed eminente nel mondo della cultura e
della politica. Il fratello Giannetto Valli diventerà sindaco di Roma nel
1921-1922. L’agiatezza, dopo la duplice laurea in Lettere e in Filosofia,
permette a Luigi di perfezionarsi presso l’Università di Lipsia e di partecipare
a numerosi congressi internazionali, nonché di vivere di rendita dopo un breve
periodo d’insegnamento liceale a Spoleto. Professore stimato, è però contestato
dagli ambienti cattolici per la sua aperta militanza anticlericale, confusa con
una presunta adesione alla massoneria di cui invece Valli resterà sempre
avversario, fino a collaborare nel periodo fascista alla stesura delle leggi che
ne vieteranno l’attività in Italia.
Valli esordisce come studioso pubblicando due opere filosofiche di notevole
impegno, "Il fondamento psicologico della religione" Loescher, Roma 1908; "Il
valore supremo" Formiggini, Genova 1913. Dove da iniziali suggestioni
neo-kantiane muove verso una filosofia dei valori eclettica, che suscita
l’interesse critico ma benevolo delle maggiori riviste filosofiche del tempo.
Ben presto però Valli si rende conto che i suoi interessi principali, più che
sul versante della filosofia accademica, si situano nell’ambito della politica –
diventa una delle figure più importanti del movimento nazionalista di Emilio
Corradini, e un convinto interventista quando scoppia la Prima guerra mondiale –
e dell’interpretazione allegorica e simbolica delle opere di
Dante Alighieri.
Questo secondo interesse nasce negli anni del liceo, frequentato prima ad Arezzo
e poi a Livorno, dove ha come docente il poeta e massone
Giovanni Pascoli. Tra professore e alunno cresce un’amicizia destinata a
durare fino alla morte del poeta, e a convincere Valli a darsi come missione la
diffusione e la difesa dei voluminosi e complessi scritti di Pascoli sui
significati occulti dell’opera di Dante, dai più liquidati come una sfortunata e
imbarazzante anomalia nell’opera pascoliana, tanto più che si presentano
esplicitamente come frutto non solo di ricerca filologica ma anche di esperienze
mistiche o psichiche dell’autore. Da Pascoli, come mostra Salzani, Valli risale
a tutta una scuola d’interpretazione allegorica e misterica di Dante, che
affonda le sue radici nel tardo Medioevo e nel Rinascimento ma il cui snodo
decisivo è Gabriele
Rossetti, esponente del liberalismo napoletano esule a Londra. Benché spesso
lo si ricordi solo come padre del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti
– per la cui lettura pittorica di Dante (un tema curiosamente assente dal libro
di Salzani, e che pure ha influenzato tanti ambienti artistici interessati
all’esoterismo) è peraltro decisivo –, Gabriele Rossetti ha avuto un ruolo
fondamentale nell’interpretazione «esoterica» – una parola che anch’egli non usa
– come iniziato di una «Setta d’Amore» o dei «Fedeli d’Amore», che a suo dire
proponeva in modo cauto, per sfuggire alla repressione della Chiesa, tesi in
parte eterodosse rispetto alla dottrina cattolica.
Massone e
figura di rilievo della
Carboneria,
Rossetti aveva frequentato probabilmente anche altre conventicole esoteriche,
benché i documenti non permettano d’identificarle con certezza.
Se nei primi scritti Rossetti vedeva questo esoterismo di Dante con qualche
simpatia, alla fine della vita almeno nella corrispondenza privata – perché in
pubblico riteneva di doversi esprimere con una cautela che sconfinava nella
reticenza – l’autore anglo-italiano, influenzato anche dalla moglie che era
un’anglicana fervente d’idee piuttosto conservatrici, finì per convincersi che
la Divina Commedia era una «infame profanazione» della religione e per far
bruciare alcune delle sue stesse opere. Le idee di Rossetti furono riprese in
Francia per attaccare Dante dal magistrato cattolico
Eugène Aroux, e per difendere il poeta italiano – ma presentandolo come
precursore del mistico svedese
Emanuel Swedenborg, di cui era seguace – dal romanziere
Honoré
de Balzac. Sono questi solo alcuni nomi della «scuola» che interpreta Dante
in senso esoterico identificata da Salzani, cui si devono aggiungere – anche per
la speciale influenza su Valli – almeno
Francesco Paolo Perez – che tra l’altro diventa nel 1872 Ministro
della Pubblica Istruzione del Regno – e
Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta.
Alla lettura esoterica di Dante Valli consacra oltre duemila pagine, una serie
di opere tra cui spicca "Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore" 2
voll., Optima, Roma 1928 e 1930, e un’infaticabile attività di conferenziere,
favorita anche dalla sua convinta adesione al fascismo. Proprio nel corso di una
di queste conferenze su Dante, tenuta a Terni il 22 febbraio 1931, Valli è
colpito da un’emorragia cerebrale e muore nel giro di cinque minuti. Salzani
discute se negli ultimi anni della vita, in cui aveva certamente abbandonato
l’antico anticlericalismo, Valli si fosse riavvicinato al cattolicesimo, come
alcuni sostengono. I documenti non permettono conclusioni certe, e sembra che il
suo fosse semmai un cattolicesimo influenzato dal modernismo di Ernesto
Buonaiuti e di don Brizio Casciola, l’ispiratore del romanzo "Il Santo" di
Antonio Fogazzaro, personaggi di cui era amico ed estimatore.
È impossibile riassumere la vastissima esegesi esoterica di Dante proposta da
Valli, ma Salzani ha il merito di farne emergere con chiarezza le due idee
chiave. La prima è il rapporto fra i simboli della croce, che rappresenta la
Chiesa, e dell’aquila, che rappresenta l’Impero. La dottrina segreta soggiacente
– che la Chiesa del tempo avrebbe probabilmente considerato eterodossa, se
proposta senza attenuazioni – è che per salvarsi l’uomo non ha bisogno solo
della Chiesa ma anche dell’Impero. Da sola, senza l’Impero, la Chiesa non riesce
a svolgere la sua missione di salvezza, anche se Valli attenua questa tesi
spiegando, a proposito di simbologie numeriche, che per Dante ribellarsi alla
croce è trenta volte più grave che ribellarsi all’aquila. Il secondo segreto
nascosto da Dante «sotto il velame de li versi strani» è quello custodito dalla
società segreta dei Fedeli d’Amore, di cui avrebbero fatto parte numerosi poeti
dell’epoca. Il simbolo di Beatrice – la cui identificazione con una donna
realmente vissuta a Firenze è contestata da Valli – come quello della rosa o di
una donna chiamata Rosa in altri testi medievali, allude a una verità
propriamente misteriosa o occulta – l’aggettivo «esoterica» è usato raramente
dall’autore – che corrisponde a una sapienza perenne presente in molte
tradizioni. Tra queste c’è quella islamica, e i Fedeli d’Amore sarebbero stati
influenzati e forse avrebbero avuti anche contatti con analoghi gruppi sufi, le
cui tracce si ritrovano nella poesia persiana. La Chiesa Cattolica ha ricevuto
da Gesù Cristo il deposito integrale di questa verità trascendente comune a
tutte le grandi religioni, ma a causa della sua corruzione – che l’ha portata
anche a contrapporre la croce all’aquila, anziché perseguire la loro armonia –
l’ha dimenticata o comunque ha smesso di trasmetterla. Contrariamente a quanto
pensavano Aroux e l’ultimo Rossetti, per Valli Dante – se non è perfettamente
ortodosso dal punto di vista della Chiesa – non è però anticattolico ma
piuttosto «supercattolico», in quanto auspica un ritorno del cattolicesimo alla
sua purezza tradizionale e originaria.
Le tesi di Valli sono contestate da una critica letteraria positivista o
idealista che va da Benedetto Croce a Umberto Eco, e dagli interpreti cattolici
che contestano ogni tentativo di fare di Dante qualche cosa di diverso da un
cattolico pienamente ortodosso, anche se critico rispetto agli ecclesiastici
corrotti. Se queste liquidazioni dell’interpretazione esoterica di Dante come
pura fantasia, e dei Fedeli d’Amore come una organizzazione probabilmente mai
esistita, sono note, Salzani mette in luce l’altra faccia della medaglia. Valli
è stato preso sul serio da un elenco impressionante di storici e di filologi,
che hanno obiettato all’una o all’altra delle sue conclusioni ma ne hanno
accettato l’impostazione generale. Fra questi ci sono anzitutto i pochi
discepoli diretti di Valli, tra cui spiccano l’archivista Gaetano Pio Scarlata e
il docente di lettere nel Liceo Leardi di Casale Monferrato Alfonso Ricolfi.
Entrambi tengono peraltro ampio conto dell’interpretazione critica di Valli da
parte dell’esoterista René Guénon, il
quale – se loda le intuizioni e il coraggio dello studioso italiano – rileva
come questi, digiuno di conoscenze autenticamente esoteriche, non abbia compreso
come i Fedeli d’Amore presentavano in modo velato le loro dottrine non tanto per
timore di una possibile repressione ecclesiastica ma perché si trattava di
realtà che, per loro natura, non possono essere comunicate se non in forma
simbolica e discreta. Guénon critica anche Valli per avere attribuito a Dante
tesi, dal suo punto di vista, eterodosse e non tradizionali circa il rapporto
fra autorità spirituale e potere temporale. Per l’esoterista francese il secondo
dovrebbe rimanere subordinato alla prima.
Altri esponenti della cultura esoterica, che leggono Valli con attenzione e lo
frequentano anche personalmente, gli rivolgono la critica contraria. Per
Arturo Reghini e
Julius Evola, che pure potrebbero avere
fatto conoscere Valli a Guénon, l’obiezione è che in Dante, nascosta sotto
comprensibili cautele, è possibile reperire un’apologia dell’aquila senza la
croce, un imperialismo non più cristiano ma pagano, una critica non solo delle
deviazioni di una Chiesa corrotta ma della Chiesa e del cristianesimo in sé. Si
tratta della tesi di Aroux e degli ultimi anni di Rossetti cambiata di segno.
Evola rivolge a Valli anche un’altra critica. Come iniziato, Dante avrebbe
conosciuto anche un arcano sessuale di tipo tantrico e quindi la sua referenza a
Beatrice, alla Donna, non sarbbe stata puramente simbolica ma avrebbe alluso
nello stesso tempo a una pratica di «magia sessuale».
Salzani riferisce che Evola aveva conosciuto il tantrismo tramite
Decio Calvari, protagonista
dello scisma che aveva spaccato la Società Teosofica Italiana dando vita alla
Lega Teosofica Indipendente e alla rivista Ultra. L’autore mostra come Valli,
per quanto voglia mantenere le distanze dal milieu esoterico, di fatto
interagisce con tre diversi ambienti: quello teosofico, quello legato alla
rivista Ur, dove Evola e Reghini collaborano con esoteristi legati a
Giuliano Kremmerz, e la meno
nota Associazione per il Progresso Morale e Religioso di Mario Puglisi Pico dove
accademici, in parte massoni, tra cui studiosi dell’Oriente di primissimo piano
come
Carlo Formichi e
Giuseppe
Tucci, operano a fianco di esponenti dell’ambiente esoterico romano e talora
anche di cattolici, modernisti e non.
È tra l’altro tramite questi accademici, e tramite Buonaiuti, che Valli è letto
con interesse anche fuori dell’Italia, in particolare dagli studiosi che
partecipano agli incontri del gruppo di Eranos, promossi preso Ascona in
Svizzera da
Olga
Fröbe Kapteyn. Troviamo così non solo influenze ma riferimenti espliciti a
Valli e alle sue teorie in opere di
Carl
Gustav Jung, di Mircea
Eliade e di Henry Corbin,
per citare solo tre nomi particolarmente illustri. E anche qualche dantista di
professione oggi ammette che Valli, forse non sempre filologicamente accurato,
ha comunque stimolato discussioni importanti.
Al di là del giudizio su Valli come studioso di Dante – un tema che resta molto
controverso – non c’è dubbio che, mentre dichiarava di non farne parte, l’autore
italiano abbia rappresentato un autentico crocevia per gli ambienti esoterici di
mezza Europa. E per l’interazione fra questi ambienti e accademici a proposito
dei quali talora, alla fine, non si comprende bene se stiano esponendo i
risultati delle loro ricerche o le loro opinioni esoteriche. Una critica che
potrebbe coinvolgere anche Valli, e che apre al tema del rapporto fra
l’esoterismo e gli studi accademici, cui Wouter Hanegraaff e Marco Pasi hanno
dedicato recentemente riflessioni di particolare interesse.
fonte: Stefano Salzani "Luigi Valli e l’esoterismo di Dante" ed. il Cerchio, Rimini 2014.
Opere Principali
"Il
linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore", Roma 1928.
"La chiave della divina commedia" Zanichelli, Bologna, 1925.
"Il segreto della Croce e dell'Aquila", nella Divina commedia. Bologna, 1922.
"L'allegoria di Dante secondo Giovanni Pascoli", Bologna, 1922.
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