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una ricerca a cura del dott. Luigi Braco


 

 

Fulcanelli scrisse "Il Mistero delle Cattedrali" nel 1926 sui simboli alchemici presenti nelle architetture delle antiche cattedrali gotiche e "Le Dimore Filosofali" nel 1931, relativamente alle altre costruzioni.

Eugène Canseliet afferma che Fulcanelli scrisse anche un terzo libro, "Finis Gloriae Mundi", che gli fu consegnato per la pubblicazione ma che venne poi ritirato in un secondo tempo; il titolo di quest'ultimo libro fa riferimento a un dipinto di Juan de Valdés Leal conservato presso la chiesa della Santa Caridad a Siviglia e denominato proprio "Finis Gloriae Mundi".

 

 

Due sono le versioni di questo misterioso trattato, comunque affatto incompatibili e di dubbia provenienza: una apparve già nel 1988 sulla Tourbe des Philosophes e l'altra affidata a Jacques d'Ares  via internet; si riporta un estratto di una sua conferenza.

 

 

L'edizione italiana de Finis Gloriae Mundi, tradotta dal saggista Moreno Neri con il contributo di V Bizzarri, riporta nella prefazione il testo originale dell'e-mail ricevuta da Jacques d'Ares indicando le motivazioni che hanno portato l'ignoto autore alla scelta del destinatario. Il filo conduttore alchemico del Finis Gloriae Mundi è la cosiddetta via breve - ars brevis - e più volte vengono riprese nozioni alchemiche già trattate precedentemente nel Mistero delle Cattedrali o Le Dimore Filosofali in merito alla ars longa. Gli studiosi di alchimia sono comunque concordi nell'affermare che non sia possibile accertare la provenienza del Finis Gloriae Mundi prima di aver accertato chi sia l'autore - o gli autori - che si celano dietro lo pseudonimo di Fulcanelli.

 



La fama di Fulcanelli ha raggiunto ogni continente e i suoi libri sono stati venduti in milioni di copie. Sicuramente l'alone di mistero che avvolge questa figura del secolo scorso ha contribuito a fomentare l'interesse verso il filosofo. Le ipotesi più accreditate vedono i due collaboratori, il pittore Jean Julien Champagne e il discepolo Canseliet, dietro l'identità dell'alchimista, ma entrambi hanno sempre negato con fermezza.

Un'altra versione vede Canseliet come ladro degli appunti del contemporaneo René Schwaller de Lubicz, riorganizzati e pubblicati sotto falso nome. Altri hanno identificato Fulcanelli con il fisico Jules Violle.

Si deve notare che Jean Julien Champagne ha scritto un'opera intitolata "La Vie Minérale". Il suo manoscritto rimase in archivi privati ​​fino al 2010 quando Archer lo scoprì. Il manoscritto è stato pubblicato nel 2011 da "Editions Les 3R".

inoltre l'ipotesi che vedrebbe Fulcanelli quale pseudonimo di Jean Julien Champagne sarebbe la più accreditata e sorretta anche da Robert Ambelain nel suo articolo "Jean-Julien Champagne, alias Fulcanelli" pubblicato nel 1962, numero 8 della rivista "La Tour Saint Jacques", pagine 181 - 204.

 

Scrittura di Fulcanelli e di Jean Julien Champagne a confronto

 

 

 

 

 

 

Se Fulcanelli é lo pseudonimo di Jean Jean Julien Champagne non possiamo esimerci dal riportare una sua biografia.

 

Jean Julien Champagne nacque da una coppia di borghesi ventitreenni il 23 gennaio 1877, in un quieto paesino del dipartimento della Senna.
Nella quiete s'eccitano gli stravaganti veri, quelli che non amano d'esibirsi nella meraviglia e schivi. Com'era Champagne sedicenne, quando in una libreria scoprì un libro impolverato di alchimia, che descriveva i metalli come fossero esseri senzienti. Vi lesse che il mercurio della terra è velenoso, ma che il sole impregnandolo lo libera, gli fa desiderare l'amore e lo trasmuta in fonte di gioia col suo sale. Nulla ne capì, ma se n'estasiò.
Radunò con furia tutti i libri d'alchimia, e sugli alchimisti, che poteva. Credette, con slancio d'adolescente, che i metalli siano animati e quindi risuonino nell'anima di chi li fonde: cosicché mutare in laboratorio il piombo in oro era anche il modo per fissare nell'anima dell'alchimista un sole, nell'eternità risanante. Ottenne dal padre il permesso d'installare un suo laboratorio in una loro casa di campagna, e così s'impratichì di chimica, secondo le usanze medievali.
Coerente, visto che credeva la scienza un'arte, poi s'iscrisse alla scuola di Belle arti di Parigi.
 
 

Tavola firmata J Champagne, Interno della serra, Olio, 54*73 cm, 1900.
 
 
 
Disegno originale di Jean Julien Champagne su carta 
 
 
Era il 1900, quando se ne licenziò, alto per quei tempi, uno e settanta, ventitreenne ch'ostenta baffi alla gallica, ossesso dal dentro e fuori di qualunque donna, e dunque visitatore assiduo di salotti e di postriboli.
A Parigi visitava anche la Librairie du Merveilleux, 76 di Rue de Rennes, di cui era padrone un tale come lui eccentrico Pierre Dujol, etimologo dei termini alchemici, che si pretendeva discendente dei Valois. Con lui conobbe e malvolentieri frequentò Guenon e André Breton, Anatole France, Papus, De Guaita e i non pochi altri votati a culti esoterici in quella Francia. Sperimentò magie, logge e droghe; quasi non s'accorse d' aver finito i suoi soldi.
Era alla miseria quando i figli di Lesseps, costruttore del Canale di Suez, e loro pure occultisti gli offersero d' alloggiare nel luminoso laboratorio che il padre ancora possedeva a Rue Vernier. Champagne vi sistemò letto e alambicchi alchemici con cui proseguiva esperimenti inesausti. Per dargli di che vivere i Lesseps l'assunsero, come disegnatore industriale. A Champagne venne l'idea di un'elica di legno che doveva servire alla propulsione d'una slitta polare. Furono poi i Charcognac ad assumere Champagne, nella loro libreria. Catalogò libri, ma insidiando commesse e clienti; sedotto comunque solo e sempre dall'idea di trovare il modo per trasmutare piombo in oro.
 
 
 
 
Nel 1910 arrivava a Parigi tale Schwaller, facoltoso svizzero ventitreenne, ed intenzionato a studiare pittura con Matisse. Divenne invece teosofo e amico di Champagne. Tanto che sottoscrisse un contratto con lui: avrebbe finanziato i suoi esperimenti finché egli non avesse riscoperto il modo alchemico per rifare le vetrate di Chartres. Era il 1922 quando nel piccolo alloggio della centrale del gas presso Sarcelles riuscì a Champagne d'eseguire una trasmutazione, presenti il suo assistente Canseliet ed il chimico Gaston Sauvage. Non era la grand'opera al completo, ma glien'era riuscita una fase, nei bagliori di quei metalli animati e luminescenti.
Julien Champagne era un estroso, aborriva l'elettricità, ed usava una lampada a petrolio per farsi luce, vestiva in modo desueto, portava baffi unti e capelli lunghi divisi nel mezzo: era felice d'essere male a suo agio in questo secolo. Con gran cura badava inoltre a tenere separati gli ambienti e le persone che frequentava.
Il suo assistente in particolare nulla o poco sapeva del contratto con Schwaller o del suo vecchio amico Dujol, costretto a letto dall'artrosi, ridotto, con la moglie, alla più cupa povertà, ma, piuttosto che rinunciare ai suoi libri esoterici, preferiva non mangiare.
Quanto commoveva gli altri uomini, i mali della pace o la guerra, seguitava a non riguardarli. Champagne ogni tanto si avviava per portargli dei soldi; talora se li beveva per strada; in assenzio. Sopra il letto dell'amico annotava poi i simboli alchemici, dai libri di Basilio Valentino e Flamel o ridisegnava statue e sculture, in cui scoprivano simbologie misteriche.
Fu usando alcuni appunti di Schwaller, che scrisse un libro che firmò Fulcanelli e intitolò nel 1926, "il Mistero delle Cattedrali". Schwaller pacifico, e svizzero, stette al gioco, continuò a versargli la rendita senza serbargli rancore. La invenzione di Fulcanelli si ripeté nel 1930, con un altro libro.
Nel 1929 nella vasta casa di campagna di Schwaller erano continuati gli esperimenti per riottenere i colori blu e rosso, delle antiche vetrate della Cattedrale di Chartres. Un anno e riuscì nella separazione dello zolfo. La luminosità colorata aleggiava sulle ceneri dello stampo. Era la tintura spirituale di cui si impregnava un vetro tinto, come quelli di Chartres, dall'essenza volatile dei metalli. Champagne eccitato si persuase che gli poteva riuscire di scoprire pure la pietra filosofale.
 
 
 
 
Non badò neppure al fatto che il contratto che aveva firmato vent'anni prima con lo stravagante Schwaller, prevedeva che, riscoperto il modo alchemico di rifare i vetri, finisse ogni sua rendita. Fino all'ultimo pensò anzi di poter trasmutare quel furore maligno che bruciava il suo corpo esteriore.
Vagò impoverito vivendo delle beneficenze d'alcuni amici e disperò perché la sua anima s'era consumata nella libertà del nulla.
Malato trascinava una gamba per le strade d'una Parigi notturna. Beveva assenzio e aspirava il fumo dell'oppio, perché gli ridonasse il sogno dei colori viventi dei metalli. Troppo tardi si decise a curarsi con dei medicinali.
Morì di cancrena, il 26 agosto 1932, a 55 anni, per un'infiammazione che gli aveva ostruito l'arteria della gamba destra, senza essere riuscito a trovare la pietra filosofale.
 
 


Ovviamente, l'acronimo A.H.S.  - Apostolus Hermeticae Scientiae - che precede la firma di Fulcanelli, é la stessa che  appare sulla lapide commemorativa dalla tomba di Julien Champagne, nel cimitero di Arnouville- lès-Gonesse non lontano da Parigi.

 

Per gentile concessione del ricercatore indipendente, Vasili Trohin, riportiamo alcune foto moderne datate Giugno 2023, della tomba. Purtroppo il sig. Trohin ci riporta la notizia che attualmente la tomba é pressoché dimenticata, come pure lo sono la storia e la vita di di Jean Champagne.

 

   

 

 

 

Fonte: articolo di di Geminello Alvi, su Repubblica dell'otto Febbraio 1998

Ulteriori fonti: http://hermetism.free.fr/personne%20Fulcanelli.htm - https://it.wikipedia.org/wiki/Fulcanelli

 

 

 

 

 

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