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ricerche a cura del dott. Luigi Braco
Egli dichiarava d’essere d’origine germanica, informazione incerta in quanto non
abbastanza documentata, anche se tale origine è attestata in calce ad un suo
ritratto sul frontespizio della Critica della morte, edito nel 1690 da un certo
Sebastiano Casizzi. È certo il soggiorno di Gualdi a
Venezia dal 1660 al 1678, mentre il periodo di vita precedente è del tutto
ignorato dagli storici. Nel 1660 e nel 1663, Gualdi sottopone alla Serenissima
due proposte d’arginamento dell’acqua alta, notissimo fenomeno ricorrente con le
alluvioni della città lagunare. A tal fine sfrutta il diritto esclusivo della
Serenissima dato a ogni cittadino di presentare al Consiglio dei Dieci o a ogni
altra magistratura un «raccordo»[1] di somma importanza per lo Stato.
I disegni di ambedue i progetti di Gualdi sono stati recentemente editi[2].
Trattandosi solo di studi preparatori, non ebbero mai alcun inizio di
esecuzione. Assai competente nell’industria mineraria, dal 1663 al 1666 esercita
il mestiere di mercante di minerali e gestisce un’azienda mineraria della ricca
famiglia Crotta, proprietaria di giacimenti metalliferi nella Valle Imperina
(Provincia di Belluno), dove sperimenta un nuovo procedimento di fusione del
minerale per «via secca» e «via umida», con conseguente aumento della produzione
del rame e conseguente arricchimento suo e dei Crotta.[3]
Il suo alto tenore di
vita a Venezia suscita numerose gelosie che sfociano in una denuncia presso il
Tribunale dell’Inquisizione per attività esoteriche ed appartenenza alla sfera
d’influenza ermetico-alchimistica dell’«Aurea Croce». Fra l’altro, che tra i
discepoli di quel sodalizio cabalistico figura il marchese e poeta Francesco
Maria Santinelli (fedele della regina Cristina di Svezia). Interrogate alcune
persone della cerchia di Gualdi, l’Inquisitore nemmeno lo convoca. Il processo
dunque non ha luogo, il che conferma le sue relazioni altolocate nei circoli del
potere della Serenissima.[4]
Neanche Leibniz accenna alla presenza del Gualdi in occasione del proprio
soggiorno a Venezia nei mesi di febbraio e marzo del 1690.[5] Nessuna traccia
storica riguardante la data della morte di Gualdi è stata rinvenuta fino ad
oggi. Tuttavia un’opera di stampo alchimistico è ritenuta di fattura gualdiana,
"De lapide philosophorum". Un’opera minore è "l’Opera universale", scritta in
italiano e contenuta in un manoscritto di Überlingen, il 159 della
Leopold-Sophie-Bibliothek. Altre opere pervenuteci sono considerate apocrife
[6].
De lapide philosophorum (La pietra filosofale) è un lungo testo redatto
inizialmente in tedesco e latino, di cui si conoscono solo attualmente una copia
stilata nel XVIII secolo da un certo Christophorus Trokhmayr [7] e parecchie
adattazioni parziali italiane intitolate Filosofia ermetica od anche "Philosophia
hermetica Compendiolum de praeparatione auri potabilis veri"
Il De Lapide philosophorum è diviso in 55 paragrafi cui s’aggiunge un
supplemento in latino per porre in opera pratica la pietra filosofale. Vi si
scorge il sogno dell’alchimista di trasmutare il piombo in oro. Di fatto, l’oro
comune non può essere utilizzato come materia prima nel processo di creazione
della pietra filosofale essendo un metallo puro, inalterabile e non
perfettibile. D'altronde la natura offre altri metalli e minerali imperfetti: il
rame, il ferro, il piombo, il mercurio, lo stagno o l’antimonio. Metallo tossico
per il corpo umano, il piombo (per Paracelso l'acqua di tutti i metalli) è, nel
linguaggio simbolico dell'alchimia, associato alla materia prima dell'opera
filosofale pervenuta allo stadio dell'opera al nero [8], ed è perciò per
l’alchimista "la vil materia ambìta" per operare.
Queste considerazioni sono sintetizzate in una sciarada così presentata:
« Ænigma: lumbus in est homini qui constat sex elementis cui P si addideris S in
M st vertere noscis, hoc erit aes nostrum, lapis est quoque phylosophorum.
Solutio: plumbum phylosophorum seu antimonium. NB: in via fixa (Vi è un membro
dell’uomo il quale consta di sei elementi, al quale se aggiongerai il P et
mutarai l’S in M questo farà Plumbum).[9] » Con questa figura stilistica foriera
di molteplici interpretazioni, Gualdi tenta di confermare simbolicamente il
principio alchimistico recondito nell’opera. Inoltre il numero di lettere di
lumbus sembra ricordare i sei giorni di lavoro della creazione, e la settima
lettera di plumbum sembra ricordare l’ultimo giorno nel quale l’opera divina
venne compiuta.[10]
Nel comporre il proprio De Lapide philosophorum, Gualdi va oltre i fenomeni
empiricamente percepibili, pensando al simbolico e al reale come se entrambi ne
formassero solo uno.
Teorie sulla Scomparsa
Gualdi sparisce da Venezia misteriosamente come vi era apparso. Nel XVIII secolo
parecchie persone hanno dichiarato di essere Federico Gualdi, in particolare un
medico-ciarlatano dell’Illuminismo, Melech Auguste Hultazob. Anche Cagliostro
(Giuseppe Balsamo) ha tentato di farsi passare per Gualdi, quando il Conte di
Saint-Germain dichiarava d’averlo conosciuto.
La Leggenda
Più ancora degli aspetti biografici, di Federico Gualdi è forse più rilevante lo
sviluppo della leggenda, che stabilisce dei topoi che ritroveremo in seguito
applicati ad altri personaggi in qualche modo accostabili al misterioso
alchimista di ambiente veneziano. La vicenda mitica di Federico Gualdi anticipa
infatti temi e motivi di quella che, alcuni decenni dopo, riguarderà, il Conte
di Saint-Germain.
Il 3 aprile 1687, nelle Nouvelles extraordinaires de divers endroits du jeudi 3
Avril 1687 (una pubblicazione conosciuta anche come Gazette de Hollande) appare
il frammento di una lettera datata 7 marzo e proveniente da Venezia, che svela
ai lettori l’esistenza di un tal Löuis Galdo, dell’età di 400 anni, che portava
con sé un suo ritratto di mano di Tiziano, morto 130 anni prima. Il misterioso
personaggio era sparito da tre mesi da Venezia, ed era opinione comune che
possedesse il segreto della Medicina Universale.
Nel giugno 1687, nel Mercure Galant, commentando la notizia, si annuncia una
conversazione che il religioso e scienziato Claude Comiers (morto nel 1693), tra
i più autorevoli redattori del giornale, aveva avuto sull’argomento, le cui
interessanti osservazioni avrebbero meritato forma scritta. Il numero del
Mercure Galant del settembre 1687 pubblica le anonime Reflexions et doutes sur
l’âge de 400 ans que l’on attribué à un homme de ce temps, un testo scettico che
raccoglie osservazioni a sfavore della possibilità dell’immortalità. Il testo
viene confutato prontamente da Claude Comiers in una parte aggiunta alla
ristampa per i tipi di Jean Leonard (Bruxelles 1688), dell’opuscolo
La Medecine Universelle ou l’Arte de se conserver en Santé & de prolonger la Vie,
in cui il prelato pubblica una Response aux Reflexions & Doutes d’un Anonyme sur
l’ âge de 400 ans de Löuis Galdo.
A questo punto il caso diviene internazionale, ed il citato Sebastiano Casizzi,
autore di cui non abbiamo alcuna notizia ulteriore, nel 1690 pubblica
La Critica
della Morte overo l’apologia della vita esposta in lingua Francese dal Signor di
Comiers Prevosto di Ternan. Trasportata in Italiano a prode universale &
aggiontoci un Racconto con alcune Lettere curiose per gli amatori della Scienza
Ermetica... (Venezia 1690). Il testo, alla traduzione integrale dell’opuscolo di
Comiers, affianca in effetti un Racconto intorno ai successi del Signor Federico
Gualdi diretto dal Traduttore al Signor Prevosto di Ternan (pp. 106-120), che
narra di alcune vicende veneziane del Gualdi, cui sono poi aggiunte una serie di
lettere di soggetto alchimistico tra Federico Gualdi ed alcuni anonimi
corrispondenti (pp. 121-172). Il testo conosce una pronta fortuna e se ne
conoscono ben cinque riedizioni successive (1694, 1697, 1699, 1704 e 1717).
Le notizie biografiche contenute nella Critica, (in cui finalmente il presunto
Löuis Galdo diviene Federico Gualdi), il suo già citato tentativo di ottenere
uno statuto di nobiltà dal governo di Venezia attraverso la risoluzione del
problema dell’Acqua alta, la narrazione del suo amore respinto per la giovane
figlia del casato dei Crotta, di cui egli aveva fatto prosperare le miniere,
insieme ai riferimenti ermetici operativi delle lettere accluse al Racconto ed
alla misteriosa sparizione del protagonista, costituiscono validi elementi per
un sicuro successo della pubblicazione. Nel 1695 la Critica viene citata
dall’alchimista napoletano
Scipione Severino. Nel 1700 il testo viene tradotto in tedesco, scatenando
una serie di reazioni avverse o favorevoli alla presunta età dell’eroe. Nel
1735, nella parte prima delle Lettere di Risposta del patrizio ascolano prospero
Cataldi, dedicate alla pietra filosofale, le lettere alchemiche di Federico
Gualdi raccolte nella Critica vengono lungamente commentate.
Successivamente, nel 1740, la traduzione inglese dell’Hermippus Redivivus di
Johann Heinrich Cohausen (1665–1750) riprende la leggenda di Gualdi,
consegnandola al pubblico di lingua inglese. Nel 1799 William Godwin pubblica il
romanzo
St. Leon, a tale of the sixteenth century, in cui uno dei personaggi
principali è chiaramente ispirato da Gualdi [11], inaugurando una genere di
narrativa di tematica rosicruciana che arriverà fino allo Zanoni di
Edward Bulwer Lytton [12].
Nel frattempo, le affermazioni di Hultazob, di Cagliostro e di altri usurpatori
del nome Gualdi contribuiscono a formare una leggenda di immortalità dai tratti
confusi ed affascinanti [13]. Giacomo Casanova nel 1763 smaschera ad esempio un
presunto Gualdi, ed intorno al 1770 un altro Gualdi, stavolta in abito Talare,
circola per Genova [14].
Il processo di formazione della leggenda culmina con la ritualizzazione della
memoria dell’iniziato veneziano. Hargrave Jennings, nel 1870, parla di Gualdi
nel suo
The Rosicrucians, their rites and mistery. Nel decennio degli ’80 il nome di
Gualdi, divenuto un maestro ancestrale, è associato al grado di ‘’Zelator’’
nella ‘’Societas Rosicruciana in civitatibus foederatis’’, una massoneria
rosicruciana americana. Nel 1934 Alice Bailey, in una dichiarazione, considera
Gualdi (il Maestro Veneziano) come uno dei maestri della gerarchia invisibile
della teosofica Grande Loggia Bianca [15].
Nel 1988 Umberto Eco allude al personaggio ne Il pendolo di Foucault, creando
nella logica del romanzo una nuova via a Milano: «La via Marchese Gualdi»
destinata a ospitare la casa d’edizione Manunzio specializzata nelle
pubblicazioni esoteriche[16].
Fonte
in Riferimento a Gualdi Philosophia Hermetica, seguita dall'Opus philosophicum dello stesso autore, Alessandro Boella, Antonella Galli, ed. Mediterranee, 2008.
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