La fama del vate
dopo la morte fu tale che egli fu considerato una divinità degna
di ricevere onori, lodi, preghiere, e riti sacri. Già
Silio Italico (appena un secolo dopo), che acquistò la villa
e la tomba di Virgilio, istituì una celebrazione in memoria del
Mantovano nel suo giorno di nascita (le Idi di Ottobre). In tal
modo questa celebrazione si tramandò anno per anno nei primi
secoli dell'era volgare, diventando un punto di riferimento
importante soprattutto per il popolo napoletano che vide in
Vergilius il suo secondo patrono e spirito protettore della
città di Napoli, dopo la vergine Partenope. Ai suoi
resti (cenere ed ossa), conservati nel sepolcro da lui stesso
concepito secondo forme e proporzioni pitagoriche, fu attribuito
il potere di proteggere la città dalle invasioni e dalle
calamità. Nonostante le divinità pagane venissero
dimenticate, di Virgilio si mantenne comunque intatto il
ricordo, e le sue opere furono interpretate cristianamente.
Egli divenne in
particolare un simbolo dell’identità e della libertà politica di
Napoli: fu per questo che nel XII secolo i conquistatori
normanni, col consenso interessato della Chiesa di Roma,
acconsentirono ad un filosofo e negromante inglese di nome
Ludowicus di profanare il sepolcro di Virgilio con lo scopo di
rimuovere ed asportare il vaso con le sue ossa, al fine di
indebolire e sottomettere Napoli al potere normanno distruggendo
l’oggetto di culto che era la base simbolica della sua
autonomia. I resti di Virgilio furono salvati dalla
popolazione che li trasferì all’interno di
Castel dell'Ovo...
Nota di IniziazioneAntica: "è
plausibile un'ipotesi al riguardo, ovvero che la leggenda di
Castel dell'Ovo debba attribuirsi proprio all'urna a forma
ovoidale contenente le ceneri di Virgilio."
...ma in seguito vennero qui
sotterrati e nascosti per sempre ad opera dei Normanni. Da
allora i napoletani ritennero che il potere protettivo del Poeta
verso la città fosse vanificato. E la storia di Napoli
(caratterizzata da lunghe dominazioni straniere e dalla mancanza
di autonomia) nei secoli successivi al XII sembra confermare la
loro convinzione. Il ricordo di Virgilio però, soprattutto nel
popolo napoletano, rimase sempre vivo. Alla fama di
sapiente per la tradizione colta, con il tempo si affiancò
quella di mago nella tradizione popolare, inteso come
uomo che conosce i segreti della natura e ne fa uso a fin di
bene. Di tale interpretazione ci resta un
corpus basso-medievale di leggende che hanno come sfondo
soprattutto le città di Roma e Napoli: ad esempio, tanto per
citarne una, quella che lo vede costruttore del Castel dell'Ovo
magicamente edificato sopra il guscio di un uovo magico di
struzzo che si sarebbe rotto solo quando la fortezza fosse stata
definitivamente espugnata, oppure quella che riguarda la
creazione e l’occultamento sotterraneo di una specie di
palladio (una riproduzione in miniatura della città di
Napoli contenuta in una bottiglia vitrea dal collo finissimo)
che per magia protesse la città dalle sciagure e dalle invasioni
finché non fu trovato e distrutto da Corrado di Querfurt,
cancelliere dell’imperatore Enrico VI inviato nel XII secolo a
conquistare il Regno di Sicilia (che allora comprendeva anche la
città di Napoli). Durante l’alto Medioevo Virgilio fu letto con
ammirazione, il che permise alle sue opere di essere tramandate
completamente. L’interpretazione dell’opera virgiliana utilizzò
largamente lo strumento dell’allegoria: al poeta fu infatti
attribuito un ruolo di profeta di Cristo, basandosi su un brano
delle
Bucoliche (la IV ecloga) annunciante la venuta di un
bambino che avrebbe riportato l'età dell'oro e identificato per
questo con Gesù.
Oh Muse sicule, alziamo un poco il
tono del canto:
non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici;
se cantiamo le selve, le selve siano degne di un console.
E' arrivata l'ultima età dell'oracolo cumano:
il grande ordine dei secoli nasce di nuovo.
E già ritorna la vergine, ritornano i regni di Saturno,
già la nuova progenie discende dall'alto del cielo.
Tu, o casta Lucina, proteggi il fanciullo che sta per nascere,
con cui finirà la generazione del ferro e in tutto il mondo
sorgerà quella dell'oro: già regna il tuo Apollo.
Sotto di te console inizierà la gloria di quest'era,
o Pollione, e i grandi mesi cominceranno a trascorrere.
Con te guida, se resteranno vestigia dei nostri delitti,
esse saranno vanificate e le terre sciolte da perpetua paura.
Egli riceverà la vita degli dei, egli vedrà gli eroi
misti agli dei, ed egli stesso apparirà ad essi,
e reggerà l'orbe pacato dalle virtù patrie.
Per te, o fanciullo, la terra senza essere coltivata,
spargerà i primi piccoli doni, le edere erranti
qua e là con la baccara e la colocasia con il ridente acanto.
Le capre riporteranno da sole le mammelle piene
di latte, e gli armenti non temeranno i grandi leoni.
La stessa culla spargerà per te blandi fiori.
Anche il serpente scomparirà, anche la fallace erba di veleno
scomparirà; ovunque nascerà l'assiro amomo.
E quando già leggerai le lodi degli eroi
e le imprese del padre, e potrai conoscere cosa sia la virtù,
a poco a poco la campagna imbiondirà di molle spiga,
dagli incolti pruni penderà l'uva rosseggiante,
e le dure querce stilleranno miele rugiadoso.
Tuttavia resteranno poche vestigia dell'antica frode,
che faranno affrontare Teti, che faranno cingere di mura
le città, che faranno incidere di solchi la terra.
Allora vi sarà un altro Tifi e un'altra Argo
che trasporti eroi scelti; vi saranno anche altre guerre,
e di nuovo sarà mandato a Troia il grande Achille.
Poi, quando la salda età ti avrà fatto uomo,
il mercante da solo si ritirerà dal mare, né le navi di pino
scambieranno merci; la terra produrrà tutto.
Il suolo non patirà rastrelli, né la vigna la falce;
anche il robusto aratore scioglierà i tori dal giogo;
e la lana non imparerà più a fingere i vari colori,
ma l'ariete da sé nei prati muterà il colore del vello
con la porpora soavemente rosseggiante, con giallo del croco:
spontaneamente il carminio vestirà gli agnelli pascolanti.
"Tali secoli affrettate", dissero ai loro fusi
le Parche concordi nell'immutabile volontà del Fato.
Sarà già tempo di raggiungere gli alti onori,
o cara prole degli Dei, o grande rampollo di Giove!
Guarda il mondo che scuote la convessa mole,
e le terre e le distese del mare, e il profondo cielo!
O mi rimanga l'ultima parte di una lunga vita,
e mi basti lo spirito per celebrare le tue imprese:
Né il tracio Orfeo né Lino mi potranno vincere
nel canto, sebbene l'uno assista la madre, l'altro
il padre, Orfeo Calliope, il bel Lino Apollo.
Anche se Pan gareggiasse con me, a giudizio di Arcadia,
persino Pan si dichiarerebbe vinto, a giudizio di Arcadia.
Comincia, o piccolo fanciullo, a riconoscere col sorriso la
madre:
alla madre nove mesi arrecarono lunghi travagli.
Comincia, o piccolo fanciullo: a chi non sorrisero i genitori,
né un dio concesse la mensa, né una dea un letto.
VIRGILIO,
Bucoliche,
Egloga IV
Virgilio venne quindi
rappresentato come vate, maestro e profeta nella
Divina Commedia (Purgatorio, canto XXII, vv. 67-72) da
Dante Alighieri, il quale ne fece la propria guida
attraverso i gironi dell'Inferno e del Purgatorio.
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« O
de li altri poeti onore e lume, vagliami 'l lungo
studio e 'l grande amore che m' ha fatto cercar lo
tuo volume. » |
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(Inferno, Canto I,
81-83) |