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Introduzione
di
G. De Castro
Havvi chi nella storia scorge una trama
sempre interrotta, una maglia che perpetuamente si sfila, e riguarda i fatti
come orfani intorno al cui capo ondeggiano i fili che un genio del male recise :
e havvi chi vede nella storia un tessuto di meravigliosa fattura. Per
quest'ultimi nulla vi ha di accidentale nella vita .del mondo. Tutti gli
avvenimenti combaciano; senza di che l'edificio della civiltà rumerebbe. Per
quest'ultimi, come per noi, la comparsa e l'azione delle società segrete non è
fenomeno singolare e inesplicabile, non è forma transitoria, non è effetto
inatteso e fugace, ma è consapevole e preveduta esplicazione di cause note. Le
società segrete furono necessarie come le società palesi. La sola superficie non
costituisce un oggetto. L'albero suppone le radici. Nel lavoro di
sovrapposizione che si nota nelle vicende umane, vi sono gli strati latenti,
oscuri, senza nome, i quali, sospinti da quella legge universale che affatica
tutte le cose verso il progresso, si schiudono una via alla luce. Ogni cosa
tende a salire nel mondo. Accanto agli imperi della forza, agli idoli della
fortuna, ai feticci della superstizione, dovette in ogni secolo ed in ogni Stato
esistere un luogo ove l'impero della forza cessava, ove gli idoli non erano più
adorati, ove i feticci erano derisi. Fu il gabinetto del filosofo, il tempio del
sacerdote, o il sotterraneo del settario. la reaziono , provocata la rivolta. Le
società segrete non furono solo destinate a convertire, a giusto tempo, l'acciajo
in un pugnale, ma a conservare all' acciajo la primitiva elasticità. Ogni
società segreta è un atto di riflessione, quindi di coscienza. Solo pel fatto
del costituirsi, la personalità umana vi si manifesta in quella facoltà, che è
essenziale al suo incremento. Solo mercè le società segrete l'assolutismo fu
scuola e fomite di riflessione alle plebi spensierite, ignoranti e codarde.
Quante volte l'ineguaglianza regnò sulla terra, l'eguaglianza cercò l'ombra e
nell'ombra proseguì la sua grand'opera; non fuggì ma si ritrasse in oscuro asilo
per meditare la riscossa; non capitol , ma fortificossi nel silenzio e nel
dolore. La riflessione accumulata, fissata è la coscienza. Pertanto le società
segrete sono, in certo qual modo, l'estrinsecazione della coscienza nella
storia. Ogni uomo ha in sè medesimo qualche cosa che è lui, ma che nello stesso
tempo lo veglia, come se non fosse una cosa medesima con lui, come se fosse
fuori di lui. Codesto quid obscurum è più forte di lui; e' non può ribellarsi al
suo impero, sottrarsi al suo esame, fuggirlo; ed è ciò che gli sopravive, che
sopravivc a tutto, che giudica tutto. Questa parte di noi è intangibile; il
ferro del sicario, la mannaja del carnefice non la raggiungono; non la seducono
lenocini, non la placano scongiuri,'_non l'atterriscono minaccie. Essa crea in
noi un dualismo, la cui forma e la «ui pena si chiama rimorso. Quando l'uomo è
virtuoso, in pace con sè medesimo, si sente uno; il quid obscurum non lo
opprime, noi tortura ; ma quando egli opera male, una parte di lui, e la
migliore, gli si ribella; alcun che si distacca dalle arcane profondità del suo
spirito; qualche cosa d'immenso, d'inesorabile lo soffoca. Un occhio, l'occhio
del Dio che in lui risiede, sta sempre spalancato in lui e su lui. La società
segreta è l'espressione di questo dualismo riprodotto e ingrandito ne'consorzi
umani; è il quid obscurum della politica, l'occhio invisibile che vede ogni
cosa. Il tiranno è agghiacciato sul suo trono e fra mille armati da quello
sguardo, il cui lampo cerca in tutte le pupille, in tutte le spade, in tutte le
carte. Egli sente quello sguardo come visione in sogno. Senza supporre nè
l'ordine di natura, nè un primitivo contratto sociale, è evidente che gli
uomini, unendosi in famiglie, pongono in comune le loro idee, le loro forze e le
loro coscienze. Se lo Stato il più delle volte non possiede un'individualità
legittima, la patria può ognora chiamarsi un ente collettivo, un organismo
animato dallo spirito di molte generazioni, un punto d'intersecazione e di
ritrovo de'mille che nel sacro nome della terra natale s'amano e accertano
l'immortalità del pensiero. Questo scintillante punto d'intersecazione, questo
foco, è la pubblica coscienza; e il rimorso di questa si noma società segreta,
rimorso vendicatore e purificatore. Ecco dunque, a così esprimerci, la ragiono o
la missione delle società segrete ; ma chi può numerare le cause determinanti?
Chi può dire le forme svariatissime che assumono mercè l'azione sincrona di
cagioni generali e locali ? Chi può fare il bilancio e il preventivo degli
incomputabili motivi? Come niuno può intentare processo al fulmine, come niuno
può misurare le nubi che nel capace grembo elaborano la tempesta; così niuno può
sommettere a calcolo i moventi immediati dai quali s'inizia, gli elementi
disformi de'quali si compone lo scisma, la congiura, la rivoluzione. Dalla
straordinarietà degli effetti certo può indursi la straordinarietà, la
grandezza, l'insistenza delle cagioni ; ma l'intreccio e l'alterno prevalere di
ueste, l'attrazione che esercitano, sfuggono all' analisi. Il mistero precinge
la notturna fecondazione. Dai più disparati sentimenti trae vigore la setta. Le
materie più preziose ed insieme le meno elette concorrono a formare questo
gigante, rifusione ciclopica e tetra di quanto s'agita, ribolle e schiuma nelle
viscere sociali. Nella descrizione de'templi antichi un'espressione colpisce la
fantasia; udendo parlare del mare di bronzo, s'immagina alcun che di simile ad
una fornace ardente, in cui il metallo liquido aspetta di essere gettato nello
stampo e di ricevere una forma artistica. Quell' immagine ci riede alla mente
qui, e per non so quale ravvicinamento vorremmo applicarla alla società segreta,
la quale del pari, indigesta e farraginosa accolta di cose e d'uomini,
coll'andar de'secoli s'imprime di tale grandiosità, raggiunge tale euritmia di
parti, da formare un tutto indissolubile. Che importa che la lega entri nella
miscela ? La lega entra altresì nell' aurea monetuzza a si gran studio custodita
negli scrigni. Che importa che sotto la superficie diamantina si celino lati
vulnerabili e parti meno pure ? La concrezione non è meno stupenda; e la storia
naturale dell' umanità può a buon diritto collocarla nel proprio museo come la
geologia s'affretta a collocare nel proprio museo le roceie vuleaniche. Vera
roccia, la sabbia vi è mista all'alabastro; ma possiede la formidabile
resistenza della roccia , e quell' immobilità che non si spaventa dell'abisso
schiuso al di sotto e che cessa solo il giorno in cui deve piombare sul capo
degli uomini e delle istituzioni. Consideriamo la massa, il cui peso ci sarà più
ch'altro accertato dalle rovine. Dov'è la società segreta? È là, campata in
alto, aggrappata all'ordine di cose di cui medita la rinascita mercé la morte,
la rinnovazione mercè la distruzione ; ed a cui vuole addurre la luce mercè
l'incendio. Niuno la discerne; ma pur tutti la sentono al di sopra e al disotto
di sè, in una regione ignota. Vorremmo compararla ad 'ina stella invisibile, ina
di cui perviene sino a noi la luce ; a quel calore che parte di là ove niuno mai
pose il piede, ma che noi sentiamo e constatiamo col termometro, scendendo nelle
profondità della terra. A quel segno, a quel centro, di cui è spesso vana opera
il rintracciare l' ubicazione, tendono istintivamente tutti gli elementi
centrifughi di uno Stato. Già la forza attrattiva di questo indebolisce
all'appressarsi della nuova forza latente, introvabile, impunibile, forza che ha
la ragione e quindi il diritto di esistere, a che niuna società può rimuovere o
respingere da sè come la nebulosa non potrebbe , anche volendolo, ricacciare da
sè 1" astro o la recondita forza apportatrice di vita, che colla propria
attrazione la raddensa in nuovi soli, la congloba in nuove lune, la spinge
peregrina negli spazi , o la volge a mo' di anello intorno i vetusti soli. Così
si spostano i fuochi della storia umana ; così l' umanità prosegue una meta
fuggente davanti a lei, e volge intorno ad un centro ignoto, come è mal noto
quello intorno a cui faticosamente intreccia i propri moti il nostro sistema
planetario. Uno dei più ovvii sentimenti, ispiratori delle società segrete , è
quello della vendetta , ma della buona e provvida vendetta, aliena dai rancori
personali , assente ove si discute un interesse vulgare, che vuoi punire le
istituzioni e non gli individui, colpire le idee e non gli uomini; la gran
vendetta collettiva, retaggio che i padri trasmettono ai figli, pio legato
d'amore che santifica l'odio e ingrandisce la responsabilità e il carattere
dell' uomo. Perocchè havvi un odio legittimo e necessario, quello del male, e
certo questo medesimo odio potè far brillare nella pupilla de'mistici una
lagrima sul destino di Satana (santa Teresa); quest'odio medesimo potè insegnare
la tolleranza , e rinfocolare la carità. Chi odia davvero il male sente il
tragico compianto per tutte cose sfruttate dal male , a cui appunta il dardo
come l'infelice Tell che colpiva il pomo salvando l'oggetto delle sue maggiori
tenerezze; ardua separazione, pericolo ogni giorno rinnovantesi, confusione
fatale. La ruvida mano della giustizia sociale mal riesce a colpire sanando; e
le trema in pugno la lancia d'Achille; e nel lugubre intreccio del male colla
vita recide promiscuamente le fila d'oro che andrebbero separate con sottile
industria e con occhio amoroso. Quest'odio forma la salvezza de'popoli. Guai al
popolo che non sa odiare , perchè il male si chiama servitù, superstizione,
intolleranza, ipocrisia! Il Chinese non odia. Per acquistare il diritto di
amare, di trionfare nell'amore, bisogna odiare il male; echi non cresce a questa
scuola non può serbarsi nè libero, nè felice, nè amante. Ogni società segreta è
una pallida famiglia di vendicatori. Quegli uomini sono stretti da infrangibile
giuramento; i loro riti si direbbero il programma dello sterminio ; ma la loro
amicizia è tenera e soave. Guardateli in viso; scuri e smorti : ma parlate loro
della patria, della libertà, della verità, e il loro volto si rasserena, ride
d'una luce ineffabile. Quando i patrizi di Roma immolarono Tiberio Gracco,
costui prese un pugno di polvere e lo gettò verso il cielo. Quella polvere
dovette fecondare una società segreta, una società di vendicatori e he
lavoraronoin silenzio all'intrapresa proscritta e glorificata nel martirio. Ne'
campi infiniti del cielo la nascita , la morte e la rinascita avverano la
leggenda delle iniziazioni antiche. Se ci fosse dato cancellare le distanze
dello spazio, e accostare i periodi di tempo immensurati, e congiungere i
remotissimi termini, vedremmo germogliarvi miriadi di mondi come l'erba di una
notte; vedremmo il moto incessante della condensazione progressiva; vedremmo i
mondi spuntare, fiorire e riedere etere incomposito; quindi ripigliare e forma e
moto e Juce. Così le società nascono e muojono, fioriscono e sfioriscono. La
loro giovinezza tramonta, e pallore di morte le copre; ma i magici colori, di
che si compose l'iride d'una civiltà, trapassano a scintillare sul capo d'una
nazione novella, e mai non si spegne la lampana della vita. Come cadono gli
imperi? Rovinano forse da sè per vecchiezza o per istanchezza? Si suicidano
forse in un'ora di tedio dopo avere troppo goduto, troppo combattuto, troppo
abusato della lotta e della vittoria? Spezzano la possente lor spada il giorno
in cui non hanno più nulla da colpire? Rinunciano alla voluttà del comando il
giorno in cui sentono il nulla della sovranità? Il .soverchio peso sfascia forse
l'intelajatura dell'edificio? La base s'inabissa quando il vertice sta por
aggiungere le nubi? L'ambizione, che nulla più soddisfa, divora forse il corpo
medesimo a cui impose legge di perpetui aggiungimenti, di accumulamenti
interminabili e di conquiste senza fine ? Per ultimo, gli Stati muojono perchè
scelgono di morire; perchè sprezzano il mondo, la vita e forse sè stessi; perchè
costretti di odiare, per conservarsi, anche il bene che li soverchia e il genio
che li condanna, non trovano nell' odio quella fede e quella costanza che
provengono solo dall'amore? Se ciò non fosse gli Stati durerebbero eterni? No.
Gli Stati non scelgono di morire ; l'istinto della conservazione non tace mai in
essi; s'attaccano alla vita con energia disperata; lottarono nel formarsi,
lottano nel dissolversi; e non posseggono lo stoicismo del suicida che si fa
svenare nel bagno ed esplora i fenomeni della morte, i quali e' non potrà ridire
nemmeno a sè stesso. Però la loro caduta è imponente ; discendono, ma reluttanti,
ma riguardando, sospirando, ritentando la perduta altezza. Ebbene: perchè
discendono? Non hanno per essi la forza, il diritto storico, la fede e
l'abitudine del comando? Che cosa li forza all'abdicazione? Il braccio
invisibile cheli ricaccia nel nulla da cui li sollevò, e la temuta mano che
scrive il Mane, Thecel , Phares, sono forse il braccio e la mano di Dio ? Niuno
può escludere dal governo del mondo l'arcano spirito che gli antichi dissero
Fato e i moderni Provvidenza, che è quella parte della ragione delle cose che
sfugge tuttavia alla mente ed all' impero dell' uomo. Ben vorremmo rimuovere
questa incognita dal computo per sostituirvi ciò che veramente sappiamo e
sentiamo essere ispirazione e azione divina in noi e fuori di noi, ma ancora noi
possiamo. Però il divino qui è noto; la forza misteriosa ineluttabile non emana
da quella provvidenza anonima, che può appellarsi l'asilo delle nostre ignoranze
e delle nostre paure, ma da una provvidenza del tutto umana, che elabora nel
seno della società medesima i propri decreti. Lo Stato è colpito dalla mano
'della Società, segreta oggi, palese domani; oggi militante, domani vittoriosa.
Se ciò non fosse la storia della caduta degli imperi si ridurrebbe all' analisi
chimica della putrefazione; Gibbon non avrebbe speso vent'anni nella sua
grand'opera. La qual putrefazione viene dissimulata a gran cura. I contemporanei
e i posteri si studiano di vestire sontuosamente i cadaveri. La vanità , l'
etichetta, la servilità esigono che tutti gli onori sieno resi alle podestà
defunte. Alla lunghissima agonia succede un periodo in cui manca la certezza del
decesso, e non è rimosso il pericolo della rinascita e della vendetta.
S'imbalsama il corpo che non s'osa ancora appellare un cadavere ; e si parla a
bassa voce onde non isvegliarlo. Porse esso dorme ! Da qui un prolungamento, non
della vita, ma delle apparenze della vita; spento è il tiranno, ma è superstite
il terrore del suo nome. Però quel che vive davvero, quel che vive di tutta la
vita propria e di quella di cui ha privato l'immane ed esanime corpo vestito di
sontuosi drappi, a cui l' ipocrisia e la paura tributano lagrime ed omaggi, è
quel che jeri traeva esistenza calunniata e perseguitata. L'orgia è finita, sono
spente le torcie e riede il sole. Questo lavoro si sottrae all'osservatore
superficiale; e si compie in sì lungo periodo di tempo che non si può notarne
giorno per giorno i progressi. Chi scopre la nascita di una ruga? Lo specchio
più assiduamente consultato non racconta in un sol giorno la tragica storia
della bellezza che fugge e della gioventù che declina. L'edificio sociale è
ancora ritto e fermo sulla sua base, superbamente eleva nell'aria la sua cupola;
lo si direbbe più che mai solido e duraturo ; ma, reggia o tempio, questo
edificio, corroso e screpolato, diverrà un cumulo di macerie. Nulla perisce con
esso; quanto meritava di sopravivere è quanto ha provocata quella rovina, ed ha
ricostrutto la propria città per abitarvi il giorno, in cui le vecchie case
cadranno sotto il peso d'un'antica maledizione. La città nuova è costantemente
il lavoro delle sette. La città vecchia si decreta l'immortalità; triplice
cerchio di mura la protegge dagli assalti dei nemici e da quelli del tempo ; ma,
come quelle di Pietroburgo, bisogna ricostruirle ogni secolo, riattarle ogni
giorno. Un mattino mancano gli operai; il popolo degli artefici passò sotto
altri capi ; e i Liberi Muratori costruiscono la Gerusalemme ideale. La città
ideale, ecco la vera meta delle società segrete. Questa idealità può essere più
o raeno rottamente compresa, più o meno disforme da quella" che rinsangua le
nostre attuali istituzioni, ed a fui noi opi<ri aneliamo; ma ù pur sempre un'
idealità, cioè un' aspirazione di progresso, una tendenza a fecondare nel grembo
de' popoli addormentati od inserviliti i germi dell'avvenire. Certamente il più
spesso lo spettacolo degli abusi desta il proposito della riforma; il secolo di
Leone X, forse perciò detto grande, maturò gli sdegni immortali di Lutero; ma
una volta concepito questo pensiero di rivolta, esso tende a collegarsi a
principii d'ordine superiore, e rapidamente si trasmuta da inconscio moto d'ira
più o meno generosa in consapevole e meditato programma. Forse quel moto è
tratto istintivamente a cercare la sua giustificazione colà, ove non si può
supporre prevalgano bassi ed ignobili motivi. Per sussistere e per agire quel
moto sente la necessità di quel battesimo, che soltanto un' altissima fede
largisce ai deliberati campioni del diritto. Quante contradizioni nel programma
che tien sì davvicino dietro alla protesta; ma insieme quanta vita, quanta
schiettezza, quanta saldezza! Per mille vincoli s'attiene al fatto che gli diede
origine; la sua concitazione rivela lo sdegno non ancor disciplinato; ma pure tu
senti che esso appartiene più al domani che all'oggi, che esso non rinnega
l'attualità ma se ne dilunga, che non rifiuta il fatto ma lo considera sotto
nuovi rapporti. Havvi in quel programma una forza d'ascensione che può farlo
pericolare, ma che può altresì sospingerlo oltre le nubi. S'esso saprà dirigersi
nel nuovo elemento da esso tentato, e per poco non diciamo da esso creato, lo
vedremo grandeggiare sulle nostre teste , e illuminarsi d'una luce senza
tramonto. Ieri esso radeva, a così esprimerci, il suolo; era una polemica, un
litigio, una controversia; oggi è campato nell'aere a tale altezza che noi,
cercando cogli occhi il cielo, ci abbattiamo ed arrestiamo in esso. Ieri gli
avresti dato un giorno di vita; ma oggi non puoi misurare la stagione che lo
vedrà fiorire e che esso farà fiorire. Senza questo provvido istinto la gran
contesa muterebbesi in un meschino pugilato. La nobiltà dello scopo e la dignità
de' combattenti esigono le maschie preparazioni. I guerrieri salutano colla
preghiera l'aurora della fatale giornata. Perchè si recano a combattere? Essi lo
sanno, ed hanno d'uopo di saperlo. Una società palese, un esercito stanziale
ponno sussistere senza idee e contro le idee; ma non una società segreta, un
esercito di settari. Qui sta la differenza. Il successo, la logica de' fatti
compiuti danno spesso stabilità alle istituzioni politiche più sprovvedute di
forza vitale e d ragione storica; ma le società che si formano contro il
successo autorato, contro la logica codarda de'nudi fatti, hanno d'uopo di dir
ciò che vogliono. La loro ragione storica consisto nel loro programma ; troppo
forti e troppo deboli ad un tempo per farne a meno, l'assenza d concetti
generali e fecondi le riduce a proporzioni spesso ridevoli, sempre meschine. A
questa stregua si può giudicare l'opportunità, il merito, la vitalità delle
sette; nè può dirsi un programma quello che invoca solo distruzione. Il genio
delle rovine consola gli ultimi istanti di una società decrepita, a cui apprende
quella dignità che nobilita la caduta; ma non può propiziare la nascita d'una
società novella, quand'anche questa veda sorgere la prima alba attraverso le
fessure d' un sotterraneo o le sbarre di un carcere. I settari non sono
coscritti, non pagano l'imposta del sangue; sono soldati volontari, accettano
una servitù volontaria. Però essi, ribelli a tutte servitù, accettano questa
purchè .glorificata dall'altissimo scopo. Questo immortale edificio non è ancora
compiuto, e forse non lo sarà mai. Le demolizioni ritardano e impacciano; ed è
arduo elevarsi sulle macerie. Altri lo comparò alla torre di Babele; ma è una
bestemmia. Alla città ideale s'aggiusta più presto quella leggenda del tempio
serbata con minuziosa fedeltà ne' rituali massonici, e simbolica di
quel!'architettura morale che è la scienza e l'arte di tutte le società
posteriori, coeve e posteriori alla massoneria. In vero sussiste l'orgoglio
babelico di dar la scalata al cielo; ma non è codesto l'orgoglio, non tradito
certo, della scienza? Non è codesto l'orgoglio, non medicabile, del genio ? Noi
non sollecita gelosia del cielo, ma vaghezza di rifare il cielo nella terra e
nel cuor nostro, e di concorrere all' attuazione di quel regno dei cieli che ci
fu promesso da Cristo. Però la cazzuola muratoria non è punto più irriverente
alle inaccesse solitudini del firmamento di quanto lo sia il telescopio d'Herschel.
Vogliamo soverchiare le nubi, non per rovinare di là gli 'angeli, ma per volare
com'essi e con essi. Nullameno potè l'apparenza dar ragione ai contraditori.
Quante volte un pallido satellite fu da noi giudicato un sole! Quante volte i
nuovi piani dell'edificio da noi laboriosamente costrutti, ci rovinarono sul
capo, e fu mozza la colonna istoriata delle nostre gesta e delle nostre sventure
! Noi lavorammo in sensi così diversi e con sì diversi sistemi che ponemmo
spesso il piè in fallo, e ci fu forza ricostrurrs quello'che con lu ngo studio
avevamo eretto. Nelle faticose spirali, nelle lunghe salite ci venne obbliata
sovente la perpendicolare o trascurato il eentro d'equilibrio. Scorati ristammo;
ma indi la vergogna ci punse e ripigliammo vigore. Le inframmettenze de'maligni
e dei tristi pur ci nocquero, scambiandoci il sudato nobilissimo fine con quello
delle loro ambizioni. Quante volte la città ideale, che già sorgeva davanti
a'nostri occhi desiosi, dileguò al nostro accostarsi! Quante volte i vagheggiati
statuti di essa ci si vennero trasmutando in quelli di una casta ! Fu questo il
martirio dell'umanità nel corso de'secoli, la prepotenza deridendo le sue
utopie, la disuguaglianza rendendole inattuabili. La nuova Gerusalemme si levò
dieci volte; ma dieci volte le sue mura, macchiate di sangue, divennero quelle
di una prigione o di un sepolcro. Certo gli uomini di buona fede non mancarono
mai, che non si stancarono delle perpetue delusioni, che credettero nell'
eguaglianza anche quando potevano ragionevolmente supporla bandita da questo
mondo, e propria solo di quell'altro mondo in cui noi idoleggiamo, capovolta,
riflessa e sfumata, quella parte di noi medesimi che vive nel dolore, nell'amore
e nella speranza. Lu casta sostituì pur sempre lu sognata città. Erano lavori
subacquei somiglianti a quelli con cui si costruisce una diga; la torbida acqua
tendeva e riusciva a riprendere il primitivo posto; ma i palombari proseguivano,
respirando l'incorrotto aere dell'alto, l'ostinata impresa. La città ideale si
chiamò repubblica, aristocrazia, monarchia, chiesa, borghesia, associazione,
patria, umanità; ma nel corso de'tempi, pur mescolandosi ad interessi men degni
di lei, pur assumendo le forme meno desiderate e meno desiderabili, raccolse il
profumo di quella regione di cui i confini fuggono dinanzi i nostri passi, ma di
cui udiamo le misteriose voci quasi un saluto del cielo. Come vive uno spirito
in tutte le religioni che le avvince ad una medesima significazione, e le
compenetra in un solo possente organismo ; come in tutte discernesi il filo
d'oro di che componesi la trama della religione universale ; così in tutte
vicende ed istituzioni umane discernesi addentellato, e quel progresso che è
frutto e premio de' cimenti durati dagli uomini di buona fede e di buona
volontà; sicchè l'edificio non è compiuto, ma s'innalza, e giovano ad innalzarlo
anche i più rozzi materiali, mostrandosi l'elegante e squisito lavoro ne' gironi
più elevati come le traforate cimase e gli svelti pinacoli in un tempio gotico.
Gli enormi monoliti della base furono collocati al loro luogo dalle braccia di
schiavi; ma gli intagli e i bassorilievi dell' alto furono condotti dal genio o
dalla mano d' uomini liberi. Dalle insidie con che la vita trincerata noi
positivo, tenace de' privilegi ed avida di godimenti, si studiò stancare la
nostra impazienza o tradire la nostra credulità, scambiandoci in culla il
pargolo divino, fu provata la costanza delle sette, e non invano. La casta
oramai più non c'inganna; discerniamo il tempio di Dio da quello degli uomini; e
sappiamo che l' orizzonte non prefinisce il nostro mondo. Nelle nostre concitate
aspirazioni all'infinito; nelle nostre tenere espansioni; nelle nostre sublimi
ignoranze, coraggiose perchè sincere, non pretendendo conoscere ciò che si
sottrae alle nostre indagini, ma noverando i battiti del cuor nostro e
ascoltando religiosamente i consigli della ragione e le voci dello spirito,
fatto umile e docile dalle lezioni del vero; nulla più separiamo; ogni scissura
ci affligge come crudele distacco; ogni intolleranza ci ripugna. La nostra città
si è immensamente ingrandita ; non è più Gerusalemme, nè Roma; le sue vie sono
innumerevoli; soggiorno apprestato all'intera umanità, le sue costruzioni
invisibili surgono dovunque , e il suo tempio risiedo nel cuore di ciascun uomo.
È ben questa la città di Dio che Gesù, apostolo della religione dello spirito,
invocava; è ben questa la città del popolo, solo interprete e sacerdote del
divino nel mondo. Lo si comprende ! In faccia alle società segrete, non tutte,
nè sempre, le società palesi ebbero torto : le une e le altre ebbero ragione
d'esistere. Il grosso dell' esercito si muove preceduto dall'avanguardia; e i
governi, per indole e per abitudine, vengono rimorchiati, e non vogliono, e
forse non debbono rimorchiare. Non chiediamo troppo ai governi; e non e'
incresca rimangano alla retroguardia. Ebbene: i governi hanno fatto il loro
dovere, e le società segrete hanno fatto il proprio; i governi, dal più ài meno,
hanno oppresso, e le sette hanno vendicato e rivendicato. I governi più onesti
hanno dovuto transigere coll' ingiustizia, e le sette, custoditoci dell'ideale,
si sono rese impossibili per secoli, salvandosi per l'avvenire. Tutto ciò che ha
governato nel mondo non vale certo tutto ciò che ha in esso congiurato; ma la
porpora ha avuto il suo splendore,, e la storia nell'accettare molti trionfi non
credette necessario di ripeterò il solito ammonimento dello schiavo. Istituzioni
che cessarono d'essere opportune in un paese, iu un secolo, furono opportune in
un altro. I climi intellettuali come i fisici hanno influito a produrre
determinate condizioni politicilà, scusate dalla necessità, se non assolte dalla
ragione. Abborriamo dall' eclettismo di Montaigue, ma pure vi ha in esso un
sentimento di giustizia e di tolleranza verso ciò che fummo abituati a
considerare con perpetua diffidenza e con assiduo livore. La giustizia è una
buona cosa anche usata coi nostri nemici; e riconoscendo F inevitabilità del
fatto transitorio non intendiamo assolverlo, nè menomar.; la reverenza debita
allo idee immortali : queste, come gli Dei dell'Olimpo greco, non si allarmano
per uno sguardo benigno gettato alle sepolture degli Dei defunti. Non e'
incresca rammentarci che fummo fanciulli, e che il maestro ci battè della verga.
Per fermo non è possibile comprendere il tiranno d'un giorno; è un'anomalia, un
nonsenso troppo ripetuto e troppo temuto; ma pur lamentandolo si comprende il
despotismo russo; la storia fisica, morale, intellettuale della Russia ce lo
spiega. Abborninevole cosa fu ed è la schiavitù; ma più ch'altro fu prodotta
nell'an • tichità dall'assenza delle macchine. Però accanto al belletto che
simula la giovinezza, alla vernice che ricopre le scabrosità, alla
dissimulazione che tace il vero senza tradirlo, desiderasi la freschezza e la
schiettezza, coni' acqua a cui si disalterano gli assettati del bene ; ed è a
questa fonte che attingono i restauratori, i redentori del mondo, e che sgorga
perenne nella più recondita parte del santuario. Fra i mille incrociamenti delle
razzo che ne adulterarono il tipo, piace e consola questa razza di settari
conservatasi scevra da ogni meschianza, inalterata, come que' Baschi, superstiti
delle popolazioni autoctone dell'Europa scampate alle celtiche stragi. Benchè le
sette mirino a togliere od a menomare que' difetti che riscontransi nello stato
sociale, non isfuggono a quelle imperfezioni, la cui inevitabilità sembra
destinata a spronarci sulla via del progresso; ma non dobbiamo giudicarle alla
stregua comune. A considerare il pregio dell' opera intorno a cui spendono le
forze, noi potremmo in certo qual modo crederle impeccabili ed infallibili; ma
appunto contro l'infallibilità eretta a sistema esse combattono, e sono
lontanissime dall'attribuirsi e dal volere quel che non ammettono e non vogliono
negli altri. Neppur esse sono superiori alle funeste influenze che corrompono
gli istituti umani; ma la virtù consiste, ancor più che nell'essere e nel
serbarsi puri, nel divenirlo, vincendo quelle seduzioni a cui il maggior numero
soccombe. Certo le sette, cautissime nel1' accogliere gli affiliati, scrupolose
e severe nello sperimentarne l'indole e nell' esaminarne le passate azioni,
corrono forse miuor pericolo degli istituti palesi di essere tiranneggiate dal
primo venuto , dal più astuto , dal meno degno. La loro gerarchia è fondata sul
merito; il loro reggimento è rappresentativo; ma l'assenza della pubblicità è un
fomite di disordini. Di questa assenza non possiamo fare un' accusa , essendo
imposta dall' indole medesima del sodalizio , e dalle circostanze fra cui deve
schiudersi la propria via. Le tenebre non son certo prescelte dalla società
segreta per amore dell' effetto teatrale e del raggiro, e non è certo per
affettazione che essa raffigura nel sole la sintesi d'ogni idea religiosa, e
invoca costantemente la luce col patetico entusiasmo d'un amante che 6 da lungo
privo della vista dell' amata. Il Frammassone si consola ne'raggi della Stella
fiammeggiante di que'raggi che gli sono niegati; e il suo sole morale è in certo
qual modo un rimpianto di quel pieno giorno , in cui vorrebbe vivere ed operare.
Ma il mistero, se genera da un lato una forza anonima, che spaventa
l'immaginazione perchè non può venire misurata, se porge alla società quel
prestigio che altrimenti le mancherebbe, feconda del pari gli abusi, puniti da
leggi che non sono le nostre, e la cui sanzione differisce compiutamente dalla
nostra. Non già che la setta manchi di pene, e che non possa far rispettare i
propri statuti ; ma all'ombra di questi più facilmente s'ascondono i tristi, e
nella fitta oscurità è più arduo coprire i cattivi intendimenti e le opere
prave. Nel popolo di sinceri credenti spesso s'introducono i falsi leviti,
protetti dalla santità del luogo, e dall'innocenza de'compagni; i quali,
abusando di quella cieca obbedienza, senza cui mal potrebbero consentire e
cooperare uomini congiunti da vincolo misterioso, quasi sempre ignoti gli uni
agli altri e dispersi, li movono a proprio talento, e li aggiogano ad una
complicità, di cui essi, costantemente onesti e puri, subiscono gli effetti e
non conoscono la causa. Quante volte la massoneria non ci fa assistere a questa
scena dolorosa d'uomini illusi da pochi astuti, e d'una gran causa negletta per
una piccola e meschina ambizione ! Ma l'onestà del maggior numero assolve e
riabilita l'istituto, e sentiamo che i pochi sono intrusi e null' altro. Le
contradizioni della massoneria ponno soltanto spiegarsi mercè l'intromissione
d'elementi eterogenei, a cui è agevolata la prevalenza dalla comune docilità e
dalla generale buona fede ; e chc spendono per la causa del male forze
disciplinate con uno scopo virtuoso e composte d'uomini che conoscono e
affrontano, le insidie de' nemici ma impreparati alle insidie di falsi amici. La
setta gesuitica conobbe che questo era il lato vulnerabile della ròcca e seppe
introdurvisi e mantenervisi. Appunto perchè la più larga idealità informa la
setta, e che i suoi membri sono nobilitati dal solo fatto d'appartenervi, e che
1' opera ch'essa conduce è opera di buona fede, s'ignorano que' sospetti che
altrove, assiduamente vigili, infrenano gli abusi, e che qui sono relegati ed
organizzati nelle caute iniziazioni e nelle rinnovate prove. In vero non mancano
all'interno della setta que' presidii che la diffidenza e l' esperienza seppero
erigere altrove; ma da questi è ravvalorata la certezza che niun intruso possa
sedere al banchetto fraterno e bere alla tazza comune. Ove è grande la fiducia,
il tradimento sembra impossibile; e Gesù sbigottì i discepoli quando annunciò
che fra essi trovavasi colui che doveva tradirlo. Fu da altri detto che le
religioni sono l'archeologia dell'umano sapere. Senza meno la mitologia
comparata, scienza pressochè nuova, ci ritrae un'immagine della vita antistorica
dell' umanità , di quel periodo in cui l'uomo vagheggiò, inconsapevole , sè
stesso nell'iride trasmutabile del mito. Di tutte le arti quella che produce e
trasforma le religioni è la primissima di tutti i popoli ; la più feconda di
creazioni, di prodigi e di paure; quella che più seduce e più illude. Non pure
un popolo esce dal vagellamento infantile, in faccia all'arcana immensità delle
cose, si sente solo, ed ha sgomento della natura e di sè; come quell'eroe di
Chamisso, pur di non sentirsi solo, vorrebbe, potendolo, credere nella propria
ombra , sperare in essa e adorarla; ma l'ombra dilegua; e d'un'altra ombra va in
traccia meno fuggevole, meno personale, infinita come lo spazio ed il tempo.
Esso cerca Dio ; cerca sè stesso e la natura in Dio; cerca un testimonio alla
sua vita, uno specchio alla sua anima, un tipo al suo ideale. Questo grandioso
concepimento è il suo primo atto di riflessione, è il suo primo passo nella via
della storia; a capo degli annali di tutte le schiatte troviamo la gigantesca
ombra evocata dal genio dei popoli ad occupare l'ignoto ed insieme a placarlo.
Non havvi paesaggio senza cielo, non havvi storia senza Dio. Anche la religione
è dunque un' arte, un'arte popolare e sacerdotale, pubblica e segreta. Al fondo
di tutte le vicende e di tutte le istituzioni troviamo il soprannaturale, come
un accordo permanente che si conserta a tutti i motivi e a tutte le variazioni
di un' opera musleale. Il diverso modo con cui fu concepito il soprannaturale è
già gran parto della vita del mondo; la statura delle nazioni può conoscersi, in
certa guisa, dalla statura del nume acuì porgono culto o dell'idea a cui
aggiustano credenza, per cui combattono, per cui soffrono. Il mondo capovolto,
riflesso nell'onda cangiante delle mitologie, ci tien fede del mondo reale, come
la copia dell' originale, come l'immagine capovolta nell'onda della circostante
natura chc perpetuamente vi si vagheggia. Non solo le società segrete non
repudiano quest' arte sovrana, le cui esplicazioni corrispondono agli incrementi
del nostro pensiero e della nostra volontà , che è veramente la figlia
primogenita della nostra fantasia, e della nostra coscienza, la quale si colloca
fra noi e la natura, variando la monotonia di un lugubre monologo , e rompendo
il vasto silenzio del creato; ma la fa propria, e veglia alla sua reintegrazione
e alla sua custodia come intorno ad un arcano da cui dipende l'avvenire dell '
umanità. Anzi si può asseverare che le società segrete si formassero
primitivamente, non per uno scopo politico, ma per uno scopo religioso , tutto
riconducendo a questo ed in suo nome impreziosendo ogni scienza ed ogni arte. Si
direbbe, che essendo le società segrete arrivato a concepire un' idea meno
grossolana, meno materiale di Dio, subito velassero o nascondessero il sublime
concetto per tema venisse travolto nella piena delle volgari superstizioni , e
si studiassero in ogni guisa di impedirne la corruzione e di perpetuarlo nella
sua integrità. Nel sincero e profondo omaggio del vero si meschiarono, prima o
poi , le gelose bramosie di potere ed i calcoli dell'interesse ; ma il cemento ,
il patrimonio e insieme la forza del sodalizio stavano compiutamente in quella
privilegiata concezione del divino, per cui i sacerdoti e gli iniziati erano
fatti liberi dalle paure che atterrivano il volgo, e recati ad adorare nella
complessità do' fenomeni l ' unità e la semplicità delle cause. Anche allora
l'iniziato chiedeva spezzare i gioghi, ma più presto dell'abbattere i troni
terreni mirava ad atterrare i templi degli idoli, tiranni ben più crudeli , ed a
francarsi dal servaggio religioso più presto che dal politico; nel che
compiacevalo que' medesimi sacerdoti che cogli idoli si mercavano agi e potenza.
Consapevole il sacerdozio del danno della superstizione, e forse dell'
impossibilità di rimuoverlo per allora, o non bastevolmente ardito, generoso e
disinteressato per farlo o almanco per tentarlo, parebbe e' volesse riabilitarsi
presso l'avvenire, lavorare per il trionfo di quell' idea religiosa che la plebe
adulterava e variava all' infinito senza altra guida che quella delle incondite
meraviglie e de'paralitici terrori. Quelle antichissime iniziazioni, nelle quali
sono a cercare i germi sepolti di più tarde fioriture , non hanno il carattere
militante delle odierne; ma hanno maggiore stabilità ed imponenza, come i templi
in cui si compievano. Si era riuscito a fare un'istituzione nazionale della
scuola misteriosa che iniziava al libero pensiero, e a rassodare l'impero del
sacerdozio cogli artifìci della menzogna, ed insieme colla misurata propaganda
della verità ; singolare fenomeno che non assolve la menzogna, ma spiega
l'intima forza di quel sacerdozio , superiore per avventura ad altri posteriori
più consentanei a sè stessi sol perchè non depongono mai la maschera. Mercè le
società segrete abbiamo pertanto due paralelle intellezioni del divino, l'una
falsa e bugiarda, il cui rigoglio parassita adugia, a così esprimerci, l'aere
respirabile de'popoli; l'altra sobria, meditata e schietta. Bisognava muovere da
qui ; le ribellioni cominciano sempre nell'interno dell'anima; chi è servo
dentro non diverrà mai libero fuori. Questo paralellismo contiene il senso
reposto delle iniziazioni antiche, le quali per ciò appunto durarono , non che
tollerate , onorate, quasi ritrovo di spiriti eletti tra cielo e terra, nel
quale cessava il dualismo onde le coscienze erano universalmente prostrate ; e
dove la natura, liberamente interrogata, cessava le incondite minaccio con che,
inconsapevole, fondava nel mondo il più antico, il più tremendo servaggio, nel
cui nome autoraronsi quanti servaggi teologici e regi radicaronsi in appresso, A
chi ben guardi, la filosofia della storia consiste in parte nel rintracciare
l'indirizzo preso nelle varie età e nelle varie contrade da questo paralellismo;
euiuno dirà aggiustatamente della Grecia se non pone a riscontro gli Dei della
piazza e quelli del tempio, il culto pubblico e il culto segreto. Un moto
inverso spicca nelle due teologie; l'uno, quello palese, procede incessantemente
verso il multiplo; ogni città, e per poco non diciamo ogni casa , vuole avere il
proprio Dio; non vuole importarlo; vuole produrlo in famiglia; le gelosie locali
s'oppongono all'edificazione di un altare comune ed alla costituzione di una
forte e compatta gerarchla. Anche quando l'unicità, il grandioso romano
predominano — base granitica gettata al Papato — il Lazio cresce con idee
cosmopolitiche e generiche, e il tempio di Giove Statore diviene un museo
universale delle divinità. Così il cosmopolitismo latino e il municipalismo
ellenico riuscirono ai medesimi risultati; ma il moto inverso delle società
segrete tende a ristabilire l'unità nella varietà , a pacificare tutte le
credenze nell'universale tolleranza, a sostituire il governo illuminato di un
solo Dio alla tirannide di mille Dei. È sempre la gran lotta fra l'arte e la
natura, prendendo l'arte nel senso più ampio, solo vero, solo compiuto. L'
umanità inventa operando, e nell'azione ricrea sè medesima, e via via &'innova e
ringiovanisce ; anche questa è arte. Chi non avverte la duplice esistenza di
un'arte personale e di un'arte collettiva , il cui sincronismo può compararsi a
quello dei moti rotatorj e traslatorj degli astri ? L' arte personale erige il
tempio di una determinata Chiesa, illustra le vittorie di un popolo e i fasti
d'una famiglia ; e l'arte collettiva non scrive ma fa, non racconta ma opera,
erige il mistico tempio destinato ad accogliere sotto le sue vòlte tutte le
genti e tutte le religioni, ed interpreta, con divinazione arditissima, gli
arcani sensi che la natura asconde e serba nel suo seno. Secondo tale concetto
l'arte è l'espressione di tutte le azioni umane, nessuna eccettuata; attuamento
di quella potenza che l'uomo ricevette dalla cagione delle cose per rifare sè
stesso e il mondo, ed esplicare quante creazioni giacciono in germe nel suo
intelletto, e quanti mondi aspettano , nel nulla, la parola di vita, la
.fecondazione ideale. Vecchia contesa, ma implicata al concetto dei destini e
che è più dei doveri dell'uomo e dell'umanità. Per molti che cosa è l'uomo? Uno
strumento nelle mani del fato; mal s'attenta lottare contro il destino che
impensatamente può piagarlo a morte, come nell'Edaci Hodder il cieco ferisce
Balder, l'invulnerabile Dio. La polve cancella le orme de' suoi passi; il tempo
disperde le sue opere. La natura resta. Ebbene : accanto alla natura resta
altresì l'uomo ; accanto agli invariabili fenomeni della natura si perpetuano,
s'accumulano e grandeggiano i prodotti dell' ingegno e del lavoro umano ;
l'invulnerabilità della nostra razza s'accerta ogni giorno. Sono due mondi che
sussistono l'uno vicino all'altro, che -vivono l'uno per l'altro ; ma dal primo
Iddio, a così esprimerci, si ritrasse dopo averlo creato, consegnandolo al
governo di leggi immutabili ; nel secondo il divino s'agita , si trasmuta e s'
innova. L'arte è la verità, la libertà ; la natura è la superstizione e la
servitù. In nome della natura s'inaugura il lugubre servaggio dell'India; dalla
notte della natura balzano fuori le paurose e mostruose deità dell' Olimpo
indostanico. In nome dell'arte la Grecia si disnoda e agilissima si slancia
nella democrazia e nella poesia, e popola l' Olimpo d'eroi, d'uomini
divinizzati, e i giganti della sua prima età danno la scalata alle nubi. In
questa interminabile battaglia della libertà contro la fatalità , dello spirito
contro la materia, in questa feconda ribellione della coscienza e del genio
contro l'immobile e l'ignoto , principal luogo spetta alle società segrete ;
nelle quali l'uomo, prima che altrove, potè fare a fidanza con sè stesso e col
proprio avvenire. Ogni giorno che passa l'uomo detronizza la natura; la vecchia
fede delle società segrete trionfa. La sublime pugna forse non finirà ma le
forze divengono disuguali. Dei due avversari, l'uno non cangia, l'altra cangia
perpetuamente. La natura resta, ma resta la stessa; l'uomo resta, ma migliora
ogni giorno. Le Alpi non s' elevarono maggiormente, ma noi foriamo il Moncenisio.
Lo specchio dell'acque non mutò , i venti sono del pari impetuosi, le onde sono
del pari infide; ma i nostri vascelli passeggiano nella burrasca. Forse la
natura, convinta e ammirata, indocilisce : tanto meglio per essa! A qual punto
siamo arrivati? L' uomo bevette e ribevette nella coppa inebbriante di Siva ; la
natura l' ubbriaco , il panteismo lo schiacciò. Un breve dipinto entro stupenda
cornice non è più umile e vergognoso di quel che fosse umile e vergognoso l'uomo
in questa infausta età,. Però le intelligenze privilegiato pensarono : il
coraggio e l'atto del pensiero le redensero; e i sodalizi segreti iniziarono
alla riflessione i pochi, indi i molti. Il genio iconoclasta de' popoli eroici
spezzò gli idoli. La scienza e la forza ad un tempo diedero all'uo-. mo miglior
concetto di sè. L'uomo balzò dalla sua cornice. Successe una reazione; l'uomo
gettò da sè la coppa di Siva ; negò la natura ; affermò che il gran Pan era
morto; tentò incorporarsi il divino coll' ascetismo, collo sprezzare la terra e
sè stesso. Fu un delirio , fu una malattia. Oggi la reazione è terminata. Dopo
un lavoro di secoli, dopo 1' esplicazione paralella di un vero Dio nella scienza
e di Dei bugiardi nel mito, il carattere prominente del nostro secolo è la
rivendicazione della natura disciplinata, la riabilitazione di quella innocente
natura che i teologi calunniarono non potendo più sfruttare. L'uomo dormi a
lungo in grembo all'infinito e sognò spaventosi sogni ; ma il risveglio di lui
fu pur quello delle cose. L'umanesimo è pertanto la fede nella quale più o meno
esplicitamente consentono le società segrete. Non diremo che tutte ne abbiano la
netta idea odierna; ma tutto ne hanno il presentimento, tutte sono
inevitabilmente sospinte a credere nell'uomo, ad affermare la sua potenza, e a
cercare in lui il logos che con perpetua vicenda si trasmuta. Un antico iniziato
lasciò scritto: Quere in te Deus; e troviamo negli autori greci e romani, e
ne'libri sacri dell'India e della Persia, afferma'zioni che la nostra superbia
vorrebbe credere e far credere recentissime, e che spiccano dalla vergine
coscienza dell' umanità. Che cos'è l'umanesimo? L'arcano squarciò in gran parte
le proprie bende. L'umanità rintracciò per secoli e con tragiche lotte la parola
perduta; e questa fu alfine riscoperta; l'uomo ritrovò sè stesso. È il più alto
progresso della civiltà, il germe più fecondo per l'avvenire. È codesto uno di
quei veri a cui si consertano tutti gli altri, che rifà di pianta l'ordinamento
delle cognizioni e il preventivo, oseremo dire, delle possibilità e delle
speranze; nè è moto irreligioso. Il sole non cessa di vestire di luce il creato,
e di avverare tutti i giorni un successo di adorazione e di gioja, perchè l'acquila
vi configge gli sguardi. La religione non può perire; bensì periscono le
religioni. Come havvi anima collettiva che accoglie gli spiriti de' defunti,
sicchè ognuno che abbia pagato il contingente dell'amore è certissimo di
sopravivere , e nella famiglia , nella patria, nel consorzio di tutte le patrie,
trova l'immortalità a cui la sua anima anela da giovinetta ; così havvi foco in
cui si fondono tutte le religioni, ringiovanite nella morte, superstiti nella
miglior parte di sè in quella che ne accoglie il flore e ne matura i frutti. La
religione è faro , la cui luce trasmutasi, ma il cui vigile occhio non si chiude
mai sul pavido nocchiero. Senza più il vasto apparecchio della scienza è una
grand'opera di circonvallazione contro l'invadimento della teologia; i sacerdoti
dell'umanesimo restituiscono all'uomo tutto ciò che i teologi gli presero per
addobbarne i loro idoli e aggiungersi potenza. Ma se per lunga e infausta età
l'uomo si annullò a profitto del gran tutto divinizzato, in età più felice
l'uomo non dimentica ciò che deve a Dio ; in omaggio a Dio studia e rispetta sè
stesso, abbatte i feticci, e combatte pel vero, che è la parola di Dio. Nè egli
potrebbe sconfessare il divino senza sconfessare sè stesso; gli merebbe sulle
labbra il grido della rivolta come trema il pugnale nella mano del suicida.
Ne'tempi antichi le anime salivano dalla religione alla filosofia; ne'tempi
nostri, per violenta reazione, andarono dalla filosofia alla religione ; ma il
moto dell' antichità ricomincia, e ricomincia per non più fermarsi e per non più
indietreggiare. La tolleranza universalmente affermata ; la piena libertà fatta
ad ogni uomo di credere quel che l'ispirazione individuale gli suggerisce
intorno al mistero dell'infinito; rovinate dall'alto le Chiese che si campavano
ne'cieli a sfruttarli; spazzate le nubi che si frapponevano perpetuamente tra
noi e il regno della luce ; lecito ad ogni uomo „ il respirare l'aura divina che
gli piove dall'alto e che gli freme dentro senza ch'altri gliela sottragga o
gliela misuri, o la scambi col soffio impuro che riarde e non esilara ; la
morale insediata sul! certissima base della coscienza; ecco gli i ici del lavoro
fecondo del nostro secolo. La costituzione dell' umanesimo è vanto non perituro
dei tempi odierni, come al mondo antico lo fu la costituzione della città e al
medio evo quello della cristianità. Bisogno di tutti i popoli è la giustizia; ma
l'antichità fece di quella un privilegio del cittadino, il medio evo del
cristiano. Noi vogliamo che la giustizia sia diritto dell'uomo. Il progresso
civile, da altri fu avvertito, si effettua per un continuo ribellarsi
dell'umanesimo all'attentato monopolio della giustizia. — In questo infaticato
ribellarsi la parte della preparazione spetta alle società segrete. — Furono
ribellioni d'umanesimo al monopolio della città antica, le esigenze della plebe
romana e la plebea dottrina evangelica. Furono ribellioni d'umanesimo al
monopolio sacerdotale della cristianità il Risorgimento italiano e la Riforma
religiosa del secolo XVI. Ma in codesti assalti l'umanesimo non affermava
idealmente e giuridicamente sè stesso; spettava questo compito alla gloriosa
famiglia de'Liberi Muratori, e a quell' ultima ribellione in cui noi ancora
combattiamo. Il monopolio rifacentesi sotto forme novelle ci oppresse, non ci
domò, e non invano ci deluse. La Scienza nuova di Vico fu forse la scienza e la
storia del mondo fino a jeri; non lo sarà più domani! Al dominio pagano ed al
cristocratico sottentra governo migliore. Già i filosofi del secolo XVIII non
pigliano autorità nè da Aristetele nè da Fiatone, nè dal Digesto nè dal Vangelo,
ma dalla umana ragione. Le idee innate, che uccidono la spontaneità, che
affermano il diritto divino nel campo dell'intelligenza, ed i poteri
infallibili, architetti d' unità violenti, che murarono vivo lo spirito nel
sepolcro della autorità, ruinano. L' umanità procede verso il giorno, in cui,
non riconoscendo più nè città, né popoli, nè spiriti privilegiati; cessando
dalle gare,dalle prepotenze e dalle intolleranze; non credendoli divino
esclusivo patrimonio nè di un uomo, nè di una nazione, nè di una Chiesa; lo
cercherà, lo troverà e che è più lo attuerà dovunque. Vigilo a que'nativi moti
ne'quali si addestrano le forze crescenti e le divinazioni maturantensi,
avvertita da un istinto arcano del traslocarsi dell'autorità spirituale, già non
piega più le ginocchia al più potente ma al più illuminato , non crede nella
forza ma nel diritto. Massimo ricettacolo dello spirito è l'umanità intera, le
cui membra ponno compararsi al mistico corpo del Redentore, le cui parti
staccate per barbarie debbono riunirsi per civiltà. A tutti, individui e popoli,
è libera concorrenza di maestrato. Se lo spirito soffia dai jerofanti della
Grecia, Nerone s'arresta al limitare del tempio eleusino, atterrito dalla voce
dell' araldo sacro che scomunica gli empi egli scellerati. Se lo spirito soffia
dai vescovi cristiani, un vescovo di Milano proibisce a Teodosio il grande
appressarsi non purificato agli altari. Se lo spirito soffia dai filosofi, ire
dell'Europa fanno la corte a Voltaire. Continuità ideale regna in tutti i
rivolgimenti umani; continuità ideale, per noi appena intraveduta, regna nelle
società segrete ; le irradiazioni del vero sono rapide e invincibili come quelle
della luce; ma chi può dipingere o narrare il fulmine? La rivoluzione come la
natura crea nel mistero.
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