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ricerche a cura di IniziazioneAntica


 

Salvator Rosa

 

Nacque all'Arenella, allora villaggio fuori porta, oggi quartiere molto popoloso di Napoli, il 20 giugno del 1615; il padre, Vito Antonio de Rosa, morì quando egli aveva 6 anni, e la madre, Giulia Greca, abbandonò Salvatore e i suoi fratelli, Giuseppe e Giovanna, al nonno: Vito Greco. Questi lo mandò, insieme al fratello, a studiare in un convento di Padri Scolopi in quanto lo avrebbe voluto prete o avvocato, ma il giovane Salvatore iniziò a manifestare il suo interesse per l'arte, apprendendo i primi rudimenti della pittura da uno zio materno per poi passare a lavorare con il cognato Francesco Fracanzano e quindi con Aniello Falcone, la cui influenza si avverte ne I pescatori di corallo, e Jusepe de Ribera. L'apprezzamento da parte di Lanfranco lo spinse a trasferirsi a Roma dove visse per due anni dal 1634, stabilendo i primi contatti con la Scuola dei bamboccianti, che in seguito rinnegherà. Tornato a Napoli si dedicò all'esecuzione di paesaggi con scene che anticiparono per certi versi alcuni temi romantici come le pittoresche scene di eventi spesso turbolenti, che diede in vendita per somme irrisorie restando anche per lungo tempo nell'ombra sulla scena artistica cittadina che era dominata a quel tempo dal trio Ribera, Battistello Caracciolo, Belisario Corenzio. Fatto ritorno nuovamente a Roma nel 1638, fu ospite del cardinale Francesco Maria Brancaccio che, nominato vescovo di Viterbo lo condusse a dipingere nella città laziale l' Incredulità di Tommaso per l'altare della Chiesa Santa Maria della Morte, suo primo lavoro d'arte sacra; a Viterbo Rosa conobbe il poeta Abati che stimolò la sua attitudine poetica. Ebbe grande attitudine per la pittura ma fu un artista eclettico e versatile, e si espresse anche nella recitazione, nella poesia e come musicista.

 

 

Durante la sua permanenza romana strinse rapporti con i pittori barocchi Pietro Testa e Claude Lorrain e fu protagonista di spettacoli satirici per le vie della città durante il periodo del carnevale; in questa occasione entra in polemica con Bernini. Nel 1639, invitato dal cardinale Giancarlo de' Medici tornò a stabilirsi a Firenze dove restò per 8 anni, promosse l' Accademia dei Percossi che riuniva poeti, letterati e pittori, influenzando con la sua tecnica pittorica numerosi artisti del tempo; in questo periodo l'altro pittore-poeta Lorenzo Lippi lo spinse a comporre il poema Il Malmantile Racquistato e Rosa conobbe anche Ugo e Giulio Maffei presso i quali visse per un periodo a Volterra e per cui compose le sue Satire: Musica, Poesia, Pittura e Guerra; nello stesso periodo fece il suo autoritratto, ora esposto agli Uffizi.

 

 

Il vivace artista fu soprannominato "Salvator delle battaglie" per le numerose rappresentazioni pittoriche di grandiose e sceniche battaglie ma dipinse anche, durante il suo soggiorno fiorentino opere dal tono esoterico e magico come Streghe e incantesimi, 1646, National Gallery) e dai temi allegorici e filosofici (La Fortuna, Paul Getty Museum)

 

 

Fatto ritorno a Napoli nel 1646, simpatizzò per l'insurrezione popolare guidata da Masaniello e sebbene il suo ruolo non appaia chiaro, sembra accertato che partecipò assieme ad altri pittori come Falcone, Paolo Porpora e Domenico Antonio Vaccaro alla "Compagnia della Morte", così detta perché i suoi affiliati uccidevano gli spagnoli nelle strade della città per vendicarsi della morte di un loro amico. Dissolta la "Compagnia della Morte", per l'arrivo a Napoli degli austriaci, Rosa fuggì a Roma; qui produsse alcuni dipinti che dimostrarono una sorta di evoluzione dei precedenti soggetti, principalmente paesaggistici, a nuovi soggetti improntati ad un gusto classico, come La morte di Socrate. Durante gli ultimi anni romani dipinse due capolavori di soggetto mitologico-morale come Humana Fragilitas (Fitzwilliam Museum di Cambridge) e Lo spirito di Samuele evocato davanti a Saul dalla strega di Endsor, acquistato da Luigi XIV e oggi al Louvre.

 

 

Morì a Roma il 15 dicembre 1673, e fu sepolto in Santa Maria degli Angeli. A Salvator Rosa è dedicato il Convitto nazionale di Potenza. Tra i suoi allievi ricordiamo Giulio Avellino detto il messinese.

 

Tomba di Salvator Rosa

 

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