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Amalgama di articoli a cura del dott. Luigi Braco
Orizzonte Culturale
Troppo lungo e complesso
sarebbe soffermarsi in questa sede sulla complessità degli aspetti letterari e
culturali dell’opera del grande ascolano ed in particolar modo sulle sue ancora
in gran parte inesplorate opere astrologiche. Ricordiamo solo come, in relazione
allo specifico della scienza alchemica, alla sua figura si attribuiscano dei
sonetti alchemici, assai probabilmente apocrifi, che bastano però ad annoverarlo
tra i Padri dell’Arte.
D’altronde, la sua opera di gran lunga più nota, "l’Acerba", riporta tracce
evidentissime, nella concezione della natura e nei presupposti filosofici,
dell’impianto alchemico ed astrologico di chiara derivazione araba.
Cecco, è l’ennesimo padre eretico di origine meridionale che la tradizione
alchemica ha accolto tra le sue fila. Condannato dall’Inquisizione nel 1324, è
costretto a lasciare l’insegnamento nello studio bolognese. Pochi anni dopo, nel
1327, dopo un nuovo processo, le cui motivazioni reali sono ancora oggi oggetto
di congettura, viene arso vivo. - di Massimo Marra.
Biografia
Francesco Stabili di Simeone, meglio noto come Cecco d'Ascoli,
Ancarano, 1269 - Firenze, 16 settembre 1327, è stato un poeta, medico,
insegnante, filosofo e astrologo italiano. Per il suo pensiero eterodosso in
materia religiosa, fu condannato al rogo dall'Inquisizione romana.
Nato ad Ancarano, a diciotto anni entrò nel
monastero di Santa Croce
ad Templum, centro ispiratore della
dottrina occulta templare nelle Marche.
Si stabilì a Firenze nel novembre 1314; poi fu a Bologna, dove nel 1324 insegnò
astronomia alla facoltà di medicina dell'Alma Mater e indi subì la prima
condanna per aver fatto commenti negativi sulla religione cristiana, condanna
che consistette in una grossa multa, la perdita del lavoro, il sequestro di
tutti i suoi libri e l'obbligo giornaliero di recitare preghiere a penitenza. La
condanna fu data dall'inquisitore domenicano Lamberto da Cingoli. L'ammirazione
di studenti e colleghi era tale, tuttavia, che dietro loro pressione l'anno
dopo, nel 1325, Cecco riebbe la cattedra universitaria e venne addirittura
promosso di livello.
Intervista al dott. Emidio Vittori su Cecco d'Ascoli - Play Video
Va ricordato che durante il periodo bolognese fece breve soggiorno ad Avignone,
presso la corte papale come medico personale di Papa Giovanni XXII.
Nel 1326, tornava a Firenze, e Carlo, Duca di Calabria, figlio primogenito del
re Roberto d'Angiò (1309-1343) in guerra con Castruccio Castracani, lo nominò
medico di corte, in contrapposizione con Dino del Garbo. Contrastato dal
cancelliere, fra Raimondo vescovo di Aversa, entrò in antipatia del duca dopo un
oroscopo negativo sulla di lui figlia, la futura Giovanna regina di Napoli, e
per via di quello che divinava la prossima discesa in Italia dell'imperatore
Ludovico il Bavaro.
Fu condannato al rogo dall'Inquisizione e morì arso davanti alla basilica di
Santa Croce a Firenze il 16 settembre 1327. Tra i sei giudici che emisero la
sentenza figurava anche Francesco da Barberino, autore dei "Documenti d'Amore".
L'inquisitore che lo condannò fu frate Accursio. Cecco d'Ascoli seguì quindi la
medesima sorte di altri intellettuali del suo tempo, come ad esempio
Pietro
d'Abano, dediti allo studio dell'astrologia
e dell'alchimia, discipline non
affatto vietate, ma che spesso potevano sfociare in dottrine eretiche.
Tradizione vuole che la forte e multiforme personalità di Cecco sembrò resistere
anche alle fiamme del rogo; qualcuno lo sentì urlare così: “L'ho detto, l'ho
insegnato, lo credo!”.
Opere
I suoi studi di astrologia ruotavano attorno ai commenti sul De
principiis astrologiae del musulmano Alcabizio e il De sphaera mundi di Giovanni
Sacrobosco.
"De principiis astrologiae", un commento all'opera dell'astrologo arabo
Alcabizio.
"Tractatus in sphaerae", un commento all'opera cosmografica Sphaera Mundi di
Giovanni Sacrobosco.
"De eccentricis et epicyclis", un opuscolo di scienza astronomica.
"Prelectiones ordinarie astrologie habite Bonomie"
"Acerba etas" o più semplicemente noto con il nome di "Acerba" (versione completa in PDF). È un trattato vario nel quale parla dei cieli e delle loro influenze, dell'anima, delle pietre, degli animali, di vari tipi di fenomeni psicologici e naturali, della fortuna. Spesso polemico nei confronti di Dante Alighieri. Incompiuto al quinto libro causa la morte dell'autore. Con fama di libro magico. Dopo l'edizione critica di Marco Albertazzi, è stata finalmente individuata l'esatta natura del titolo: "Acerba etas" nella tradizione principale dei manoscritti e volgarizzato in altri col titolo "Acerba vita", si riferisce alle questioni naturali, agli eventi che riguardano la vita di questo mondo in relazione all'intero macrocosmo. L'Acerba vita è l'età dell'uomo che si compie sulla terra ed è 'acerba' rispetto a quella "vera" e "matura" che si compie dopo la morte. In particolare "L'Acerba" è un poema didattico composto di 4.865 versi in sestine. In esso Cecco dimostra di avere la mentalità del maestro al quale piace insegnare con passione e con gusto impartire un insegnamento rigorosamente scientifico rispettoso della "verità della scienza" del suo tempo. Egli perciò, spinto da ragioni didattiche, da una parte cerca di vivacizzare la materia enciclopedica, dall'altra si scaglia aspramente contro altre forme poetiche di evasione dalla realtà. Notevole la polemica con Dante. Suo bersaglio preferito è pertanto la "Divina Commedia" vista come la negazione della "scienza vera", riepilogata da lui nell'Acerba, che perciò è stata definita da Gianfranco Contini l' "Anti Commedia". Infatti alla base delle convinzioni e delle conoscenze fisiche e naturali professate da Cecco non c'è soltanto il pensiero filosofico scientifico di Aristotele o quello di Tommaso d'Aquino: c'è anche la conoscenza del pensiero dei filosofi arabi. Sulla base delle loro teorie discute delle questioni scientifiche più dibattute nella società in cui viveva. Per esempio, dell'ordine dei cieli, della terra, delle eclissi, della natura dei fenomeni atmosferici, delle Virtù, delle scienze occulte, ecc. Il poema rimase incompiuto al V libro, perché le sue opinioni scientifiche e teologiche, giudicate eretiche, lo fecero condannare ad essere bruciato vivo sul rogo.
Il processo a Cecco D'Ascoli viene raccontato nel film "L'eretico" di Pietro Maria Benfatti, con Toni Bertorelli, Remo Girone, Robert Stadlober, Ernesto Mahieux, Italia, 2004.
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