A frate Elia è attribuita,
da fonti a lui contemporanee, una grande erudizione, una strabiliante capacità
oratoria e una profonda perizia architettonica. Ma, soprattutto, frate Elia fu
alchimista. A lui sono attribuiti diversi sonetti di argomento alchemico, ma
soprattutto uno Speculum perfecti magisteri excellentissime artis alkimiae
fratris Helie ordinis fratorum minorum…, di cui il Mazzoni, nel 1930, segnalava
una probabile versione in volgare in un manoscritto della biblioteca comunale di
Siena. L’autenticità dell’attribuzione del trattato, naturalmente, data la
consuetudine alla pseudoepigrafia in ambito alchemico, è tutt’altro che certa,
ma certa è invece la
Chronica di
Frate
Salimbene da Adam (accolto dallo stesso Elia tra i francescani e da questi
difeso contro una famiglia poco incline nel vederlo frate) che dipinge Elia a
tinte fosche, come mago ed alchimista di dubbia moralità.
Per il Salimbene, tra le innumerevoli colpe di Frate Elia, all’undicesimo posto
vi fu quella di occuparsi di alchimia: “Quando sapeva che nell’Ordine vi
era qualche frate che nel secolo aveva studiato di quella scienza o ciurmeria,
lo mandava a chiamare e lo teneva presso di sé nel palazzo Gregoriano …”
scriveva Salimbene. E ancora, in quel palazzo Gregoriano destinato ad accogliere
il papa Gregorio nelle sue visite ad Assisi: “… vi erano camere e molti luoghi
segreti nei quali Elia albergava quei frati e molte altre persone, ove pareva
quasi che si andasse a consultare la pitonessa …”. Nella cronaca di Salimbene,
al povero e noto
Gherardo da Cremona, venuto ad Assisi per visitare Elia, toccherà rimanere
sveglio per tutta una notte, terrorizzato dalle urla dei demoni svolazzanti per
le sale del palazzo.
Indubbiamente la Chronica di Salimbene è una sicura testimonianza dell’acrimonia
che Elia dovette suscitare in parte consistente dell’Ordine. Ma se per i suoi
nemici la pratica dell’alchimia è motivo di scandalo, già agli inizi del ‘300
fonti erudite e trattati alchemici lo collocano con ossequio tra i maestri
dell’Arte. - di Massimo Marra.
Biografia
Elia da Cortona, o Elia da
Assisi, al secolo Elias Bonusbaro, Assisi 1180 - Cortona 1253, è stato un
francescano e politico italiano, molto vicino a san Francesco, del quale era
stato uno dei primi seguaci.
Ebbe anche un importante ruolo politico come amico e consigliere di
Federico II di Svevia, dal quale ricevette delicati incarichi diplomatici.
Non riuscì, però, nel suo intento di riconciliare i poteri universali, Papato e
Sacro Romano Impero; anzi, il suo impegno politico gli costò una scomunica che
fu resa pubblica ed effettiva nel 1240. Un suo riavvicinamento al papato si ebbe
solo dopo la morte di Federico II, avvenuta nel 1250. Suo principale oppositore,
all'interno dell'ordine francescano, fu Aimone da Faversham.
Una tradizione cronachistica a lui sostanzialmente avversa lo indica anche come
dedito a pratiche alchemiche, arrivando perfino ad attribuirgli la stesura di un
trattato in lingua latina sull'argomento, ma potrebbe trattarsi di accuse
confezionate in chiave propagandistica anti-ghibellina. Elia aveva abbracciato l'ordine
dopo aver completato impegnativi studi giuridici. Tenuto in gran conto da
Francesco, ne ricevette numerosi incarichi che portò avanti con notevoli
capacità e con piglio rimarchevole, fino a qualche contrasto con il futuro santo
e altri compagni.
Tra gli incarichi vi fu quello del vicariato generale dell'ordine, dal 1221 al
1227, durante il quale si attirò le simpatie di Ugolino di Anagni, il futuro
papa Gregorio IX. Fu poi ministro generale dell'ordine dal 1232 al 1239,
ricoprendo un ruolo importante nel promuovere la realizzazione della Basilica
inferiore di Assisi. Fu il primo Ministro Provinciale di Toscana; il primo
Ministro Provinciale di Terra Santa; il primo Ministro Generale dell'Ordine; fu
il primo Custode del Sacro Convento, della Tomba di San Francesco e della
Basilica, proclamata da Gregorio IX "Caput e Mater" di tutto l'Ordine
Minoritico.
Riconoscendo l'importanza storica della sua opera, Tommaso da Celano nella sua
"Vita Prima" racconta che San Francesco di Assisi poco prima di morire rivolse a
Frate Elia, lì presente, queste parole:
« Ti benedico, o figlio, in tutto e per tutto; e come l'Altissimo, sotto la tua
direzione, rese numerosi i miei fratelli e figlioli, così su TE e in TE li
benedico tutti. In cielo e in terra ti benedica Dio, Re di tutte le cose. Ti
benedico come posso e più di quanto è in mio potere, e quello che non posso fare
io, lo faccia in TE Colui, che tutto può. Si ricordi Dio del tuo lavoro e della
tua opera e ti riservi la tua mercede nel giorno della retribuzione dei giusti.
Che tu possa trovare qualunque benedizione desideri e sia esaudita qualsiasi tua
giusta domanda. »Frate Elia è noto per aver
voluto perseguire, dopo l'esperienza al vertice dei francescani, un ruolo
politico di spicco quale moderatore nella diatriba che opponeva il Sacro romano
impero e la Sede Apostolica. Molto stimato da Federico II di Svevia oltre che,
come già detto, da papa Gregorio IX, Elia si propose di accorciare le distanze
tra lo svevo e il papato: il suo incontro a Pisa con Federico II avvenne sul
finire del 1239.
Questo avvicinamento costò anche a lui la scomunica, comminatagli da Gregorio IX,
nonostante i precedenti benevoli rapporti con quest'ultimo. La stima di cui
poteva godere non valse, infatti, a far deflettere papa Gregorio, che non volle
recedere nemmeno di fronte alle spiegazioni che Elia cercò di opporre: la
scomunica fu esplicitata nel 1240 e i buoni rapporti tra Elia e la Chiesa
sarebbero ripresi solo poco prima della sua morte.
Poche settimane dopo la seconda scomunica a Federico II, Elia, sollevato per
volere papale dal vertice dell'Ordine francescano, scelse di unirsi al novero
dei consiglieri dell'imperatore svevo, del quale facevano parte altri pochi
uomini vicini alla Chiesa sinceramente fedeli al sovrano: di provenienza
ecclesiastica era il vescovo Berardo di Castagna, fedele fino alla morte, mentre
di osservanza religiosa militante era il fidato cavaliere teutonico Ermanno di
Salza. Elia fu investito da Federico II di incarichi diplomatici, come ad
esempio nel 1243, quando fu in missione diplomatica nelle terre d'Oriente
probabilmente presso l'imperatore di Nicea.
Ma non è improbabile, secondo David Abulafia, che Elia fosse anche l'ispiratore
di quell'indirizzo ideologico con cui l'imperatore svevo controbatteva agli
ingiuriosi libelli papali che lo esecravano come eretico: esprimendosi nelle
forme della prosa «cesellata» di Pier della Vigna, Federico II auspicava un
ritorno del papato alla semplicità del cristianesimo delle origini, che lo
tenesse indenne dalle contese militari, del cui onere doveva invece farsi carico
il «principe della pace in terra, l'imperatore romano».Essendo in declino il suo
disegno politico, e affievolitosi il suo ascendente politico sul papato, Elia si
ritirò a Cortona, dove si adoperò per la costruzione della chiesa di San
Francesco, nella quale egli fece conservare una reliquia della vera Croce,
riportata con sé dal viaggio a Bisanzio, avendola probabilmente avuta in dono da
Baldovino II, ultimo imperatore latino di Costantinopoli.
Il riavvicinamento al papato avvenne solo dopo la morte dell'imperatore Federico
II, avvenuta nel 1250, quando ormai anch'egli era sul finire della sua vita:
frate Elia morì infatti meno di tre anni dopo lo svevo, a Cortona, il 22 aprile
1253.Pratiche Alchemiche
Alcune fonti, peraltro sostanzialmente a lui ostili, come il già citato
Salimbene, ma anche l' Historia septem tribulationum di Angelo Clareno, indicano
Frate Elia come interessato alla pratica e alla teoria dell'alchimia, campo nel
quale, secondo Salimbene, avrebbe subito l'influenza profonda di Bartolomeo da
Iseo: al periodo in cui fu parte della cerchia sveva, gli vengono attribuite
alcune opere alchemiche, tra cui anche un trattato in sei libri, dal titolo
Lumen luminum, ispirato al Libro degli allumi e dei sali e ai formulari del
Corpus hermeticum di Ermete Trismegisto, lo stesso retroterra di fonti a cui si
era rifatto Michele Scoto, altro alchimista della corte federiciana.
L'opera sarebbe stata composta presso la corte fridericiana, quindi dopo la
deposizione dal vertice dell'ordine nel 1239, ma le attribuzioni di manoscritti
che nascono da tale tradizione sono oggi generalmente considerate come spurie,
probabile frutto della propaganda papale anti-ghibellina, esercitatasi nei suoi
confronti dopo il suo decisivo avvicinamento all'entourage di Federico II.
Approfondimento: I
Codici Manoscritti di Frate Elia di Paolo Galiano e Anna Maria Partini.