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Umberto
Leonetti nasce a Napoli il 15 Gennaio del 1951. Le sue prime personali
risalgono alla fine degli anni 60 e risentono dell'influenza dei suoi maestri
Waschimps e Cajati. Le prime opere sono essenzialmente ispirate al tema degli
Angeli. Le grandi tele prodotte negli anni 70, Forze spirituali attive nel mondo
della natura, Il mio giardino, risultano esposte per la prima volta nel maggio
del ‘79 in una mostra personale allestita nella Galleria d'Arte "Forum Artis" di
Copenaghen e, successivamente, nella Galleria d'Arte Moderna "De Profundis" di
Hermand Livgård in Nyborg Danimarca. Con Androgino (1974) e Ciclo Vitale (1975)
l'A. manifesta i suoi interessi verso la ricostruzione dell'essere interiore e
avvia gli studi sui processi integrativi dell'uomo (androgino platonico). Nel
1975 si organizza la prima grande rassegna, alla Galleria d'Arte Moderna
Schettini, con circa un centinaio delle sue opere più grandi, tra cui un olio su
tela dal titolo Per una ricerca attiva di noi stessi pubblicata sulla rivista
"Uomini e idee" (Edizione Schettini, aprile 1975). Avverte la necessità di
liberarsi dagli ostacoli materiali limitanti e muove i primi passi nella ricerca
dell'Io incontaminato.
Con Rinaldo Reale stabilisce un rapporto di profondo affetto fraterno
determinato dagli stessi interessi culturali e dalle ricerche sull'alchimia.
Intanto si organizzano altre sue mostre personali a Roma, a Firenze, a Verona, a
Palermo. A Napoli la seconda più importante rassegna è allestita nella galleria
d'arte "Mediterranea" con significative opere di ispirazione alchemica tra cui
le Opera al Nero e Opera al Rosso . Nello sforzo di costruire una più specifica
individualità, l'aiuto più efficace gli viene dallo studio di Freud e Jung.
Nascono le opere di La Fr+ di Myriam, l'Ibis e agli inizi dell' '85 l'A.,
entrato in una fase differente del suo lavoro, utilizza il mezzo espressivo
(olio, acrilico, inchiostro) in funzione dei contenuti. Diventa consapevole
della possibilità ... che un linguaggio subliminale possa essere più
direttamente recepito dalle coscienze, che, altrimenti, sarebbero più o meno
ostacolate dalle prossimità materialistiche dell'essere. Parte della collezione
degli acrilici tra cui Il Crepuscolo degli Dei e la Genesi , opere dal
significato specificamente alchemico, sono esposte nell'anno successivo nella
galleria Carolina Monti di Ischia.
Negli anni seguenti dipinge Studio sull'Albero della Vita , Viaggio dal Centro
della Terra all'Ibis, vari studi sulle Trasformazioni, e opere con tecniche
diverse come "La Coniuctio" ed una seconda Opera al Nero o Sdoppiamento.
Successivamente il suo interesse sembra polarizzarsi nella produzione grafica.
Si può, però, stabilire che, con la fine dell'anno ‘85 ed il progressivo
esaurirsi della serie degli acrilici, l'A. delinea un nuovo modo di intendere,
concepire e realizzare l'arte: l'arte sub-liminale, appunto, tendente ad
imprimere sinteticamente sulle anime, ed in modo più diretto, una maggiore
coscienza dell'Assoluto. Recentemente l'A. dopo aver elaborato strumenti
linguistici, da lui definiti archetipi, (vedi L'alchimia nelle opere di Umberto
Leonetti , Edizione Mazzotta, Milano, 1996), recupera le esperienze del suo
passato producendo icone fotografiche di opere precedentemente elaborate. L'A.,
ancora, prosegue un percorso introspettivo volto a rivisitare, nella valutazione
delle dinamiche che hanno contribuito ad affermare i suoi valori culturali, il
proprio vissuto. In attesa di vedere esposte le sue grandi tele nelle sale del
Castel dell'Ovo (inaugurazione giovedì 12 Aprile ore 17,00), l'artista, Umberto
Leonetti, attraverso l'intervista di seguito riportata, analizza ed indica gli
obiettivi dell'arte:
-Quali studi sono
stati più incisivi e formativi per la sua produzione?
« Dopo aver compiuto gli studi artistici m'interessai alla filosofia e poi alla
psicologia. Ancor prima dell'alchimia sono stato un appassionato d'esoterismo e,
prima ancora, uno studioso molto attento d'antroposofia. Ricordo di aver letto
quasi tutti i libri di Rudulf Steiner. Sull'alchimia hanno scritto in modo
approfondito Jung ed Evola, autori che ho studiato successivamente traendo vari
e preziosi insegnamenti. Studiando l'alchimia classica nelle sue formulazioni
ufficiali e poi nell'investigazione pratica, i cambiamenti in me, e di
conseguenza nel mio lavoro, sono stati evidenti all'inizio degli anni Ottanta.
Ancora oggi, seppure in modo più leggero, continuo ad affrontare problematiche
alchemiche. »
-Valori estetici
di un'opera possono essere condizionati dalle proprie ragioni culturali?
« Ricerche e studi compiuti o ancora da compiere rappresentano la mia realtà, la
mia dimensione fatta d'impulsi e tensioni incontrollabili. La mia esperienza mi
porta a considerare che l'estetica di un'opera è subordinata al suo contenuto,
poichè traduce in forma una realtà profonda. Le cose, gli oggetti immaginati,
come tante altre manifestazioni formali rappresentano valori relativi, al
contrario di un'estetica assoluta che considera la relazione tra il relativo e
l'assoluto.»
-Nel piacere immediato di vedere una sua opera, a volte ci si ritrova a confrontarsi con tematiche impegnative che non sempre si rapportano con le esigenze del momento. « Lo smarrimento, che si prova talvolta rispetto a manifestazioni che trascendono l'ordinario, è molto comune. Ma, il prodotto artistico, se risveglia contenuti, memorie e dimensioni ancestrali e straordinarie, assolve in pieno alla sua funzione, che è quella di portare a conoscenza l'ignoto. E, quindi, credo che l'arte abbia soprattutto questa funzione. Nel mio caso, il messaggio, essendo di categoria subliminale, può essere compreso in tutto o in parte, in relazione ai contenuti interiori e alla specifica preparazione di chi lo fruisce. Voglio però sottolineare che, quasi sempre, la mia opera procede realizzandosi attraverso una doppia modalità: una empirica e l'altra cosciente. Il piacere che provo a produrre è oggettivato nella dimensione vissuta. Con essa viene espressa la ricerca, la tensione penetrativa, la lucidità e la coscienza di quel preciso momento. Il modo di interpretare, più o meno correttamente, ciò che la fenomenologia della natura ci propone, stabilisce i parametri di una dimensione interiore raggiunta. Cioè lo sforzo cosciente di indagare le situazioni mentali e psichiche che permettono la creazione, spinge ad approfondire i meccanismi dei processi evolutivi, mai legati alla casualità. L'artista che si affida soltanto o in gran parte al proprio istinto, alla propria irrazionale ragione di essere, fa opera parziale ed incompleta. L'uomo si oggettiva nelle tensioni comprese tra la coscienza e l'incoscienza, e tutti i meccanismi dinamici del suo essere riflettono i vari statuti che, gradualmente razionalizzati, affiorano dal suo profondo. Ogni opera può essere configurata secondo varie interpretazioni e linguaggi. »
-Esistono
linguaggi più incisivi e rispondenti alle esigenze dei contenuti che l'artista
propone?
« Una estetica simbolista è più adatta a trascrivere valori assoluti. Essa
propone la lettura di un significato attraverso forme-simbolo che diventano
archetipi, ma non sono assolutismi. Nel mio percorso, sono stato simbolista e
sarei rimasto tale se la necessità di oggettivare più compiutamente le
esperienze vissute non mi avesse spinto a cercare un linguaggio ancora più
sofisticato, come quello subliminale. Per questo, prioritario al sistema
espressivo esiste un atteggiamento introspettivo che ne modula le
manifestazioni. Indubbiamente, il tentativo è quello di esprimere l'una e
l'altra polarizzazione del vissuto interiore, sforzandosi di penetrare
l'inconscio, l'incosciente, o l'invisibile. In questo modo, lo stesso lavoro
diventa un mezzo di espressione e di proiezione. Il risultato, espresso
simbolicamente, rivela, quindi, alcune delle regioni dell'inconscio. »
-Quali sono i
rapporti tra l'estetica contemporanea e la cultura ermetica?
« Per spiegare il mio punto di vista bisogna far riferimento ad alcuni
parametri propri della cultura ermetica. Senza la conoscenza dei precostituiti
ermetici non è possibile spiegare le dinamiche dei cambiamenti delle estetiche
moderne. A fondamento di qualsiasi indagine va preposto il dogma che tutto
evolve, si modifica, cambia e si trasmuta in virtù e per un perfezionamento
della entità quintessenziale del Tutto. Ciò omologato nel micro e nel macro:
cioè lo stesso fenomeno si riscontra nel microcosmo uomo e nel macrocosmo
dell'UNO. Ora, l'estetica contemporanea si esprime essenzialmente nel
superamento della forma. Il tentativo di portare a conoscenza ciò che è nascosto
e irraggiungibile si esprime attraverso due modalità contrapposte, le cui
polarità sono comprese tra gli estremi degli artisti coscienti e quelli che
producono assecondando l'istinto. In un suo scritto Evola, considerando la
funzione dell'Io nelle espressioni artistiche, annota che nell'arte formale e
classica, laddove l'immanente e divino nascosto nel profondo si esprime,
l'artista si pone come medio: più l'immanente affiora attraverso di lui, più
l'opera assume valenza assolutistica. Col progredire dell'io, le ragioni che
pongono l'artista veicolo dell'immanente, gradualmente decadono e come ben
acutamente Evola vedeva, il suo io ha iniziato a rivendicare una funzione
propria e a porsi, non più come strumento passivo, ma come attore principale.
Nel prendere coscienza della sua dimensione, l'entità dell'io individuale assume
tutte le funzioni di suo padre (l'immanente) e si esprime non attraverso
l'artista, ma come artista, cioè contenuto e contenente partecipi di una stessa
finalità. Da quanto detto, le estetiche contemporanee esprimono le dinamiche
evolutive delle coscienze tese a concepire e confermare un proprio statuto, una
propria dimensione in una graduazione che va dal conscio all'inconscio. Noi
abbiamo tutta una serie di manifestazioni artistiche comprese negli estremi
della coscienza delle necessità dell'io a quella degli eccessi dell'istinto che
vede il tutto come attraverso una lente deformante. Da ciò la molteplicità delle
correnti artistiche, delle tendenze, delle rivendicazioni, dei proclami e delle
manifestazioni formali. Credo che tutta l'arte contemporanea sia una
rappresentazione approssimativa delle dinamiche più profonde che regolano
l'evolversi dell'unitarietà dell'immanente. Le sue manifestazioni non possono
assumere carattere d'universalità perché hanno e sono legate a funzioni storiche
e, pertanto, sono effetti transitori di dinamiche evolutive e temporali. Sono
artisti gli uomini che, in un'infinita gradazione di motivazioni e intenti,
incarnano ed esprimono più direttamente le dinamiche evolutive dell'esistente;
artisti alchimisti, coloro che, coscientemente, sono chiamati ad assumere
funzioni creative nelle soluzioni delle molteplici necessità dell'esistenza. »
Cuma, 31 Dicembre 2006 da Viatico, XI, n. 42, gennaio/febbraio 2007
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