Home - Messaggi - Maestri - Autori - Arcana Arcanorum - Corpus Magiae - Biblioteca - Dossier - Napoli - Religioni - Luoghi - Vitriol - Miscellanea - Filmati
Il Pentalfa e la Stella Fiammeggiante
a cura di
Ernesto
Saquella
Com’ebbe a dichiarare Apuleio nel suo Asino d’oro, molteplici sono i gradini che
devono essere saliti dall’iniziato nel suo lungo percorso verso la luce.
Parallelamente, molteplici sono i gradi dell’ascesa massonica: Apprendista,
Compagno d’Arte e infine Maestro. Ho compreso come ad ogni innalzamento di grado
mi è stato concesso di togliere uno ed uno solo dei veli che avvolgono e
nascondono la divina Iside, sposa di Osiride e madre di Horus(1). Un concreto
esempio, che s’è sviluppato nell’esperienza vissuta in prima persona, nasce
dalle mie personalissime ri-letture di un bellissimo libro acquistato, da
profano, nel non lontano 2000: L’iniziato di Mark Hedsel(2). Nel corso di
un'ultima lentissima lettura sono giunto al capitolo sesto che, come avrete ben
compreso, era già stato – e per più volte – oggetto di studio. Nei medesimi
giorni stavo riflettendo e meditando sul significato e sul valore della stella a
cinque punte che, sotto forma di PENTALFA FIAMMEGGIANTE, arde – nella Camera di
Compagno(3) – all’oriente di tutte le Logge Massoniche. Esso è l’astro che
indica la via ai Compagni Liberi Muratori; è la stella a cui quotidianamente mi
rivolgo per avere sicuro orientamento nella lenta ascesa. È la stella che mi
conforta e rincuora nei momenti di difficoltà, essa sempre mi ricorda che mai
sono e sarò solo! Dicevo che in quei giorni meditavo e riflettevo sul pentalfa,
sui doveri che emergevano dal mio nuovo stato, e questo anche in grazia
dell’Intervento Magistrale che il G.'. M.'. Gustavo Raffi ha affidato alle
pagine della rivista Hiram, nell’editoriale del numero quattro dell’annata 2003
– Era Volgare –, allorché affronta il tema de La centralità del Lavoro Rituale
nei Tre Gradi Massonici. In uno specifico paragrafo(4) vi leggo:
«Il Lavoro in Grado di Compagno - Ma per giungere a questo straordinario punto
di non ritorno [l’elevazione al Grado di Maestro] è necessaria una dura
preparazione, un instancabile lavoro. Bisogna perseguire tutte le strade del
sapere e – Compagno tra Compagni – approfondire, sorretti dalla luce iniziatica,
le dottrine filosofiche, artistiche, scientifiche, morali e religiose. In esse
bisogna cercare il nocciolo segreto che come la “G” del Pentalfa si nasconde
nelle infinite pieghe della conoscenza, pronta a farsi trovare solo da chi
matura, con umiltà, il Retto Sentire. Il Lavoro in Grado di Compagno obbliga,
infatti, chi comincia a credersi esperto nel comprendere ed usare i Simboli
Muratori a ritornare al mondo, a percepire il mondo in tutta la sua complessità
e, talora, nella sua estraneità. Ma anche in ciò che sembra estraneo si nasconde
la Luce che brilla nelle Tenebre, ma per poterla trovare, bisogna saperla
riconoscere. Il lavoro del Compagno d’Arte, così apparentemente modesto, è lo
sforzo titanico di sintetizzare ciò che gli uomini hanno tentato o creduto di
tentare per migliorare se stessi, ma che pochi hanno condotto a termine.»
Quanta verità è racchiusa in così poche righe! Come non riconoscermi
nell’esempio di quel Compagno che vanamente crede d’essere «esperto nel
comprendere ed usare i Simboli Muratori»! Come non raccogliere, in piena e
fraterna umiltà, il consequenziale invito «a ritornare al mondo, a percepire il
mondo in tutta la sua complessità e, talora, nella sua estraneità»! Tutto ciò
premesso, credo che a questo punto sia giunto il momento di ritornare al sesto
capitolo del libro di Hedsel, di cui scrivevo in apertura. Un capitolo che
inizia con una citazione del De Iside et Osiride di Plutarco(5): Ierofante di
alto grado presso il tempio, appunto, di Iside a Delfi. Consentitemi, vista la
pregnanza iniziatica dello stesso, di riportarne integralmente alcuni passi:
«In una sezione del libro, in cui Plutarco pare spiegare perché i sacerdoti si
radono la barba e indossano soltanto lino, egli cita un verso appartenente ad
una tradizione misterica che era antica già allora: “Il fuoco sbocciò con cinque
rami”. […] Nel mondo antico a ben pochi iniziati sarebbe sfuggito che “i cinque
rami” non indicavano la mano, bensì il corpo eterico dell’uomo, un corpo
spirituale invisibile a tutti tranne che agli iniziati e ad altri veggenti.
Nell’antico Egitto l’eterico dai “cinque rami” era simboleggiato da uno dei
geroglifici più importanti, lo sba a forma di stella, così strettamente
associato alla morte da figurare in molte tombe.»
Appena qualche capoverso dopo, ancora una serie di illuminanti riflessioni:
«Nei testi ermetici più tardi, l’uomo eterico a cinque rami è espresso
dall’immagine dell’uomo-pentagramma che tanto ossessionò Paracelso e che
Agrippa, conoscendone le origini arcane, tentò di collegare con i pianeti. […]
Ebbene, il frammento di Plutarco appena citato non contiene soltanto l’idea dei
“cinque rami”, ma evoca anche un fiore di fuoco, alludendo così al “fuoco”
attraverso cui doveva passare il neofita ai suoi primi passi. Dall’iniziazione,
sostenevano le scuole, emergeva il corpo eterico, il corpo superiore,
pentagrammatico, con le mani alzate in un gesto di meraviglia di fronte al mondo
spirituale appena rivelato. […] Si comprende così come l’espressione “cinque
rami” di Plutarco indichi qualcosa che va al di là del comune essere umano: dopo
essere passato attraverso le fiamme dell’iniziazione, l’uomo diventa uomo
purificato, perché il fuoco ne ha bruciato le scorie. Nella tradizione
alchemica, in cui la combustione delle scorie per rivelare l’oro interiore
costituisce uno dei temi principali, l’uomo-pentagramma è chiamato stella
microcosmi.»(6)
Fratelli carissimi, lo sba dell’Egitto Faraonico è sì una stella, ma non una
stella qualsiasi, perché è "la" stella a cinque punte, ovvero il sacro Pentalfa
che può essere tracciato unicamente all’interno del pentagono regolare inscritto
nella circonferenza! Nell’antichissima simbologia egiziana – madre di tutte le
simbologie – la stella a cinque punte raffigurava anche Horus che, ricordiamolo,
è figlio di Iside e di Osiride. Il Pentalfa inscritto contiene al suo interno i
segreti della sezione aurea(7), dell’infinita generazione e del numero cinque.
Il «5» è un numero che, nel mondo profano, ha di per sé avuto una parte di
rilievo in quasi tutte le arti e le scienze dell’uomo. Dopotutto 5 sono le dita
della mano e 5 sono le punte della stella marina(8). Artisticamente ed
esotericamente il cinque è stato interpretato da Leonardo da Vinci – anch’egli
un iniziato - con il pentagramma, perfetta fusione fra microcosmo e macrocosmo,
concreto e trascendentale. Il celebre disegno leonardesco Homo ad circulum(9),
ad esempio, può essere letto ed interpretato con una chiave ermetica che
trascende – meglio sublima – la semplice valenza artistica. La stella a cinque
punte, formata dall’incrocio delle diagonali del pentagono, è dunque anche il
simbolo del rapporto armonioso consentito dalla sezione aurea. Il rettangolo,
avente i lati che rispettano la proporzione aurea, è detto rettangolo aureo ed
esso si può originare tantissime volte nel Pentalfa (infinita generazione del
numero 5). Il Pentalfa è un simbolo ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il
problema del segmento aureo. Il termine significa «cinque alfa», ossia cinque
principi. Ai quattro già convalidati da Empedocle, Pitagora ne aggiunse un
quinto che è unitario, ovvero la natura. Il Pentagramma era dunque il simbolo
dei pitagorici, ed era tracciato con una circonlocuzione che significava un
triplice triangolo intrecciato. Nella Massoneria il numero cinque è
inestricabilmente intrecciato con l’operatività del Compagno, come ho ben potuto
assimilare sin dal rito in cui sono stato iniziato al Grado(10). Così mi piace
ricordare di come, in quell’indimenticabile giorno i quattro punti cardinali
erano «segnati» con altrettanti cartelli che riportavano cinque scritte: ad
Occidente, VISTA - UDITO - OLFATTO - GUSTO - TATTO; ad Oriente, GRAMMATICA -
GEOMETRIA - FILOSOFIA - POESIA - MUSICA; a Meridione, EGIZIO - ELLENICO -
ETRUSCO - ROMANICO - GOTICO; a Settentrione, MOSÈ - PLATONE - ERMETE TRISMEGISTO
- PITAGORA - PARACELSO. Per tutti questi motivi il Pentalfa simboleggia l’uomo
risvegliato, l’iniziato che espande il proprio cosmo divaricando le gambe ed
innalzando le braccia al cielo… È un ramo a cinque punte… E ritorno alla solo
apparentemente enigmatica citazione del sommo Plutarco:
"Il fuoco sbocciò con cinque rami."
Si scatenano associazioni mentali, intuizioni e visioni che si materializzano
prima in un fuoco e poi dai cinque rami… Cinque come cinque sono punte del
Pentagramma… Visualizzo una fiamma che arde. Tutto questo è indissolubilmente
legato all’archetipo della stella fiammeggiante! Un brivido percorre la schiena
e maturo la consapevolezza che solo ora si disvela per me un nuovo ed esaltante
significato per «l’uomo eterico a cinque rami» che «è espresso dall’immagine
dell’uomo-pentagramma che tanto ossessionò Paracelso e che Agrippa, conoscendone
le origini arcane, tentò di collegare con i pianeti». Vado, quasi volo, alla
libreria per scorrere i titoli e trovare i due volumi del De Occulta Philosophia
di Agrippa. Sfoglio le pagine e ri-trovo l’incisione che segue. Comprendo che il
significato arcano non è contenuto nel testo, bensì nella distribuzione dei
pianeti nell’uomo-pentagramma, ove il sole e la luna non sono integrati. Anche
in questo caso scopro nuovi significati in un’immagine che già avevo avuto
occasione di studiare per una precedente e diversa ricerca che nasceva in ambito
alchemico (peraltro l’ermetismo magico del De Occulta Philosophia di Agrippa
aveva influenzato lo stesso Giordano Bruno com’è possibile scorgere in alcuni
dei diagrammi ermetici che troviamo inseriti nelle pagine dei suoi libri). Così
come giustamente richiamato dal G.'. M.'. Raffi, occorre «perseguire tutte le
strade del sapere e - Compagno tra Compagni - approfondire, sorretti dalla luce
iniziatica, le dottrine filosofiche, artistiche, scientifiche, morali e
religiose». È lungo questo sentiero che, con grande determinazione e parimenti
massima umiltà, decido di proseguire. Così inizio a leggere il De Iside et
Osiride di Plutarco (vi trovo ulteriori rimandi sia a testi che già conoscevo
sia a nuovi autori e a nuovi ambiti di ricerca). L’intera vicenda narrata nel
libro è incentrata sul mito di Iside che va alla ricerca del corpo smembrato del
suo sposo, Osiride. L’uomo smembrato, oggi in chiave psicoanalitica diremmo
scisso(11), viene alfine ricomposto grazie all’intervento della sua parte
femminile, animica. La sposa e lo sposo – redivivo solo in grazia di una magia
spazio-temporale – si congiungono in un amplesso regale e danno vita ad un
figlio: Horus. Horus già nel momento del concepimento è orfano di padre e,
pertanto, FIGLIO DI UNA VEDOVA.
Approfondimento
Note
1 - R.T. Rundle Clark, Mito e simbolo nell’antico Egitto, EST, 1997.
2 - Mark Hedsel, L’iniziato, Mondadori, 2000. (Cap. sesto, p. 251 sgg.)
3 - Camera di Compagno: Il Lavoro muratorio in Camera di Compagno deve tendere
alla realizzazione, ovvero alla piena padronanza, sul piano animico, attraverso
l’assunzione di un atteggiamento di carattere negativo e ricettivo, con
riferimento preponderante all’elemento Acqua (Acqua seconda di Scorpione, il
Secondo Esperto) e agli altri Elementi secondi: Fuoco secondo di Leone (primo
Sorvegliante), Terra seconda di Vergine (Primo Esperto) ed Aria seconda di
Bilancia (Copritore Interno). Quindi si tratta di indagare sempre più in se
stessi, di dominare la psiche e gli autocondizionamenti del carattere e della
personalità, di verificare le proprie capacità sensoriali, di vincere le
emozioni e le suggestioni, di superare la fantasia nei suoi aspetti d’ombra e di
irrealtà, per attingere all’immaginazione, ed aprirsi alla dimensione artistica
e all’archetipo della Bellezza. Secondo gli antichi rituali, cinque Fratelli
formano una Loggia giusta, che corrisponde all’Uomo che prende coscienza di sé,
cioè, analogicamente, all’Uomo che, oltre alle componenti qualitative citate,
acquisisca la Forza (Ercole o Marte) e la Bellezza (Venere); ed anche all’uomo
che indaga e padroneggia la Legge Binaria, anche nel suo aspetto di Bene e di
Male, con tutte le relative implicazioni interiori. È in Camera di Compagno che
si esplica il Lavoro del Compagno d’Arte, contraddistinto dal numero cinque per
l’età, i passi, la batteria, il toccamento, la Stella Fiammeggiante, ecc.
[Tratto dal Dizionario Esoterico di Esonet, 2002.]
4 - La centralità del Lavoro Rituale nei Tre Gradi Massonici, in Hiram, Rivista
del Grande Oriente d’Italia, n. 4/2003 - serie verde -, p. 6.
5 - Plutarco, Iside et Osiride (introduzione di Dario del Corno), Adelphi, 2002.
6 - Cfr. Mark Hedsel, L’iniziato, p. 251-253.
7 - Mario Livio, La sezione aurea, Rizzoli.
8 - Il numero 5 gode di particolare importanza in natura, lo ritroviamo infatti
in molti esseri viventi, ad esempio 5 sono le dita delle mani e dei piedi
dell’uomo e sempre 5 sono i sensi dei mammiferi: udito, olfatto, vista, tatto,
gusto. Molte specie di stelle marine hanno 5 arti. Molto interessante, ai fini
della nostra trattazione, è la proprietà che essi hanno di rigenerarsi nel caso
in cui siano danneggiati, ad esempio, da un attacco di un predatore, dove l’arto
viene lasciato a quest’ultimo. Nei vegetali, il 5 è riscontrabile in molti
elementi: le viole hanno un particolare fiore a 5 petali (due posteriori, due
laterali e uno anteriore) che varia dal blu-viola al giallo; il basilico ha dei
piccoli fiori bianchi con 5 petali e 5 stami. Ci sono poi altri fiori a 5
petali: la rosa canina, la petunia, il gelsomino, il fiore d’arancio, il fiore
del melo. La mela, se sezionata trasversalmente, presenta 5 logge ovariche,
contenenti ciascuna due semi ovoidi. Anche le foglie di alcune piante hanno
forma pentagonale, come la foglia della vite, del platano o dell’acero, tutte
con 5 lobi di forma appuntita. Nel regno animale, per i vertebrati, si
riscontrano 5 classi: mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci (divisi in
ossei e cartilaginei). La spirale aurea è riprodotta in natura in molte specie
di conchiglie, come la conchiglia del nautilus.
9 - Rimandiamo alla lettura de Significati ermetici nell’Homo ad circulum di
Leonardo di Maurizio Elettrico, professore dell’Istituto Italiano di Studi
Filosofici.
10 - Franco Pellegrino - Alcune riflessioni sul «Grado di Compagno».
11 - «La parola “scissione” ha un significato arcano molto simile a quello che
ricopre nella scienza moderna: denota infatti la separazione in due parti di un
organismo. Una parte è la spiritualità, che era in potenza nel corpo scisso:
così liberata, essa può svilupparsi sul piano spirituale. L’altra parte, ossia
ciò che resta dell’organismo originario, diventa scura, si solidifica e cala più
vicina alla terra. La metafora classica che in alchimia denota la scissione è
una candela che brucia. Essa si divide nella luce della fiamma, nel nero della
cenere dello stoppino carbonizzato, e nel fumo. Senza scissione non c’è
evoluzione. Nel linguaggio iniziatico, quando il buio dell’anima diventa
ostacolo alla crescita spirituale, è tempo di espellerlo. Quest’espulsione, cui
corrisponde la liberazione della spiritualità, è scissione vera e propria. Da
essa nasce una nuova vita che comporta una forma di morte: con la separazione
gli elementi costitutivi vengono attratti verso i loro luoghi abituali: lo
spirito verso i piani celesti e le scorie buie verso la terra e a volte verso i
regni demoniaci.» (Nota n. 68, cap. La via del Matto che David Ovason premette
al testo di Mark Hedsel.)
Home - Messaggi - Maestri - Autori - Arcana Arcanorum - Corpus Magiae - Biblioteca - Dossier - Napoli - Religioni - Luoghi - Vitriol - Miscellanea - Filmati