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Antonio Giuseppe Pernety

 

Ricerche a cura del dott. Luigi Braco



La scelta dell'arte regia o alchimia di usare un linguaggio così oscuro e impenetrabile, ha generato di riflesso diversi tentativi di decifrare il suo variegato sistema di simboli, per trovarnechiavi del suo segreto. Fra questi si erge la voce autorevole del benedettino Pernety, che continua una tradizione sapienziale che nella chiesa ha sempre trovato degli estimatori. Antonio Giuseppe Pernety nacque a Roanne in Francia nel 1716 e morì ad Avignone nel 1796. Giovanissimo, entrò nella congregazione Benedettina di S. Mauro. Federico il grande lo richiese quale cappellano nel castello di Sanssouci, nella cui biblioteca completò le sue ricerche sulla filosofia ermetica. Scrive Pernety:  ''Gli Antichi per adattarsi ai procedimenti che la Natura impiega nella generazione, si trovarono nella necessità di personificare le due parti che compongono l'Universo; e dato che ogni generazione suppone un accoppiamento del maschio e della femmina negli esseri animati, o dell'agente e del paziente nei non animati, si diede a Saturno, supposto animato ed intelligente, un padre ed una madre della stessa specie. Quindi, è semplicemente in apparenza che supponendo il cielo ch'è sulle nostre teste, e la terra sulla quale camminiamo, quali padre e madre di Saturno, Esiodo ed altri abbiano preteso farci credere che il Cielo e la Terra si siano accoppiati alla maniera degli esseri animati; mentre in effetti questa unione va intesa quale funzione d'agente e paziente, e cioè quale forma e materia; e perciò: il cielo facente funzioni di maschio, e la terra l'ufficio di femmina; il primo come agente che imprime la forma, la seconda come paziente e fornente la materia. Non bisogna dunque immaginarsi che gli antichi abbiano delirato a tal punto da prestare in realtà al cielo ed alla Terra degli organi atti alla generazione degli individui animati''.

 

  

 

L'opera alchemica del Pernety è racchiusa in due voluminose opere ''Le Fables égyptienne et grecques dévoilées et réduites au même principe, avec une explication des hiéroglyphes'' e il ''Dictionnaire mythohermétique''. Nel 1936 un ermetista italiano, Giacomo Catinella, ha tradotto le ''Fables''. Pernèty ha dato alla sua monumentale opera di esegesi dell'alchimia una struttura tripartita. Le prime due parti sono racchiuse in un unico grosso volume ''le Fables''. L'esegesi delle favole è preceduta da un trattato sistematico sull'opera ermetica che è stato pubblicato dalle edizioni Rebis di Viareggio con il nome ''La Grande Arte'', le favole vere e proprie sono state pubblicate dai Fratelli Melita Editori sotto il titolo ''Le favole Egizie e Greche'': in cui il Pernety propone una chiave interpretativa della scienza ermetica assai seducente. Le favole, ovvero la mitologia antica, sono la cifra con cui il magistero dei saggi ha tramandato il segreto della Pietra dei Filosofi. Traduce il Catinella ''Perciò non v'era altra risorsa che quella dei geroglifici, dei simboli, delle allegorie, delle favole ecc. le quali, essendo suscettibili di parecchie spiegazioni differenti, potevano servire ad ingannare, e ad istruire gli uni, mentre gli altri sarebbero rimasti nell'ignoranza. Fu questa la decisione che prese Ermete, e dopo di lui tutti i Filosofi Ermetici del mondo. Essi dilettavano il popolo con le favole, dice Origene, e queste favole con i nomi degli dei del paese servivano di velo alla loro filosofia. Questi geroglifici, quelle favole presentavano agli occhi dei Filosofi, e di coloro ch'essi istruivano per essere iniziati nei loro misteri, la teoria della loro Arte Sacerdotale, ed altre differenti branche della Filosofia, che i Greci attinsero presso gli Egizi''. Quello che seduce della visione del Pernety sul variegato e lussureggiante mondo della mitologia classica, è che i segreti della scienza ermetica ci vengono tramandati non solo nelle opere degli adepti ma proprio nelle composizioni dei poeti e degli storici che, a volte inconsapevolmente, hanno trasmesso sotto la cifra del simbolo i segreti della scienza. In ogni caso l'opera, complessa, monumentale, che il Pernety ha dedicato all'interpretazione delle ''favole'', vuole sempre essere allacciata ai classici dell'arte regia e se da un lato i procedimenti dell'arte gettano luce sulle tenebre del mito, il mito illumina a sua volta proprio i più oscuri passaggi dei testi dell'alchimia. E così le sue “Fable” sono adornate con una miriade di passaggi tratti dai classici come Jean D'Espagnet, Michael Sendivogius che, a quanto sembra, Pernety stimava in particolar modo ma non manca lo scrivano e benefattore Flamel, Ripley, il frate Basilio Valentino, Raimondo Lullo, Arnaldo da Villanova, Mayer, le cui tavole a commento dell’Atalanta Fugiens vengono di frequente citate, si ricordano le conversazioni fra l'eremita Morieno e il re Kalid e quelle della Turba dei Filosifi e accanto ad essi giustappone Orfeo, Esiodo, Ovidio, Virgilio, Plutarco, Platone, Pausania a riprova di come la mitologia ha dato sostanza, linguaggio e dottrina ai Filosofi chimici.

Approfondimenti: Bio-Biliografia in Francese - Bio-Biliografia in Italiano
Le Opere del Pernety sono disponibili on-line in francese su Gallica o su Google

 

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