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ricerche a cura del dott. Luigi Braco


 

 

Giovanni Battista Della Porta, indicato anche come Giambattista o Giovambattista Della Porta (Vico Equense, 1º novembre 1535 – Napoli, 4 febbraio 1615), è stato un filosofo, alchimista, commediografo e scienziato italiano.
Terzo figlio di Nardo Antonio e di una patrizia della famiglia Spadafora, ricevette le basi della sua formazione culturale in casa, dove si era soliti discutere di questioni scientifiche, e dimostrò immediatamente le sue notevoli innate capacità, che poté sviluppare attraverso gli studi grazie alle condizioni agiate della famiglia: il padre era infatti proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero a partire dal 1541 la carica di scrivano di mandamento. La famiglia aveva una casa a Napoli a via Toledo (il palazzo Della Porta), una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la "villa delle Pradelle" (Vico Equense). Tra i suoi maestri vi furono il classicista e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano.


I viaggi e l'Academia secretorum naturae

Nel 1563 pubblicò un'opera di crittografia, il De Furtivis Literarum Notis, nel quale descrive il primo esempio di sostituzione poligrafica cifrata con accenni al concetto di sostituzione polialfabetica.[1] Per quest'opera è ritenuto il maggiore crittografo del Rinascimento. In questo periodo, quando già la sua fama si era consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spagna e viaggiò anche in Francia e in Italia. Del 1566 è una pubblicazione sull'Arte del ricordare, ripubblicato poi nell'originario latino nel 1602.
Della Porta aveva fondato l'Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoperta scientifica, sconosciuta al resto dell'umanità, nell'ambito delle Scienze naturali; l'accento veniva tuttavia posto più sul meraviglioso che sul metodo scientifico. L'Accademia fu sospettata di occuparsi di argomenti occulti e Della Porta fu indagato dall'Inquisizione nel 1579 e l'Accademia fu chiusa per ordine papale: a Della Porta fu tuttavia concesso di continuare gli studi di scienze naturali. Tra il 1579 e il 1581 fu ospitato a Roma e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d'Este.
Nel 1583 pubblicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l'anno seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull'agricoltura. Sempre nel 1583 pubblica Phytognomonica, curioso trattato sulla proprietà delle piante raffrontate con le varie parti del corpo umano. Nel 1586 pubblicò presso l'editore J. Cacchi di Vico Equense l'opera De humana physiognomonia in 4 libri sulla Fisiognomica, dedicato al cardinale Luigi d'Este, che influenzerà poi l'opera dello svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Nel 1599 presso l'editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicò la seconda edizione allargata a 6 libri con ampio rimaneggiamento della materia. La sua opera Fitognomica (1588) elenca le piante a seconda della localizzazione geografica.
Nel 1589 la sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l'amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima del suo incarceramento. Da questa data per ordine dell'inquisitore veneziano Della Porta dovette richiedere il permesso per le sue pubblicazioni a Roma. Nel 1593 si incontrò a Padova con Paolo Sarpi e con Galileo. Nel 1601 ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall'imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto.
Scrisse ancora di ottica (De refractione optices, del 1589), di agricoltura (Villae, del 1592), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte militare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationibus, del 1609), e di chimica (De distillatione del 1610). L'opera sulla lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581 sarà pubblicata solo molto dopo la sua morte nel 1677.
 

Gli Ultimi Anni


Nel 1610 fu invitato a far parte dell'Accademia dei Lincei, appena fondata da Federico Cesi. Rivendicò senza troppa convinzione una paternità sull'invenzione del telescopio (Link al Manoscritto Originale Digitalizzato) , resa nota in quegli anni da Galileo, anch'egli membro dell'Accademia dal 1611. Fece forse parte anche di un'accademia letteraria dedicata alla letteratura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e 'Mprovesante de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614, e dell'Accademia degli Oziosi, di drammaturghi, iniziata ufficialmente nel 1611, di cui faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernando deo Castro, conte di Lemos).
Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò piante esotiche. Il suo museo privato era visitato dai viaggiatori e fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. Anche il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi e statue, mentre l'altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta.
Fu anche commediografo e scrisse 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne.

 

 

Approfondimento

 

Di recente è stata riproposta all’attenzione della cultura militante e di quella accademica una tra le più singolari, enigmatiche e suggestive figure del pensiero italiano del Rinascimento. Si tratta di Giambattista Della Porta, napoletano, personalità complessa, dai molteplici risvolti intellettuali, cui, nel passato, hanno dedicato la loro attenzione critici e studiosi di svariati rami del sapere. Al Della Porta, infatti, nell’ottobre dello scorso anno, a Vico Equense dove quattrocento anni fa vedeva la luce l’opera sua De humana physiognomonia, pubblicata in quattro libri dall’editore Giuseppe Cocchio, composta fin dal 1583, ma apparsa solo tre anni dopo a causa delle lungaggini della censura -, è stato dedicato un convegno per restaurare il ricordo dell’uomo ed indagare in chiave moderna la struttura del pensiero di uno studioso e scrittore costruttivamente inquieto. la cui area specifica di interessi intellettuali e testimoniali ancora sollecita alla riflessione se nel novembre, sempre dello scorso anno, nella solenne “Sala del Mappamondo” di Palazzo Venezia, a Roma, è stata allestita una cospicua rassegna bibliografica - 150 tra volumi preziosissimi, manoscritti e a stampa, del secoli quindicesimo e diciottesimo, provenienti dalla raccolta Verginelli-Rota, recentemente donati all’Accademia Nazionale dei Lincei - dedicata alla “Scienza tra Medioevo e Rinascimento - Ermetismo: Alchimia e Magia”. E’ il fascino, mai attenuatosi, che torna dell’Hermes Trismegisto e dell’arcano Corpus Hermeticum, il cui pezzo più importante è il Pimandro. E che il Della Porta - che fu anche fecondo e tutt’altro che trascurabile autore di teatro, tra quanti di teatro scrissero nel secolo cui appartenne - sia stato uno degli esponenti più originali e più convincenti di quel momento della cultura filosofica europea, anzi si potrebbe dire uno dei terminali più accreditati, è dato criticamente acquisito dal quale soltanto è lecito prendere le mosse per tracciare le linee precise della suggestiva figura di questo studioso (1). A proposito del quale dev’essere, sia pure sommariamente, chiarita l’accezione di “magia”, che non pochi dispiaceri peraltro dette al celebrato autore della Magia naturale che - acquisendo qui la concezione dello stesso autore - riflette una magia, come conoscenza estensiva, fondata sullo studio diretto dei fenomeni della natura, tra i quali, per fare un caso estremamente sintomatico, il magnetismo. Non, dunque, quella magia infame fondata sul commercio con gli spiriti immondi, sull’intervento, violento e assurdo, delle forze demoniache, sul tentativo, in definitiva, di produrre il male. Ma fu di questo accusato, secondo un’accorata testimonianza autobiografica, il Della Porta. Il quale affermò: “ ... Gallus quidam in suo libro De Oenomania me magum veneficum putat ... “ (2). Ed ecco, a proposito, il Napoli-Signorelli: “ ... Tanto applauso vennegli in parte amar eggiato dalle ridevoli imputazioni del francese Bodino, il quale nella Daemonologia chiama il Porta mago venefico e stima il di lui libro degno del fuoco” (3).

 

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Magia per il Della Porta non fu un’attività il cui obiettivo era di operare miracoli, ma un fervido impegno intellettuale che fosse in grado di sollecitare, anzi di incalzare, affinché si rivelassero all’uomo le forze vitali della natura, che approfondisse la comprensione - e, dunque, la traduzione in termini di cultura -dell’interiorità autentica delle cose, e che facesse germinare dal grembo fertile della terra e dalle sue occulte riserve i miracoli celati, che, infine, li portasse alla luce del sole, come se essa stessa li avesse creati. Magia, allora, non nel senso deteriore - che sembrava allora istituzionalizzato per uno scopo esclusivamente persecutorio - del termine, non come fascinazione dai fini, palesi e occulti, maligni, ma più modernamente magia come ricreazione, nel l’intelligenza umana nobile e feconda, del dato naturale individuato nel suo solenne ed eterno diventare cultura. E’ in una tale prospettiva speculativa che si spiega come al Della Porta non interessi tanto allestire una qualsiasi teoria, un discorso astratto, una concettosità fine a se stessa, nei cui oscuri meandri fare spegnere il soffio creatore dell’intelligenza che specula ed avanza; quanto realizzare, mediante una costante ed appassionata osservazione, uno sterminato catalogo di cose straordinarie, ovunque e affannosamente ricercate. Ecco come s’espresse un suo biografo: “ ... volle da se medesimo filosofare, e si consagrò allo studio della natura. E veramente tutte le prerogative richieste in un vero osservatore delle sue meraviglie si trovavano mirabilmente unite in lui” (4). Indubbiamente, appunto per quella mescolanza paradossale di motivi che tipica fu della filosofia del Rinascimento, al Della Porta, sulla cui intuizione speculativa operava da stimolo la concezione della magia naturale, non resterò, alla f ine, in un crescendo irrefrenabile, che tentare di pervenire alla chiave del mistero, a quella che in quei secoli fu immaginata e perseguita come la chiave del mistero, cioè il lapis philosophalis. Una contraddizione, certo, questa da uno spirito lucidamente interessato alla realtà delle cose e perspicuamente operante all’acquisizione appassionata di tale realtà. Tuttavia, non dev’essere trascurato un dato estremamente interessante e fecondo di risultanze. Il Della Porta, pur protestandosi estraneo alle credenze demonologiche con tanto ardore contestategli dal Bodino, quelle credenze, in verità, non smise mai di seguire e -conferma uno studioso dei nostri anni - “se ne incontra un’apertissima confessione nell’ultima inedita opera della vecchiaia, nella Taumatologia” (5). Circostanza, peraltro, questa, che nulla sottrae, sul piano della validità intellettiva e conoscitiva, all’ipotesi, con tanta costanza allestita e perseguita, della magia naturale, che resta, nel pensiero del Rinasc imento, come un approdo ineludibile. Resta, comunque, come una delle acquisizioni più ricche d’interesse in un settore del pensiero del Rinascimento, operativamente ancora aperto sul futuro, l’opera del napoletano sulla fisionomia umana, tematica che già in precedenza, ed a livelli di non dubbia capacità conoscitiva, era stata trattata ed alla quale il Della Porta assegnò confini rivelatisi poi estremamente moderni nella loro sistematicità.

 

 

Si pensi, intanto, che, quando nel Rinascimento, sopraggiunto il gusto per la cultura classica, si scoprirono e si studiarono le monete romane, ci fu addirittura chi, in base ad una semplice impressione, sostenne che Nerone fu imperatore crudele perché così gli appariva nell’effige. Infatti, quale è, a proposito delle ricerche sulla fisionomia umana, l’impegno del Della Porta? Ecco la testimonianza di un biografo: “ ... esamina le medaglie, e le statue, che erano nel Museo di suo fratello Gio: Vincenzo; paragona le descrizioni, che gli antichi storici ci lasciarono di que’ personaggi; corre al luogo, ove in que’ tempi si appiccavano alle forche i facinorosi, e conviene col Boia di lasciargli esaminar le mani, i piedi, le spalle di que’ rei, credendo che dalla figura di queste parti si potesser conoscere i delitti, per li quali morirono; lo stesso fa nelle pubbliche carceri, e nella Chiesa di S. Restituta, avendone ottenuto permesso da coloro che per carità seppellivano i morti” (6). Non diversamente si sarebbe comportato un interprete come Ermete Zacconi quando, nella quotidiana ricerca della verità, si sarebbe impegnato sui libri di Descurel, dello Charcot, del Lombroso, dei Ferri ed avrebbe raccolto negli ospedali, nelle cliniche, nei manicomi, nelle carceri, gli elementi fondamentali delle malattie, delle degenerazioni, delle agonie da portare poi alla ribalta, di fronte alla stupefatta attenzione degli spettatori (7). Era il metodo scientifico che trionfava anche nell’arte scenica! Il dominio della scienza - ma c’è chi preferisce l’ipotesi di “arte di giudicare i caratteri dai tratti della fisionomia” (8) o quella di “ricerca antica che ha tentato, più volte, di assurgere a scienza” (9) - che osserva e studia la fisionomia umana, che ne indaga e cerca di interpretarne i segni, è la fisiognomica, una dottrina, cioè, che si propone, nei limiti che le sono inevitabili, di ricavare una psicodiagnosi del l’osservazione delle caratteristiche somatiche secondo una sistematizzazione in varie tipologie. Una tale scienza conobbe un fortunato momento d’interesse fra gli esoteristi del secolo scorso, i quali assunsero con sincera partecipazione, ed applicarono, le leggi scaturite dalle celebri ricerche di Cesare Lombroso (10). E se n’è vista l’applicazione fattane da un gigante della scena come Ermete Zacconi. la fase del Lombroso nel campo dell’antropologia criminale, una volta superato il metodo intuitivo-empirico ed assunto quello scientifico, nato con Bacone, Galileo, Cartesio, ha inizio nel 1871. Ma questa è scienza che ha origini remotissime e prestigiose per quanto riguarda i cultori, o coloro che ne cercarono i presupposti operativi, e le circostanze del l’applicazione. Se ne trova traccia negli scritti di Aristotele o a lui attribuiti. Altri riferimenti si trovano in Cicerone, Quintiliano, Plinio, Seneca, Galeno. Origene era persuaso che Pitagora fosse stato l’inventore della fisiognomica. Infatti, Pitagora sosteneva che il riso manifesta il carattere dell’uomo in maniera inequivocabile e sosteneva che nessuna dissimulazione può rendere gradevole il sorriso di un temperamento malvagio (11). Pitagora impiantò a Crotone un centro iniziatico che ebbe filiazioni anche in altre città della Magna Grecia. In questo seminarium doveva formarsi una specie di corpo, o ordine, di adepti e di sapienti. Ma per esservi ammessi erano richieste particolari qualificazioni, non solo etiche, ma anche fisiche. Gellio, infatti, riferisce di un esame fisiognomico eseguito per accertare , attraverso i lineamente fisici, la presenza negli aspiranti delle predisposizioni spirituali e intellettuali richieste. E, d’altro canto, che i lineamenti dell’uomo siano stati sempre indicati come rivelatori d’interiorità attentamente circostanziate, è un dato che da sempre vige nella storia delle conoscenze dell’uomo. In ogni area linguistica, in ogni area culturale, in ogni dialetto, una piccola, o grande, serie di locuzioni riflette le caratteristiche somatiche dell’uomo in rapporto al temperamento (12). Vale sempre il detto popolare secondo il quale il volto è lo specchio dell’anima. E non è superstizione - affermano dal canto loro i demonologi - riconoscere le streghe dall’aspetto fisico: è sufficiente, a questo fine, esaminare con molta attenzione le persone le cui sembianze si discostano sensibilmente dalla normalità.

 

 

Perché, in genere, la strega è brutta, come è brutto il diavolo, che della strega è ritenuto padrone. Attenzione, dunque - ammoniscono perentoria mente i demonologi - alle donne decrepite, sporche, con le poppe cadenti, le carni avvizzite, gli occhi infiammati, lo sguardo penetrante, le sopracciglia folte e riunite, i capelli rossastri, la pelle cosparsa di nei, voglie, porri e cicatrici. Ma, a questo punto, è doveroso fare un riferimento al campo artistico, dove, con la loro icastica evidenza, s’impongono i disegni caricaturali attribuiti a Leonardo da Vinci, i quali rivelano un notevole interesse fisiognomico. Ma Leonardo da Vinci propone un legame abbastanza consistente con il Della Porta attento osservatore di cadaveri. La Chiesa aveva proibito di sezionare i cadaveri, ma questa proibizione verso la fine del XV secolo aveva perduto molta della sua forza: così molti artisti potevano studiare l’anatomia nelle camere di dissezione. Michelangelo e il Pollaiolo lo avevano fatto, e agli inizi del 1489 Leonardo aveva osservato i medici che eseguivano le autopsie. Poi egli stesso cominciò a fare le sue dissezioni con molta cura, essendosi procurati tutti gli strumenti chirurgici. Ma prima del Della Porta, di Leonardo da Vinci e di altri, la pratica della dissezione dei cadaveri era stata esercitata - dopo più del 1500, cioè dai tempi della Scuola di Alessandria - da Mondino de’ Liuzzi, conosciuto nella storia della medicina come autore, nel 1316, del primo trattato di anatomia umana. Il suo testo aveva sostituito quasi subito nelle università italiane ed europee le letture precedenti, tanto che ancora nel 1497 gli Statuti dell’Università di Tübingen ne prescrivevano l’uso (13). Contemporaneo di Mondino fu Dante, il quale ha un riferimento (Convivio, IV-XXIV, 6) alla “fisonomia che di lui prese Socrate quando prima lo vide”: la “fisonomia” è quella di Platone e Dante usa il termine secondo una tradizione ben viva nel Medioevo. Socrate, cioè, fu in grado di formulare un giudizio su Platone deducendolo dalle fattezze di lui. Anche Pietro d’Abano, patavinus (1257-1315?), più volte sottoposto a persecuzioni, per sospetto di eresia, processato e condannato nel 1315 nonostante la sua professione di fede cattolica, astrologo e medico, s’era persuaso, mediante lo studio delle scienze fisiognomiche, che nei volti risplende l’intimità dei cuori. Ed è sufficiente, per quest’epoca e per questa materia, un riferimento ad Alberto Magno, alla cui opera De somno et vigilia può essersi rifatto Dante per la citazione nel Convivio. Tuttavia, non bisogna trascurare un dato. Nel 1327 l’astrologia, campo di osservazione molto spesso congiuntosi con quello della fisiognomica, ebbe ad annoverare un martire. Si tratta di Francesco Stabili, meglio conosciuto come Cecco d’Ascoli (14), condannato dall’Inquisizione e bruciato sul rogo a Firenze. Questo inquieto pensatore, accusato anche di averroismo, commentatore di Giovanni di Hollywood e dell’Alcabrizio, fu forse anche autore di un trattato di fisiognomica nella cui esposizione si fondevano con intelligente misura competenze mediche e osservazioni astrologiche. Un lungo ed esauriente capitolo, il XII del III libro, Della fisionomia, ha Michel de Montaigne negli Essais, apparsi per la prima volta nel 1580. Uno scrittore religioso svizzero - al quale fa riferimento anche leopardi -, Johann Kaspar Lavater, profondamente stimato da Goethe e dallo Herder, si occupò, sul filo di una personale prospettiva, di fisiognomica, mirando ad una coerente ricerca dell’impronta divina dell’uomo, individuo e tipo. Ma è noto che, dopo la pubblicazione di Die Leiden des jungen Werther, Goethe s’appassionò alla osteologia, alla fisiognomica ed all’anatomia. Ma con il Lavater (1741-1801) e con Franz Joseph Gall (1758-1828), tedesco, fondatore della frenologia, ha inizio la fase lombrosiana. Entrambi questi ricercatori dalle protuberanze e dalle depressioni della scatola cranica credettero di poter intravedere il grado d’intelligenza e le varie tendenze individuali, compresa la stessa moralità.

Ma lo stesso leopardi, n ello Zibaldone, nell’anno 1821, ma anche nel 1823 e nel 1824, più volte tornò sull’argomento della fisionomia umana, con osservazioni, ribadite con dovizia di argomentazioni, cui già il Della Porta era pervenuto. Annotava Leopardi: “... L’altezza della fronte è indizio di talento, d’anima nobile, suscettibile, capace, ecc.” ed anche “ ... per l’uomo la parte principale della forma umana è la fisonomia” (15). L’opera del Della Porta De humana physiognomonia risultò subito di fondamentale importanza nello sviluppo della psicologia e dell’antropologia. Nella dedica al Cardinale d’Este l’autore dei quattro libri, quelli cioè nei quali s’articola l’opera De humano physiognomonia, non esita a confessare che tutto la dottrina contenuta in questi libri non è sua, ma è messa insieme seguendo gli scrittori più accreditati in questa tematica. Dunque, se ne deve dedurre, non si tratta di un pensiero originale, ma di una elaborazione intelligentemente personalizzata sulla traccia, peraltro estremamente feconda, di quella capacità di osservazione che consentiva al Della Porta intuizioni e scoperte di estremo interesse speculativo. Un biografo chiama il Della Porta, per quest’opera, “famigeratissimo” ed ironizza nel momento in cui afferma di non vedere “... la ragione, per cui si possa dire, che il naso a guisa di Rinoceronte in Angiolo Poliziano, sia stato argomento dell’alterigia sua, simile a quella di quest’animale. Se Porta avesse conosciuto il segreto di frenare il suo ingegno, portato sempre al maraviglioso, ci avrebbe lasciata un’Opera in questo genere, come la desiderava il Verulamio nel primo capitolo del libro quarto della sua Opera De Augmentis scientiarum” (16). E con quest’ultima proposizione il biografo del Della Porta anticipa un’intuizione della conclusione, dove, con fine sagacia, è detto che “... egli sarebbe stato veramente sommo, se avesse meno cercato di esserlo” (17). Continuando poi, a proposito del De humana physiognomonia, il biografo a fferma che “... Qualunque però sia il merito di questa sua letteraria fatiga, sarà anche per lui una gloria l’aver preceduto in questa scienza i moderni, senza però aver imitata l’irreligion di taluno tra essi ...” (18). S’è visto che il Della Porta non fu il solo, in quel torno di tempo e d’interessi, ad occuparsi delle problematiche che la fisionomia umana può suggerire. Dei salentino, di Soleto, Matteo Tafuri, la cui produzione andò tutta smarrita, si ricorda un De Phisonomia a riscontro dell’opera del napoletano nella quale figura “... una rispettosa citazione, tanto più importante in quanto il Tafuri è l’unica auctoritas menzionata all’inizio dell’opera a sostegno della validità della nuova scienza sia nel campo delle diagnosi del presente che nel campo delle predisposizioni del futuro, anche se il Della Porta tende a porre in luce soprattutto le doti ‘naturali’ del soletano per far risaltare meglio l’originalità della propria teorizzazione della fisiognomia” (19). In effet ti, il Della Porta non esita a dichiarare tranquillamente che nel campo della fisiognomia “... è eccelso fra i contemporanei solamente il Tafuri con la sua portentosa capacità di divinare, in base all’esame dell’aspetto somatico, tutti gli avvenimenti dell’esistenza umana, non escluso il momento della morte” (20). Ma la “portentosa capacità di divinare [...] non escluso il momento del-la morte” inevitabilmente richiama, nella fantasia di qualsiasi osservatore, l’ipotesi della magia che al Tafuri, per le sue straordinarie qualità intellettuali, fu attribuita in un circuito abbastanza complesso di interessi nel quale il soletano si trovò ad operare, non senza, come peraltro doveva capitare al Della Porta, insospettire l’occhiuta e temibile Inquisizione. Questa era sempre sollecita a tenere a freno, quando non a reprimere con la più torbida violenza, qualsiasi movimento dell’intelligenza, qualsiasi iniziativa della cultura, nella direzione del nuovo e del l’inesplorato. Si sa, infa tti, che il Tafuri fu arrestato nella lontana Irlanda per aver praticato la magia o, almeno, di questo accusato (21). E comunque - è opportuno mettere in rilievo tutto ciò adeguatamente -, nei riguardi dell’Inquisizione al Della Porta toccò senz’altro sorte migliore rispetto a quella che toccò al Tafuri il cui prestigio, di uomo e di studioso, appunto per le non gradevoli attenzioni dell’Inquisizione, restò per lunghissimi anni menomato. Mentre il Della Porta se la cavò tranquillamente con qualche consiglio a non occuparsi di certi, pericolosi, argomenti non graditi alle autorità inquisitoriali: che si dedicasse al teatro, che scrivesse opere teatrali, suggeriva, interessata mente, l’Inquisizione, mettesse da parte le predizioni astrologiche, nel cui esercizio incautamente il napoletano s’era meritato tal fama da essere chiamato “l’Indovino dell’età sua “ (22). E fu così che ai posteri è toccato ereditare un’opera teatrale di rispettabili, anche qualitativamente, proporzioni. I l richiamo al mondo della magia sollecita la citazione di una simpatica, anzi affascinante, figura di religioso. Si tratta di Ludovico Maria Sinistrari (1632-1701), autore di un testo dal titolo Daemonialitas expensa, hoc est De carnalis commixtionis Hominis cum Daemone Possibilitate..., nella quale sono utilizzati ampiamente i risultati dello studio di un oscuro frate milanese della Congregazione di Sant’Ambrogio ad Nemus, Francesco Maria Guazzo, autore di un esteso e documentatissimo Compendium maleficarum pubblicato a Milano in prima edizione nel 1606. Il Sinistrari, che prese l’abito dei Minori Osservanti Riformati a Pavia, oltre ad utilizzare ampiamente, anche in forma diretta, l’opera del Guazzo, vera summa della stregoneria seicentesca, non disdegnò di occuparsi di fisiognomica e di chiromanzia, nonché di letteratura ebraica (23). Continua poi il biografo dei Della Porta: “... Appartengono poi alla stessa materia la sua Chirofisonomia e la sua Fisonomia celeste; esse ndo la prima una parte della presente Opera; e la seconda un’applicazione de’ medesimi principi contro agli astrologi, dimostrando, che dalle proprietà de’ diversi temperamenti, rilevante dall’esterne figure delle parti del corpo umano, si potevano derivare, ed arguire tutte quelle cose, che gli astrologi stranamente spiegavano colle stelle” (24). Fu anche il Della Porta, raccogliendo una sollecitazione che, anch’essa veniva da lontano, autore di un’opera dal titolo Ars reminiscendi, Napoli 1602, con la quale “... Raccomanda [ ... ] principalmente l’ordine nell’apprendere le cose, perché è il mezzo più efficace per ritenere l’idee ... “ (25). Si tratta, dunque, di un’opera relativa ai processi della mente, all’esercizio della memoria cui, in ogni tempo, s’è guardato con un senso di grande rispetto. Ecco una testimonianza che viene dalla lontana Grecia classica: “... [i Pitagorici] Stimavano poi che si deve trattenere e conservare nella memoria tutto ciò che viene insegnato e spiegato, e che le dottrine e gl’insegnamenti per tanto si acquistano, per quanto è capace di accoglierli quella parte dell’anima che apprende e ricorda; perché è essa il principio mediante il quale si acquista la conoscenza e nel quale è custodito il giudizio. Avevano perciò in altissimo onore la memoria e gran cura si prendevano di esercitarla” (26). Infatti, nell’antichità e, poi, nel Medioevo e nel Rinascimento - si pensi alla leggendaria memoria di Pico della Mirandola, massimo esponente dell’umanesimo filosofico italiano (27) - con Simonide, poi con l’Ars Memorandi, al tempo di Alberto Magno, di Tommaso d’Aquino, con la moda della filosofia di Ermete Trismegisto, ed ancora con Giulio Camillo e, infine, con Giordano Bruno e Roberto Fludd, la testa fu la sede della memoria, che era, in quei secoli, l’unica biblioteca veramente valida e sempre a portata di mano. Giordano Bruno, autore di un trattato del genere (28), insegnò la materia agli studenti di Francoforte. Non sem bra, però, che costoro siano rimasti molto soddisfatti del l’insegnamento bruniano. Come non restò soddisfatto, ma per incapacità nell’apprendere, se non per la più nera malafede, quei Giovanni Mocenigo, veneziano al quale il Bruno s’industriava di fargli apprendere i principi della logica, gli elementi della matematica, i rudimenti dell’arte mnemonica di Lullo, “ma era come pestar l’acqua nel mortaio, ché il discepolo non capiva un’acca”. L’unico risultato fu che “il Mocenigo per ordine del suo confessore e per obbligo di coscienza denunziò al tribunale dell’Inquisizione l’ospite e maestro con cui conviveva” (29). Se il pensiero di Pico della Mirandola, condito di elementi neoplatonici, mistici, cristiani e cabalistici segna la cerniera fra due epoche, Medio Evo e Rinascimento, del quale tuttavia Pico non può essere considerato né il liquidatore né il precursore, l’impegno intellettuale dei Tafuri, il salentino “rappresenta un anello della catena che nel pieno e nel tardo Rinascimento lega fra loro scienza magica e scienza sperimentale” (30). Ma sarà il Della Porta che con le ricerche sulla fisionomia e sulla chiriofisionomia mirerà ad attenuare le distanze tra umanità ed animalità, sulla linea di Agrippa, Cardano e Paracelso ad avvertire, come accadrà poi con Francesco Bacone il significato rivoluzionario delle grandi scoperte del Cinquecento. S’andava così delineando, tra i colpi dell’Inquisizione ed una tra le più fervide esaltazioni intellettuali che la storia dell’uomo ricordi, l’epoca di Galilei (31)!

 

NOTE
1) Per una compendiosa, ma perspicua, panoramica del pensiero dell’epoca che fu di G.B. Della Porta, cfr. E. CASSIRER, Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze, “La Nuova Italia” Editrice, 3a ristampa, 1967, Cap. III, Libertà e necessità nella filosofia della Rinascenza, pagg. 119-298.
2) G.B. DELLA PORTA nella prefazione a Della Magia naturale, in Napoli, Appresso Antonio Bulifon, MDCLXXVIII. Ecco il testo in italiano: “... Un certo Francese in un certo libro di Negromantia chiama me Mago, e Negromante, e giudica questo dal mio libro impresso primieramente quando era appunto di 15 anni, per haver insegnato l’unguento delle streghe, il quale hò io insegnato a dimostrare le frodi del Demonio, e delle streghe, che in quelle cose, che vengono per virtù naturali ci inserissero le superstizioni, il quale segreto hò io trascritto da libri di Teologi lodatissimi del Malleus maleficarum ... “.
3) Cfr. P. NAPOLI - SIGNORELLI, Vicende della coltura nelle Due Sicilie. Tomo IV. Napoli, 1810, p. 203. Per Jean Bodin (1520 o 1530 - 1596) un esauriente profilo in Dizionario critico della letteratura francese diretto da Franco Simone, volume I. Torino, UTET, 1972, pagg. 141-148.
4) Racconto istorico della vita di Gio: Battista della Porta filosofo napolitano con un’analisi delle sue opere stampate di F.C.S.D.O. Napoli presso i fratelli Chianese, 1813, p. 5. La prima biografia del Della Porta fu stesa dall’amico Pompeo Sarnelli e fu premessa alla traduzione della Chirofisonomia.
5) Cfr. A. CORSANO, Per la storia del pensiero del tardo Rinascimento III G.B. Della Porta, in “Giornale critico della filosofia italiana” Anno XXXVIII Terza serie, volume XIII, Firenze, G.C. Sansoni - Editore, pagg. 81-82.
6) Cfr. Racconto istorico della vita cit., p. 82.
7) Cfr. G.V. CENNI, L’arte e la vita prodigiose di Ermete Zacconi. Milano, Caso Editrice Ceschina, 1945, pagg. 38-39; G. PARDIERI, Ermete Zacconi. Bologna, Cappelli, 1960, pagg. 40-41. Ma lo stesso Zacconi in Ricordi e battaglie (Garzanti, 1946) dedica un cenno abbastanza esauriente a questa pratica di studio dal vero degli atteggiamenti fisionomici dei personaggi da mettere in scena.
8) Cfr. Enciclopedia filosofica, voce “Fisiognomica”, vol. 2, p. 462. Venezia-Roma, Istituto per la collaborazione culturale, 1957.
9) Id. Si noti quel “che ha tentato”, mediante il quale è esclusa alla fisiognomica la possibilità d’essere considerata una scienza.
10) Vastissima, ed interessata a diversi rami della cultura, la bibliografia su Cesare Lombroso. Per una informazione di fondo cfr. A. ZERBOGLIO, Cesare Lombroso. Genova, Ed. A.F. Formìggini, 1912. Cfr. anche, sul piano della manualistica, B. DI TULLIO, Conferenze in tema di Antropologia criminale. Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, Libreria 1940 - Anno XVIII.
11) Cfr. E. SCHURE’, I grandi iniziati. Storia segreta delle religioni. Ba ri, Editori Laterza, 1966, pagg. 280-281, XV edizione. Per l’esame fisiognomico cui erano sottoposti gli aspiranti al seminarium pitagorico cfr. I Versi d’Oro pitagorei Nuova presentazione con un saggio introduttivo sul Pitagorismo, a cura di J. Evola. Roma, Casa Editrice Atanor, 1959, p. 13. Sulla fisiognomica, inventata secondo alcuni da Pitagora, secondo altri da Ippocrate, cfr. R. FOERSTER, Scriptores Physiognomonici, Leipzig, 1893. Si riporta, comunque, a puro titolo esemplificativo, il passo di GELLIO (Notti Attiche, I, IX): “... Iam a principio adulescentes qui sese ad discendum obtulerat ejusiognwmunei. Id verbum significat, mores naturasque hominum coniectatione quadam de oris et vultus ingenio deque totius corporis filo atque habitu sciscitari...”.
12) Cfr., per fare un caso, S. LA SORSA, Somatomanzia Popolare. Estratto dalla Rassegna e Bollettino di Statistica del Comune di Taranto. Anno XXVII, N° 1-2, Gennaio- Febbraio 1959.
13) Per questa interessante e fascin osa figura di studioso medievale di anatomia, Mondino e Raimondino dei Liucci o Liucci, cfr. Pier-Luigi LOLLINI e Laura PELAGATTI, Mondino de’ Liuzzi, in “Le Scienze”, N° 182, Ottobre 1983, A. XVI, pagg. 116-123; Arturo CASTIGLIONI, Storia della medicina. Primo volume. Dalle origini alla fine del Seicento. Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1948, pagg. 296-299; Ludovico GEYMONAT, Storia del pensiero filosofico e scientifico. Volume primo L’antichità - Il medioevo. Milano, Garzanti, ristampa 1977, pagg. 580-582; rapide ed utili osservazioni anche in Enciclopedia italiana, vol. XXIII, p, 628.
14) Cfr. F. CARDINI, Magia, stregoneria, superstizioni nell’Occidente medievale. Firenze, la Nuova Italia Editrice, 1984, p. 40; Sonetti alchemici di Cecco d’Ascoli e Frate Elia. Con note storiche e commento a cura di Mario Mazzoni, Roma, presso la Casa Editrice “Atanòr”, 1955. Una buona informazione sull’ascolano da pag. 13 a pag. 21. Cfr. anche C. CANTU’, Gli eretici d’Italia. Torino, 18 65, vol. 1, pagg. 150-153.
15) G. LEOPARDI, Zibaldone di pensieri 2 volumi. Editore Mondadori, 2a edizione marzo 1945.
16) Cfr. Racconto istorico della vita, cit., pagg. 80-84.
17) Cfr. Racconto istarico della vita, cit., pag. 87.
18) Cfr. Racconto istorico della vita, cit., pag. 83.
19) Cfr. G. PAPULI, Matteo Tafuri, in “IV Centenario della morte di Matteo Tafuri”. Galatina, Editrice Salentina, p. 20) Id.
21) G. JACOVELLI, Medici pugliesi del ‘500 in Europa e nel mondo: Matteo Tafuri, Alberigo Longo, Jacopo Ferdinando, in “Momenti e figure di storia pugliese Studi in memoria di Michele Viterbo (Peucezio)”, Volume primo. La citazione del Tafuri sta in De coelestis Physiognomia libri sex, Napoli 1603, I, cap. I, p. 2. Nella edizione italiana della stessa opera, Padova 1623, ad tabulam, si legge “Matteo Zafuri da Solito prodigioso nel predire”.
22) Cit. in Racconto istorico della vita cit., p. 15 e in A. CORSANO, Per la storia del pensiero, cit.,p. 78 sgg.
23) Cfr. Ludovico Maria SINISTRARI, Demonialità ossia possibilità, modo e varietà dell’unione carnale dell’uomo col demonio. A cura di Carlo Carena. Palermo, Sellerio Editore, 1986.
24) Cfr. Racconto istorico della vita, cit., p. 83. La Chirofisonomia, in due libri, fu tradotta da un manoscritto latino da Pompero Sarnelli e pubblicata a Napoli, Appresso Antonio Bulifon, MDCLXXVII.
25) Cfr. Racconto istorico della vita, cit., p. 83.
26) Cfr. pitagorici Testimonianze e frammenti Fasc. III Pitagorici anonimi e risonanze pitagoriche a cura di Maria Timpanaro Cardini. Firenze, “La Nuova Italia” Editrice, 1964, p. 286. Il passo è tratto da un frammento di Giamblico.
27) E’ appena apparso su questa interessante figura di umanista italiano un saggio di J. JACOBELLI, Pico della Mirandola. Prefazione di Eugenio Garin. Milano, Longanesi Editore, 1986. 28) Recens et completa ars reminiscendi et in phantastico campo exarandi.
29) Cfr. D. BERTI, Giordano Bruno da Nola sua vita e sua dottrina. Nuova edizione riveduta e notabilmente accresciuta. Torino-Roma-MiIano-Firenze, Ditta G.B. Paravia e Comp., 1889, p. 271. 30) Cfr. Racconto istorico della vita, cit., p. 18.
31) Comune di Padova Assessorato ai Beni Culturali Palazzo della Ragione 19 Marzo - 22 Maggio 1983, GALILEO A PADOVA Mostra di strumenti libri incisioni. In questa interessantissima rassegna fu esposta la medaglia recante da una parte il volto del Della Porta e dall’altra la Natura reclusa. Questa medaglia, più volte classificata, trovò luogo nella rassegna galileiana per il fatto che il Della Porta fu concordemente riconosciuto come lo scopritore della camera oscura e delle lenti concave e convesse. Ed ecco l’indicazione di un recentissimo contributo al rapporto tra Giordano Bruno e Galileo Galilei: Lawrence S. LERNER e Edward A. GOSSELIN, Galileo e l’eresia di Giordano Bruno, in “Le Scienze”, Numero 221, Gennaio 1987, Anno XX, pagg. 88-95.

Riferimenti: Raffaella Zaccaria, «DELLA PORTA, Giovambattista», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 37, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1989.
AA.VV., «Della Porta, Giambattista», in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.

http://www-history.mcs.st-and.ac.uk/Biographies/Porta.html

 

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